La storia di un calcio che tra gli anni “80 e “90 è stato indissolubilmente legato al mondo dei Narcos.

Ci sono certe realtà calcistiche che non possono fare a meno che legarsi alla storia e alla situazione politica ed economica del proprio paese, che sia esso sotto una dittatura, in guerra o sotto il controllo di organizzazioni criminale. L’ultimo caso è sicuramente stato quello della Colombia ai Mondiali del 1994. Al rientro in patria dei cafeteros l’autore dell’autogol decisivo per l’eliminazione della sua nazionale venne ucciso pochi giorni dopo fuori da un locale vicino a Medellin. Andres Escobar con il suo involontario gesto fu colpevole di aver fatto perdere al gruppo Los Pepes, organizzazione nata con lo scopo di eliminare il più conosciuto signore della droga Pablo Escobar Gaviria e in seguito trasformatasi in una vera e propria associazione criminale, i soldi delle loro scommesse sul passaggio della Colombia alla fase successiva.
L’omicidio del giocatore dell’Atletico Nacional è però solo la punta dell’iceberg di un calcio che nel decennio fra metà anni 80 e 90 divenne di proprietà esclusiva dei narcos. Tutto inizia con Hernan Botero, storico presidente colombiano che fece grande proprio l’Atletico Medellin ridando lustro alla squadra e portandola a vincere ben 3 campionati nazionali; il problema era che i soldi che Botero utilizzava erano diretti derivati delle sue attività da narcotrafficante e fu quindi estradato negli Usa nel 1985. Alla presidenza del club di Medellin si succedettero nel corso degli anni diversi presidenti fino ad arrivare a Pablo Escobar in persona, che di quel club era tifoso fin da bambino, ovviamente il più grande narcotrafficante dell’epoca non poteva controllare direttamente la formazione bianco verde per motivi formali, ma la sua influenza fu immensa tanto da utilizzare l’ormai arcinoto sistema della plata o plomo anche con gli arbitri che osavano bloccare la marcia trionfale delle squadre da lui finanziate, un esempio è la tragica morte di Alvaro Ortega, colpevole di aver annullato un fuorigioco alla squadra sbagliata e per questo ucciso da 9 colpi di pistola qualche giorno dopo.
L’influenza di Escobar nel calcio non si limitò però solo ai meri risultati sportivi ma contagiò anche la cultura calcistica sudamericana, tanto da non far apparire strana la presenza di stelle del calibro di Higuita e Maradona in partite organizzate dentro La Catedral, il carcere che Escobar stesso si costruì dopo esser sceso a patti con il governo colombiano. Dopo la morte di El Patron il calcio colombiano fu di fatto governato da coloro che lo avevano sconfitto, gruppi come il Cartello di Cali e i Los Pepes andarono a toccare anche coloro che in Pablo avevano trovato rifugio e protezione, come ad esempio i giocatori della nazionale colombiana, fu questo forse che ancor di più costò la vita all’altro Escobar, Andres, difensore di primissima fascia che fu vittima di scommesse fatte da altri. Solo ora, dopo tanti anni, la situazione in Colombia è migliorata e il clacio sta riprendendo vita, libero dai narcos e libero, soprattutto, di crescere in maniera spontanea, sfornando campioni del calibro di James Rodriguez, Bacca e Falcao, con l’idea di continuare a crescere per cancellare idee e pregiudizi che ormai appartengono al passato.
Andre Escobar