Dopo la brusca rottura con società bianconera, si vocifera di alcune offerte pazze per vedere Roberto Baggio calcare il campo del campionato giapponese, per cercare di dare una decisa spinta in avanti al movimento calcistico nipponico, in forte crescita in quegli anni.
Le motivazioni del “divin codino” sono ancora forti e così decide di rimanere in Italia. Arriva prima il Milan, la società rossonera lo accoglie a braccia aperte, consapevole di aver acquistato un giocatore unico. Con Roberto Baggio in squadra, il presidente Berlusconi voleva ritornare subito a dominare in Serie A e se possibile andare sul tetto d’Europa. Nella testa del patron rossonero, il tridente da sogno Baggio-Weah-Savicevic è sinonimo di vittoria e bel gioco assicurato, e Fabio Capello deve, nonostante la sua iniziale riluttanza, adottare il 4-3-3. Perché si sa, l’allenatore al Milan l’ha sempre fatto Berlusconi.
Nella stagione 95/96 la Serie A per la prima volta adotta la numerazione fissa per i calciatori e conseguentemente i nomi sulle maglie. Ovviamente la casacca numero 10 è la più ambita: a contendersela ci sono Baggio e Savicevic. La spunta lo slavo e, nonostante per molti fu la scelta migliore, questa decisione è la prima scheggia che ferisce il campione di Caldogno. Baggio dovrà accontentarsi di un 18. Il giorno della sua nascita.
Le stagioni al Milan di Baggio non vengono certo ricordate come le migliori, ma l’inizio è spumeggiante. Durante Padova-Milan, la prima giornata del campionato 1995-96, passano solo 5 minuti e il Milan passa in vantaggio con Weah su assist di Roberto Baggio. Il Padova riacciuffa il pari, ma Franco Baresi decide di chiudere tutto e di prendersi gli applausi di tutto lo stadio al posto di Roby Baggio.
La squadra dei sogni latita: gioca benino, ottiene buoni risultati ma il popolo rossonero si aspettava di più, molto di più. Anche Capello si accorge che una formazione così squilibrata in avanti offre troppo spesso il fianco all’avversario e, dopo gli ultimi disperati tentativi di far quadrare il cerchio decide di cambiare qualcosa. Da qui ha inizio un periodo nero per Baggio al Milan: il mister lo alterna a Savicevic come attaccante da affiancare all’inamovibile Giorgione Weah.
Il numero 18 rossonero riesce comunque a dare sfoggio al suo talento, come nella sfida di Coppa Uefa contro il Bordeaux di Zidane: 2-0 a San Siro con doppietta di Baggio, ma non solo. Grandi giocate e tanto sacrificio dimostrano che il “divin codino” al Milan vuole lasciare il segno. Anche la meravigliosa azione personale contro la Sampdoria, dove Baggio riceve palla sulla destra e manda al bar due difensori avversari prima di scaricare una bordata imprendibile sotto il sette, manda in visibilio il pubblico del Meazza. Purtroppo però, alle belle giocate e ai gol, Baggio alterna giornate di blackout totale o addirittura in panchina. Anche quando gioca discretamente bene i giornali lo attaccano imputandogli di non essere così decisivo.
Lentamente il campionato volge al termine ed è proprio Roberto Baggio a chiudere definitivamente i giochi durante la sfida contro la Fiorentina. Sul punteggio di 1-1, il pallone d’oro non si tira indietro e va a calciare un calcio di rigore decisivo. Nonostante il pallone in quel momento possa diventare un macigno, Baggio mantiene la sua freddezza e segna. È gol e vittoria: il Milan è di nuovo campione d’Italia e il Divin Codino può festeggiare il suo secondo scudetto di fila ma con maglie diverse (solo altri 5 giocatori in Italia ci sono riusciti). Nonostante le critiche della stampa subite in silenzio per tutta la stagione, Baggio chiude con uno scudetto e 10 gol in 34 partite la sua prima stagione al Milan.
Il campionato successivo però, nonostante le attese e l’inizio promettente, si rivela un fallimento su tutti i fronti, sia per Baggio che per il Milan. Fabio Capello non viene confermato, al suo posto Oscar Washington Tabarez. L’allenatore uruguagio non nasconde il suo amore per Baggio. Savicevic si appisola al caldo della panchina. Baggio in campo. Il Milan si sbarazza del Verona con il risultato di 4-1 con Baggio a insegnare calcio.
Ben presto però il Milan cade in una profonda crisi di gioco e risultati e il tecnico che tanto era riuscito a ridare il sorriso a Baggio viene esonerato. In panchina arriva Arrigo Sacchi, che aveva già avuto il Divin Codino in rosa durante i mondiali del 1994. I rapporti tra i due erano sempre stati tesi, soprattutto dopo quel celeberrimo “Questo è matto!” esclamato dal fantasista italiano durante il match contro la Norvegia nei mondiali 1994, quando Sacchi decise di far uscire proprio Baggio dopo 10 minuti a causa dell’espulsione di Pagliuca.
L’arrivo del nuovo allenatore non sistema le cose, anzi le peggiora. Baggio non si trova con il tecnico e la squadra non digerisce in fretta le nuove direttive e affonda sempre più nelle sabbie mobili di metà classifica. Usciti anche dalla Coppa dei Campioni ai danni del non irresistibile Rosenborg, i giocatori rossoneri non hanno più nulla per cui battersi.
Sacchi lascia il Milan e anche quella di Baggio sembra arrivata in fondo al tunnel. Quella stessa estate succede di tutto: prima Baggio si presenta al ritiro convinto di potersi giocare le sue carte, poi chiede la cessione. Sembra tutto fatto per il passaggio di Roberto al Parma ma arriva il veto di Ancelotti, mister dei Ducali. Allora il Bologna si inserisce nella trattativa e con un blitz incredibile riesce a strappare l’accordo con il pallone d’oro, che sa di dover trovare una squadra dove poter essere inamovibile per conquistarsi il mondiale del 1998. Poco dopo il trasferimento, Baggio taglia il celebre “codino”.
Baggio al Bologna
Con il Bologna, Roberto Baggio si rilancia, senza la stampa a punzecchiarlo costantemente, fa registrare il suo record di marcature con 22 realizzazioni in 30 partite, permettendo al Bologna di qualificarsi alla Coppa Intertoto. Baggio sembra rinato: in ogni match dimostra tutto il suo talento, e si conquista anche le grazie del CT Maldini, che lo porta ai mondiali. Inoltre, in un gesto a metà tra il serio e il faceto, il presidente del Bologna assicura le gambe del fantasista per 10 miliardi di lire. Viene anche nominato Capitano.
Anche in questa stagione idilliaca, il rapporto tra Baggio e il suo allenatore è, come spesso capitato nella sua carriera, tormentato. Nel gennaio del 1998, alla vigilia della sfida con la sua ex squadra, la Juventus, Baggio lascia il ritiro dopo che Ulivieri gli comunica che non avrebbe giocato il match. Baggio ha scritto, nella sua autobiografia, che Ulivieri era probabilmente geloso di lui, visto che ogni vittoria del Bologna veniva ormai attribuita al talento di Baggio, mentre per ogni sconfitta si chiamava in causa l’allenatore, la cui bravura era oscurata dal nome importante del suo fantasista. I tifosi del Bologna rimangono completamente innamorati di Baggio, colui che li ha fatti divertire e li ha portati in zona coppe. Roberto Baggio, dal canto suo, rimarrà sempre grato al Bologna, che ha reso possibile la sua rinascita, come l’araba fenice.