Costruito in 13 mesi per volontà del presidente del Milan Pietro Pirelli, San Siro è stato il teatro delle più emozionanti gare del calcio italiano ed europeo: ha ospitato le partite di due Mondiali ed esaltato la rivalità storica tra le due squadre di Milano.

Agli inizi del 900 San Siro era una piccola frazione: quattro case sul fiume Olona, che spesso esondava. Faceva parte del Comune di Lampugnano. Il Milan giocava al Trotter, in piazza Andrea Doria. Ma erano gli anni ruggenti della crescita industriale e al posto del Trotter doveva sorgere la nuova stazione centrale. Il Milan iniziò una lunga peregrinazione: si spostò prima all’Acquabella (più o meno dove ora c’è Piazzale Susa), poi in via Fratelli Bronzetti, Ripa Ticinese, via Lombardia. Ma Milano – che dal 1908 ha due squadre, con la nascita dell’Inter – ha bisogno di un vero gran- de stadio.
Il presidente del Milan Piero Pirelli decise di costruirne uno nuovo, di tasca propria. Siamo negli anni del fascismo, e Mussolini aveva avviato il progetto della Grande Milano: il regalo di Pirelli capitava a fagiolo. Molti dei piccoli paesi intorno alla città furono accorpati al Comune, e così fu anche per il territorio dove sorgeva l’antica chiesetta di San Siro. L’idea era di creare un polo sportivo per la città, questo è il motivo per cui lo stadio sarebbe sorto vicino all’ippodromo. Il budget era di circa 5 milioni di lire.

San Siro, Rivera e Mazzola
San Siro, Rivera e Mazzola

San Siro: il polo sportivo di Milano

Il nuovo stadio venne costruito in soli 13 mesi, dall’agosto del 1925 al settembre del 1926. E il 19 di quel mese fu possibile ospitare il primo incontro amichevole: il derby Milan–Ambrosiana (il nome imposto all’Inter negli autarchici anni ‘20) finì 6–3 per gli ospiti anche se il Milan era passato in vantaggio con la rete di Giuseppe Santagostino, detto Pin. Il giorno dopo venne organizzata un’altra amichevole, la prima internazionale: una mista Milan–Inter contro la Deutscher FC Praga, uno dei più forti club di quel tempo. La rappresentativa milanese veste un’improbabile maglia arancione e vince 4–0.
Il nuovo impianto – di proprietà della società rossonera – poteva contenere 35.000 persone ed era un tipico stadio da calcio inglese, con due tribune sul rettilineo, di cui una coperta, e le due gradinate, anch’esse rettilinee, senza curve. Fu realizzata su progetto dell’ingegner Alberto Cugini. Non si trattava di un capolavoro architettonico, ma era un vero stadio da calcio. C’erano sette porte d’accesso regolari, il sottopassaggio di collegamento tra il campo e i sotterranei, comprensivi di spogliatoi. Addirittura un ristorante, una palestra e l’appartamento per la famiglia dell’allenatore del Milan, che a quei tempi era l’inglese Herbert Burgess.

Gli Azzurri per la prima volta a San Siro

La Nazionale esordisce a San Siro nel 1927, contro la fortissima Cecoslovacchia. Per la prima volta lo stadio di San Siro appare stracolmo dei suoi 35mila e passa spettatori. La partita finì 2–2. Ma la vera vittoria sta nel fatto che era ormai evidente come il «calcio» – il termine che ancora oggi usiamo fu lanciato in quegli anni di autarchia linguistica – è il nuovo grande fenomeno di massa. E San Siro è il primo tempio dedicato al dio pallone. La prima grande partita ufficiale nel nuovo stadio gli azzurri la disputano nel 1934, durante i Mondiali. A San Siro si giocarono gli ottavi tra Svizzera e Olanda (3–2), i quarti (Germania–Svezia 2–1), ma soprattutto la semifinale, Italia–Austria.
L’Austria era fortissima: arrivava da 11 risultati utili consecutivi, e da una sconfitta per 4–3 contro i maestri britannici. Ma la bandiera dell’Ambrosiana, Giuseppe Meazza, con un mezzo fallo di ostruzione sul portiere avversario, permise a Guaita di segnare il gol dell’ 1–0 che spalancò all’Italia le porte della finale dove poi sconfisse la Cecoslovacchia per 2–1, vincendo il suo primo Mondiale. L’incasso è sbalorditivo, per quei tempi: 810mila lire.
Dopo i Mondiali il Comune decide di acquistare l’impianto e di eseguire dei lavori di ampliamento, che portano la capienza a 55mila spettatori. Il nuovo vestito dello stadio si celebra con un’amichevole prestigiosa, un Italia–Inghilterra che termina 2–2, nel 1939, e frutta un incasso che supera il milione (a fronte dei 5 spesi per la ristrutturazione). Durante la seconda guerra mondiale a San Siro non si gioca. Ma dopo la fine delle ostilità, nel 1947, anche l’Inter cominciò a giocare qui. Si decide di ampliare ancora lo stadio: nel 1955 arriva il secondo anello, per cui nuove gradinate vengono sovrapposte a quelle esistenti. Vengono realizzate le strutture per le rampe a torre che ne caratterizzano ancora oggi i quattro angoli. Arrivano i parcheggi e un’area per accogliere i mezzi pubblici. San Siro è diventato uno dei più grandi stadi del mondo: può contenere 00mila spettatori anche se per motivi di sicurezza la capienza viene subito ridotta a 85mila. Per celebrare la ristrutturazione dello stadio si organizza Italia–Brasile. L’Italia batte 3–0 la Nazionale carioca che due anni dopo vincerà il suo primo Mondiale. Nel 1957 viene costruito l’impianto di illuminazione: San Siro è il primo stadio d’Italia a poter ospitare partite in notturna.

San Siro, la scala del calcio
San Siro, la scala del calcio

Il derby a San Siro è un’altra cosa

Milan e Inter diventano squadre di grande rilievo inter- nazionale, imponendosi per 4 volte in Coppa dei Campioni, in quel decennio. Anzi, l’Inter la vince nel 1965 proprio a San Siro, battendo in finale il Benfica: quella sera del 27 maggio del 1965 lo stadio è gremito, ci sono tutti gli 85.000 tifosi previsti. Il team di Lisbona aveva già vinto due Coppe, nel ’61 e nel ’62, e schierava un aggressivo 4–2–4, ispirato dal maestro ungherese Guttman, e con un certo Eusebio come attaccante. Ma l’Inter era uno squadrone: Sarti; Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri; Picchi, Jair, Mazzola, Peirò; Suarez, Corso. Allora le partite iniziavano alle 21.30: Il campo è pesante, un temporale ha inzuppato il prato per ore, nonostante i teloni che Helenio Herrera si era raccomandato di stendere. L’Inter passa in vantaggio con quello che de- finiremmo un «gollonzo»: verso la fine del primo tempo Corso, cadendo, apre su Mazzola, che a sua volta la gira a Jair, sulla destra: il brasiliano fa un paio di passi, e tira una mozzarella bagnata addosso al portiere biancorosso Costa Pereira.
La palla scivolosa gli gioca un brutto scherzo e va oltre la linea bianca: 1 a 0.
Nel 1979 muore Giuseppe Meazza. Dopo essere stato una colonna dell’Inter, aveva giocato anche nel Milan e per un anno anche nella Juve. Nel 1980 lo stadio prende il suo nome. Chissà quanti si sono mai soffermati davanti alla targa che commemora il grande Peppin: «A Giuseppe Meazza, espresso dal suo cuore generoso, il Popolo di Milano intitola questo glorioso stadio più volte illuminato dalle sue gesta d’Atleta». Meazza è stato scelto non solo per il suo enorme talento, ma anche perché è stato un giocatore decisivo in entrambe le squadre milanesi, e Milan e Inter han- no fatto la storia del Meazza.

San Siro, il Milan in barriera
San Siro, il Milan in barriera

San Siro: l’inizio del Sacchismo

Ma la madre di tutte le partite di San Siro – almeno da parte milanista – è Milan–Real Madrid, del 1988/89. Il Meazza è un cantiere, sono in corso i lavori in vista dei Mondiali del 1990. Come per Inter–Benfica del ‘65, piove a dirotto. Il Milan arriva da un 1–1 ottenuto a Madrid, ma contro il Real non si sa mai. E poi nell’al- tra finale si affrontano Galatasaray e Steaua: chi passa questa semifinale ha buone possibilità di portarsi a casa la Coppa. È un Milan risorto alla gloria grazie a questo nuovo presidente, quel Berlusconi che ha fatto i soldi con le TV. Sulla panchina siede Arrigo Sacchi, un allenatore in ascesa che non ha mai giocato a calcio. I rossoneri hanno una squadra che di lì a poco incanterà il mondo: con Baresi, Maldini, Gullit, Van Basten, An- celotti, Donadoni, Rijkaard. Nel Real giocano Schuster, Martin Vazquez, Buyo, Chendo, Michel, Hugo Sanchez, Butragueño. È una partita senza storia: in poco più di 20 minuti il Real incassa un diretto e un gancio al volto, e alla fine del primo tempo il colpo del k.o. tecnico: si va al riposo sul 3–0. Nel secondo tempo, altri due mazzate tramortiscono il Madrid. È l’inizio del Sacchismo.

Com’è cambiato lo stadio Meazza dai Mondiali a oggi?

Nel ‘90 ci sono i Mondiali. Il Meazza è vestito a festa con il nuovo terzo anello, la copertura di tutto lo sta- dio, che poggia sulle 11 torri cilindriche che gli danno quella strana silhouette da pagoda cinese; un nuovo manto erboso riscaldato e nuovi riflettori. Tutto è pronto per la partita inaugurale, l’8 giugno, Argentina– Camerun 0–1, grande sorpresa. A San Siro si giocherà poi una partita dal particolare sapore storico, poiché giocata tra due nazionali che di lì a poco non sarebbero più esistite: Germania Ovest–Jugoslavia, terminata 4–1. Dopo quella, altre due partite dei tedeschi nel girone eliminatorio; poi gli ottavi, con la Germania Ovest contro l’Olanda (2–1), e ancora i quarti, dove i tedeschi sconfissero un’altra Nazionale che sarebbe scomparsa da lì a due anni, la Cecoslovacchia. Nel 1996 apre il Museo, il primo ad essere allestito in uno stadio. Dal 2012 il prato – che per vent’anni ha creato problemi – non è più di erba naturale, ma di un misto sintetico. E la capienza definitiva e ufficiale è stata dichiarata di 81.277 posti.

Quanti sono stati gli uomini derby di Milan e Inter, a San Siro?

È facile ricordare i nomi più celebri: Meazza, Nordhal, Van Basten, Mazzola, Rivera, Ronaldo, Rummenigge, Inzaghi, Matthäus, Gullit, Shevchenko, Corso, Ibrahimovic, Vieri. Però ci sono anche storie come quella di Gianni Comandini: nel 2001 il Milan batte l’Inter con un incredibile 6–0. Sono i soli due gol che l’attaccante segnerà tra i rossoneri, e dopo 13 partite viene ceduto all’Atalanta. O quella di Nicola Berti, che in un derby del 1993 si procura un fallo, si fa ammonire, poi sposta il ciuffo e segna di testa il gol del vantaggio.
E c’è anche Giuseppe Minaudo, che nel 1986 entra in campo col numero 15, diciannovenne, e segna l’1–0 definitivo per l’Inter: oggi lavora in una società di mutui. E quanto hanno goduto gli interisti grazie a Seno, centrocampista proveniente dal Foggia di Zeman, che iniziò un 3–1 per l’Inter nel 1995? E chi si ricorda di Nilsen, difensore norvegese che giocò nel Milan 5 partite? Nel 1998 partecipò a un 5–0 sull’Inter in coppa Italia. Solo lo stadio San Siro ha storia e memoria per raccontare storie come queste, piccole o grandi che siano. E ora che ha 90 anni, lo ringraziamo di cuore. E gli facciamo gli auguri.