Vi siete mai chiesti chi è il calciatore in rovesciata sulla copertina dell’album Calciatori Panini? Noi sì, e abbiamo riassunto la sua vita in qualche “Parola”.

Celo, celo, celo, manca; mi sembra già di sentire i commenti: “Ecco, l’ennesimo asino che commette errori di ortografia e scrive per un giornale! Povera Italia!”. Si ortograficamente è scorretta, ma questa cantilena è il tormentone di generazioni e generazioni di grandi e piccini a partire dal lontano 1960, quando le “figu” erano il secondo gioco più bello dopo il pallone, e il fantacalcio non era nemmeno nell’immaginario del suo fondatore, Riccardo Albini. C’èrano le figurine, e un calciatore delle figurine Panini misterioso.

Mancavano sempre gli stessi: Bolchi, Pizzaballa, Rivera, Maradona, Totti, Del Piero, oggi Higuain, Dzeko e Milik, invece lui c’è sempre stato, non manca mai nelle copertine degli album Calciatori Panini.

E’ stato il precursore di uno dei gesti tecnici più belli del calcio, quella rovesciata nata all’80° di Fiorentina-Juventus del 15 gennaio 1950 e definita, dal giornalista di allora, Corrado Bianchi, un “volo in cielo”, un gesto d’istinto che poi diventerà per lui un vero e proprio vizio, meglio dire forse una malattia incurabile, la stessa che ha contagiato, a distanza di quasi settant’anni, il cileno Pinilla.

Chi è il calciatore delle figurine Panini
Chi è il calciatore delle figurine Panini

Chi è il calciatore delle figurine Panini? Un operaio di professione, bandiera della Juventus per passione.

Ma chi era questo acrobata del calcio, che fece parlare i giornali di tutto il mondo con quella rovesciata pubblicata in oltre duecento milioni di copie addirittura con didascalie in greco, cirillico, arabo e giapponese? Era un uomo che, rimasto orfano a sette anni, è dovuto diventare adulto prima che l’età glielo consentisse. Era un operaio della FIAT, uno di quelli che per arrivare alla fine del mese girava bulloni e montava lamiere come se non ci fosse un domani.

In contemporanea però faceva anche il difensore della Juventus, si allenava quando finiva i turni in stabilimento e giocava la domenica quando era a casa dal lavoro.

No tranquilli, non era una persona che esercitava la doppia professione illegalmente, ma uno che ha vissuto il calcio in un’epoca nella quale giocare in Seria A era considerato un divertimento, per cui niente villa in Costa Smeralda, niente Porsche, niente vacanze a Ibiza ecc… ma solo qualche soldo in più da aggiungere allo stipendio medio di un operaio.
figurine panini, chi è il calciatore che fa la rovesciata
Nasce come centravanti, ma il suo allenatore, Felice Borel, docente supremo del sistema calcistico inglese, lo dirotta a “centromediano metodista”, che più che un ruolo calcistico suona come un credo religioso di matrice protestante, con compiti a metà fra quelli di uno stopper e un libero. In sostanza quello che Carlo Parola (perché era così che si chiamava) doveva fare in campo era l’abc del difensore: marcare l’attaccante e, una volta riconquistato il pallone, impostare la ripartenza.
Per una prima punta affamata di gol, essere relegato nelle retrovie non è mai piacevole da digerire, e fu così pure per lo stesso Parola che però, nella nuova posizione, si mise in risalto a livello internazionale con continue prestazioni da dieci in pagella. Carlo esordisce ad appena diciotto anni in maglia bianconera, una maglia che per lui sarà una seconda pelle visto che, a partire dalla fine degli anni trenta, diverrà una bandiera della Juventus.

Carlo Parola: torinese alla Juventus

Torinese fino al midollo, Carlo Parola decide letteralmente di sposare la “Vecchia Signora” alla quale regalerà, col tempo, una Coppa Italia, due scudetti, trecentotrentaquattro presenze e una carriera da allenatore fatta di gioie e dolori divisa in due periodi: dal 1959 al 1962, affiancato dal direttore tecnico specialista dei gol all’ultimo minuto, Renato Cesarini, e dal 1974 al 1976 quando il presidente del club bianconero era il vecchio compagno di squadra Giampiero Boniperti.
Tre scudetti e due coppe nazionali sono il bottino di cinque stagioni sulla panchina juventina, sommati però a un dodicesimo posto in Serie A (peggior piazzamento nella storia del club) e uno scudetto regalato agli acerrimi nemici del Toro nella stagione ’75-’76 che gli valse l’esonero e il conseguente arrivo di Giovanni Trappattoni.

Cimeli allo Juventus Stadium
Cimeli allo Juventus Stadium

Una breve parentesi biancoceleste per Carlo Parola

Nonostante Parola amasse profondamente la Vecchia Signora, c’era un’altra donna nel suo cuore, potremmo definirla un’amante romana, la Lazio. Un breve idillio in confronto al matrimonio con la Juve, fatto di sole otto partite prima di appendere gli scarpini al chiodo e una breve parentesi da vice dell’allora tecnico Luigi Ferrero.
Una carriera invidiabile quella di Parola, fatta di sacrificio e successo che però non gli ha garantito un finale di vita all’altezza del campione che è stato; cresciuto come calciatore da povero, è morto da povero all’età di settantotto anni. Passeranno i cieli e passerà la terra ma la copertina dell’album Calciatori Panini non passerà, perché quell’acrobata non è stato solo uno dei migliori difensori del ventesimo secolo, ma un uomo che ha fatto del sudore della fronte e dell’umiltà i gesti tecnici migliori del suo repertorio, un uomo per il quale vale la pena dire ”Carlo, basta la Parola”.