Idolo assoluto in quel di Anfield per il suo talento puro e cristallino, oggi festeggia 45 anni il rosso di Liverpool.
Nato a Liverpool sulle sponde del fiume Mersey, non dalla sponda rossa dei tifosi dei Reds, bensì’ sulla sponda bianco – blu dei Toffees, i tifosi dell’Everton, da una famiglia abbastanza umile ma dignitosa, dedita allo sport, all’epoca del governo Thatcher.
Fin da subito il biondissimo Steven fece vedere grandi qualità nel giocare a calcio e ben presto venne notato da Liverpool ed Everton che volevano inserirlo nelle loro giovanili.
Il piccolo Steven aveva occhi e cuore solo e soltanto per l’Everton e quando gli venne proposto di fare il provino per i Toffees fu per lui la realizzazione di un sogno, ma allo stesso tempo si mosse anche il Liverpool che non offrì solo un provino al giovane Steve, ma addirittura un schoolboy cotract, ovvero un contratto di due anni per giocare nell’Academy dei Reds che era però legato al rendimento scolastico: ovvero senza voti sufficienti, niente calcio.
I genitori scelsero il Liverpool e fu anche la più grande fortuna per Steve, che da lì a poco entrò nella famiglia che gli permise di sfondare, di diventare un grandissimo campione e di diventare ricco.
Irriverente ma rispettoso, indisciplinato ma talento puro.
Steve sapeva essere tutto ed il suo contrario e questa caratteristica si è sempre manifestata anche in ambito calcistico fin dalla tenera età dove venne stipulato un contratto professionistico già a 15 anni con i Reds.
Da lì a poco fece il suo ingresso in prima squadra, allenata da un mostro sacro come Kenny Daglish, che portò il Liverpool sul tetto d’Europa per ben 3 anni e che dalle parti di Anfield è idolatrato quasi fosse un dio, e Steve raccontò che era talmente tanta l’emozione di essere allenato da Kenny Daglish che non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia.
Daglish lo fece esordire all’età di 18 anni e rimase folgorato dal suo dribbling, dalla sua velocità, dalla sua corsa e dalla sua tecnica: rimase sbalordito soprattutto dal fatto che il giovane Steve riuscisse a combinare il tutto insieme, in un mix letale per gli avversari.
Il rovescio della medaglia di questo grandissimo talento è la poca applicazione e poca costanza che Steve metteva negli allenamenti ed in generale nella vita di calciatore professionista: era ammaliato dal gentil sesso, dai soldi, dalle macchine e dalle scommesse sulle corse dei cani.
McManaman: il giocatore più sostituito della Premier League.
Dovette aspettare un anno intero senza più mettere piede in campo in prima squadra, ma poi arrivò il nuovo coach Graeme Souness e la musica cambiò in maniera netta e definitiva e venne data l’occasione a McManaman di dimostrare sul campo il suo valore; la prima stagione fu esaltante: 51 presenze da titolare, computo reti in doppia cifra ma soprattutto la vittoria del titolo di Man of the match nella finale di FA Cup.
Da quell’inizio così folgorante tutti si aspettavano una carriera pari a quella dei più grandi giocatori della storia del calcio ed invece, soprattutto per colpa della sua natura così poco incline all’applicazione ed alle regole, si è sempre sviluppata con picchi altissimi ma altrettanti momenti di totale smarrimento; basti pensare che detiene il non invidiabile record di essere il giocatore più sostituito della Premier League.
Idolo assoluto di Anfield Road insieme al suo “fratellastro” Robbie Fowler, incarnano alla perfezione l’Inghilterra di quegli anni, la working class al potere, ed una fama smisurata non solo per le loro imprese calcistiche: si attorniavano di groupies, come i più celebri cantanti, facevano testimonial per importanti brand del panorama mondiale: stavano diventando ciò che per noi è la normale figura del calciatore famoso.
Nel 1997 qualcosa si ruppe e Steve decise di non prolungare con il Liverpool e di tentare una nuova avventura: ammaliate dalle sue indiscusse qualità tecniche, si fecero avanti tutti i top club europei ma Steve volle continuare a Liverpool fino alla naturale scadenza del contratto e liberarsi solo nel 1999, in attesa della chiamata giusta; anche se la vera goccia che fece traboccare il vaso fu il mondiale del 1998 dove Steve fu assoluto protagonista in negativo, additato dai compagni di nazionale come uno “scansafatiche”: appena finito il mondiale, al rientro verso casa, indisse una conferenza stampa dove annunciò che quella sarebbe stata la sua ultima stagione in Inghilterra.
Dal Liverpool al Real Madrid
La chiamata giusta arrivò dalla Spagna, da quel Real Madrid che mise sul piatto un contratto da 60000 £ a settimana, una cifra folle per i tempi; in Spagna venne accolto bene, Steve aveva una fortissima voglia di rivincita e di rivalsa, si comportò sempre in maniera accorta senza mai andare sopra le righe e ciò gli permise di vincere due Campionati e soprattutto due Champions League.
L’apice fu sicuramente la finale di Champions League del 2000 a Saint Denis dove McManaman fece una partita sontuosa, impreziosita da un gol che ancora oggi viene spesso rivisto quando si vogliono ricordare i più bei gol della storia della Champions League: tiro al volo da fuori area in bicicletta che si insacca all’angolino basso. Pura poesia!
La sua carriera finì del 2005 al Manchester City, a soli 33 anni, nel dimenticatoio, in sordina, con lo smacco della mancata convocazione ad Euro 2004, con la consapevolezza che la storia sarebbe potuta essere molto diversa se ci fosse stata più costanza e più impegno, perchè le carte per diventare uno dei migliori Steve le aveva tutte.
Dandy fino alla fine!