Flop Inter, un articolo scritto da Teofilo Brema. Dietro questo pseudonimo si nasconde un insider dell’ambiente interista che ha raccontato tutti i problemi dell’ambiente nerazzurro, dall’addio di Mancini all’arrivo burrascoso di De Boer e finalmente alla calma portata da Pioli.
Basterebbero questi giorni per definire che la stagione nerazzurra sia un flop, un insuccesso sportivo: per raddrizzarla servirebbe un miracolo, una rincorsa che varrebbe la scrittura di un libro. Altro che la biografia di Icardi. La concentrazione degli eventi in casa nerazzurra obbligherebbe a bloccare lo scorrere dei secondi per poter raccontare bene tutto e rimettere ordine. Come dire che dopo la caduta della barriera dei 140 caratteri di Twitter, anche per l’Inter serviranno ben più di 140 giorni per descrivere l’annata.
L’USCITA DI MORATTI
La cronaca ricorda che tutto è partito con tratti già frastagliati, segnali di un’organizzazione non precisa. Roberto Mancini aveva chiesto chiarezza alla nuova proprietà, il colosso cinese dell’elettronica Suning, già prima dell’insediamento ufficiale in maggioranza al posto di Erick Thohir. Ai primi di giugno si svolge la conferenza stampa a Nanchino, dove volano tutti i principali dirigenti nerazzurri. C’è anche Thohir, il proprietario che lascerà il 70 per cento del club a Zhang Jindong.
Non c’è Massimo Moratti, l’anima interista da generazioni, il simbolo che riassume in sé l’anima degli interisti. Alla fine di giugno la visita cinese verrà ricambiata a Milano per l’assemblea che certificherà il nuovo assetto societario. E che ufficializzerà l’uscita definitiva dall’arco costituzionale di Moratti, il presidente-proprietario-tifoso del Triplete. Lo zero per cento delle quote rimaste nelle sue mani è il punto conclusivo su una storia bellissima, fatta di grandi successi e di passaggi negativi. E da qui iniziano una serie di curve secche nella gestione di una società tripartita.
A Nanchino, in Cina, vivono i proprietari. A Giacarta, in Indonesia, vive Thohir che da statuto mantiene i poteri esecuti- vi. A Milano, in Italia, lavorano i manager dell’area sportiva, coloro che vivono la squadra e conoscono il calcio. Il fuso orario è l’ostacolo minore, tanto per intenderci. Il primo inciampo riguarda la questione Pirelli. L’accordo di sponsorizzazione con lo storico partner (dal 1995) viene rinnovato fino al 2021 per una cifra base di 9 milioni l’anno. Pochi, se confrontati agli altri grandi club.
Ma la storia sportiva recente dell’Inter ricorda che la squadra non gioca la Champions League e questo non è un dettaglio. I bonus inseriti nel contratto con Marco Tronchetti Provera sono così alti che in caso di esplosione sportiva, l’Inter guadagnerebbe anche il doppio. Per aumentare i ricavi e andare incontro alle esigenze del fair play finanziario della Uefa, Suning ottiene di inserire nel contratto l’opzione di cercarsi uno sponsor da utilizzare sul kit d’allenamento. Il 4 luglio l’Inter inizia la preparazione alla Pinetina, un paio di giorni prima della partenza per Riscone di Brunico.
Il logo Pirelli, al suo posto sulle divise dell’esordio, viene coperto da un nastro adesivo il giorno seguente, il 5 luglio. La comunicazione interna tra le varie aree va in tilt troppo presto e non si può mantenere coperta una cosa del genere. Tant’è che sul sito ufficiale del club campeggiano le foto dei giocatori al lavoro alla Pinetina con il logo Pirelli camuffato. La motivazione ufficiosa si attorciglia su se stessa: esigenze tecniche per testare le magliette con le riprese televisive senza ingombri pubblicitari. Per lo meno, una giustificazione innovativa.
FRULLATORE DI ALLENATORI
Rientrato il tema-Pirelli, sporge il tema-Mancini. L’Inter forse non sarebbe l’Inter se non si auto-creasse problemi, casi, a ari interni da districare come un sudoku. L’allenatore guida la squadra a Riscone di Brunico, fa altrettanto nella tournée americana, ma chiede un confronto profondo con la proprietà Suning.
Confronto che sia a Milano sia negli Usa non convince il tecnico di Jesi, intenzionato ad avere un rapporto diretto con i cinesi e non filtrato dal presidente Erick Thohir e dall’a.d. Michael Bolingbroke. Così al rientro da Oslo, dopo aver preso 6 schiaffi in amichevole dal Tottenham, le strade si dividono: rescissione consensuale da circa 2 milioni pagabili entro il 31 dicembre 2016 e così salta il primo allenatore nerazzurro. Sembra di esser tornati all’epoca morattiana, quando gli umori prendevano talvolta il sopravvento sulla razionalità.
DELUSIONE IN SALSA OLANDESE
Tocca a Frank de Boer, l’olandese che tanto piace a Thohir e appoggiato pure dal super-consulente Kia Joorabchian. L’ex difensore ha bisogno di tempo per introdurre la sua filosofia di gioco in Italia. E qui, specie se all’Inter, il tempo non c’è. Non fa in tempo nemmeno a stendere il programma dei 100 giorni. Le sconfitte tra campionato ed Europa League sono più delle vittorie e il suo italiano migliora più velocemente del gioco della squadra. Grazie, sarà per un’altra volta.
Tocca a Stefano Pioli che «vince» le audizioni di Milano contro Marce- lino e Gianfranco Zola (senza contare quelli interpellati al telefono, da Guus Hiddink a Francesco Guidolin, da Vitor Pereira a Laurent Blanc e Leonardo). Tocca all’ex tecnico della Lazio riportare innanzitutto serenità e fiducia. Il contratto firmato fino al 2018 – stipendio da 1,4 milioni per questa stagione, 2 per la prossima – è una sedia a dondolo. Perché il suo futuro in realtà dipenderà dalla rimonta che riuscirà a completare sul terzo posto.
Non è un mistero che ci sia un’anima nerazzurra intenzionata a pagare la clausola di Diego Simeone per liberarlo dall’Atletico Madrid. Ecco perché, come per De Boer, nel contratto è stata inserita la clausola di uscita a favore del club in maniera tale da separar- si il prossimo 30 giugno senza spargimento esagerato di denaro. Un’altra volta ancora, non sembrano esser- ci basi solide per progettare un futuro lineare. Il flop di questa stagione – a meno di clamorose giravolte sportive – rischia di trascinarsi fino all’inizio della prossima, con la proprietà cinese incastrata tra le manie (giustificate) di grandezza e i limiti di una struttura poco snella.
PIOLI E LE MACERIE
L’Inter ha bisogno di mettere ordine e di fare le cose semplici. Pioli è il quarto allenatore della stagione. Non va infatti dimenticato che per un paio di gare (Southampton e Crotone) è toccato a Stefano Vecchi traghettare la barca da De Boer a Pioli. L’allenatore della Primavera, interista dentro, se l’è cavata bene, perdendo in rimonta in Inghilterra e battendo i calabresi. Pioli sta recuperando e «potenziando», come vorrebbe essere definito a fine stagione, anche il patrimonio della società.
I giocatori sono: Kondogbia, Brozovic, Gabriel Barbosa, Banega, Joao Mario. Rilanciare economicamente e cementare tatticamente. Potrà contare su Icardi, sangue nerazzurro e media-gol da gioia senza fine. La sua biografia gli ha messo contro una parte del tifo, ma le colpe andrebbero suddivise tra la sua scelta di raccontare l’episodio di Reggio Emilia (il confronto con la Nord dopo la sconfitta contro il Sassuolo) e la negligenza societaria nel non leggere il testo prima della sua pubblicazione. Un altro capitolo di una gestione disordinata che si riverbera poi sul campo, dove certe volte si fatica a capire quanto incida la leadership di Icardi o prevalga quella di un saggio come Miranda.
UNA LUNGA TRANSIZIONE
L’Inter sfilacciata sul campo è anche figlia dello sfilaccia- mento negli uffici. Suning sta mettendo radici a Milano, ha capito che le parole dell’ex proprietario Massimo Moratti hanno un senso vero e non solo emozionale. Servo- no uomini vicini alla squadra. L’a.d. Bolingbroke è stato sostituito, forse con ritardo, da Liu Jun, espressione della proprietà e comunque «ad interim» , fino a quando non verrà scelta una figura capace di unire in sé le capacità finanziarie con quelle sportive (meglio se italiano).
Il cambio porterà probabilmente all’uscita completa di Thohir dalla galassia interista a metà del 2017. E allora il club avrà la fisionomia che Suning intende dargli. Confidando che sul campo i risultati sostengano il progetto. Per evitare di tornare a vivere stagioni come l’interista è abituato: o eroi o falliti. Le vie di mezzo saranno anche insipide, ma aiutano a limitare i problemi di quest’anno.