Cosa volete che sia una canzone. Da quando Baggio non gioca più. Non è più domenica

Eh, ditelo a noi interisti cosa è una canzone, ditelo a noi interisti cosa è la poesia, la malinconia, la nostalgia. Basta guardare Moratti, quante sigarette che fuma per buttare giù qualche magone che chissà da dove arriva e aspirare tutta l’amarezza che c’è. Per questo, nonostante gli errori, le cazzate, nonostante tutto Moratti figlio è stato amato, amatissimo, anche quando non vinceva mai. Roberto Baggio interista ci è nato.
Gli interisti si riconoscono, non sono una tifoseria, sono una categoria estetica. Pure Roberto Mancini, no? Anni e anni nella Samp, ma lui era interista prima di diventarlo, lo era dentro, con tutto ciò che comporta. Roby Mancio e Roby Baggio. Quella faccia sulla quale De André ci avrebbe bevuto litri di vino rosso caldo, quell’ombra dietro gli occhi chiari, quelle pupille veloci. Quella capacità di mancare i momenti decisivi e renderli comunque indimenticabili, quella roba di farcela, farcela e poi invece ti manca un centimetro, una voglia, una cattiveria finale che non hai.

Baggio e Ronaldo
Baggio e Ronaldo

Rivedi i video di Roberto Baggio con la maglia neroazzurra ed era la sua, niente da fare, era larga per lui, maniche lunghe, ma l’aria che muoveva la riempiva, e quando toccava palla boh, sa Dio che succedeva. Avete presente Graziano Rossi, il babbo di Vale? Lui ha sempre detto: ok vincere i Mondiali, ma vincere una gara, l’emozione di una gara non te la dà altro. Be’ di Roberto Baggio gli interisti mica si ricordano tanto i gol, mica il codino o la fascia con i colori del buddismo, no, ci ricordiamo il cuore che trema, il graffio in gola, il sorriso a tre denti, con le labbra tirate e la bocca appena appena aperta che ti provocavano i suoi tocchi i suoi passaggi i suoi esterni i suoi assist o quando per saltare un avversario spostava il pallone all’indietro e poi con punta e collo scavava il terreno per far passare la palla sopra il piede dell’avversario. Ma che ne sapete voi.
Io voglio circondarmi di gente così. Che quando li osservi ci vedi attraverso, che capisci subito che c’è altro, una sofferenza di fondo, una tensione a cercare qualcosa sempre e comunque, a trovarla e a vedere cosa c’è dopo.
Il dolore è una delle cose più serie che ci sia, però il dolore quando lo hai interiorizzato finisce a dare più blues a tutto ciò che fai. E Roberto Baggio con la maglia dell’Inter è un blues che ti fa sentire le corde stracciate di una chitarra, la voce tremante che è come i magoni di Moratti, chissà da dove arriva…

Resteranno anche i suoi gol, certo. Quello al Real, ovvio. Lui che allunga quel tanto che basta la palla, il portiere che ci sta per arrivare ma non ci arriva, e lui che di sinistro la mette lí. Però gli interisti si emozionano per una sconfitta lottata all’ultimo secondo quasi come se fosse una vittoria. Gli interisti ricordano il 3-2 alla Samp, Berti che taglia il campo contro il Bayern, Pandev che ci porta avanti in Champions con Leonardo in panca (altro interista prima ancora di esserlo), ricorda cose minori insomma come se fossero gli episodi fondanti di vittorie memorabili. E ricorda Roberto Baggio, tutto. Anche con la maglia del Brescia, della Juve o del Milan. Perché in realtà Baggio anche quelle volte li indossava la maglia dell’Inter. Sotto. Sulla pelle. Intus et in cute.
 

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