Un commento personale, nient’altro che un commento personale
Prima però, consentitemi una digressione sciue’ sciue’ che alcuni giudicheranno fuori tema. Pazienza.

Come ha scritto Gianni Montieri: “Higuaín ha fatto una scelta e, scegliendo la Juventus, ha preferito non essere amato per sempre dai napoletani”. Tutto il resto è noia, tutto il resto non conta. I soldi e l’assenza di un progetto (questione quest’ultima sollevata dal fratello-procuratore di Higuain, Nicolas) finiscono per essere argomenti superficiali per disamine satellitari: non aiutano a comprendere la reazione dei tifosi napoletani, il loro orgoglio e la loro storia. La prima obiezione azzurra potrebbe essere questa: Maradona ha forse fatto tutto quel che ha fatto perché rassicurato da un progetto ambizioso? No. Maradona è stato, è, e sarà per sempre il più grande calciatore di tutti i tempi anche e proprio perché quello che ha fatto, lo ha fatto a Napoli. Come lui stesso ebbe modo di dire nel 1995 dopo la consegna del Pallone d’oro alla carriera: “Tutti dicono: questo è stato il migliore del Barcellona, questo è stato il migliore del Real Madrid, questo è stato il migliore del Chelsea, questo è stato il migliore… Io sono orgoglioso di essere stato il migliore a Napoli”.

E sì, sarà anche stato futile e puerile da parte di De Laurentiis sottolineare la grandezza dei napoletani durante l’occupazione nazista, ma il dato di fatto rimane: se vuoi chiudere una grande storia d’amore, fallo in modo chiaro, sii uomo. Perché mancando di rispetto al popolo napoletano, al popolo che chiama un neonato criatura, al popolo che forse più di ogni altro al mondo ha (di)mostrato di sapere cosa significa amare, si finisce per apparire agli occhi di questo popolo come un omm ‘e merd (non me ne vogliano i tifosi juventini, che tra l’altro, in questa storia, non c’entrano niente). Perché, insomma, mancando di rispetto al popolo napoletano, si manca di rispetto all’amore. Il tempo è galantuomo, si sa, e i tifosi partenopei, grandi e piccoli, prima o poi dimenticheranno questa perfidia, per usare la lingua del Pipita. Poiché il tempo ristabilisce la verità e ripara i torti; poiché il tempo è la migliore cura: calma gli animi, anzi, l’anema ‘e core.
Per chiuderla qua, nella speranza di non aver rotto gli argini di quei sentimenti così sdolcinatamente patetici per la voglia sanguigna di restituire loro la grandezza che meritano (il melodramma riuscì a fomentare anche uno come Nietzsche, non dimentichiamolo), vorrei ricordare ancora una volta la voce di mia mamma (permettetemelo) mentre accarezzava, tra un guaio e l’altro, le parole di Roberto Murolo: “Ma cu sti mode oje Bríggeta / tazza ‘e café parite: sotto tenite ‘o zzuccaro, e ‘ncoppa, amara site… / Ma i’ tanto ch’aggi’ ‘a vutá, e tanto ch’aggi’ ‘a girá… ca ‘o ddoce ‘e sott’ ‘a tazza, fin ‘a ‘mmocca mm’ha da arrivá!”.
Quasi dimenticavo: mia madre si chiama Brigida.
E per stasera… Forza Napoli.