Eder, un giocatore immerso negli avvenimenti. Il giocatore infelice o forse no. Lo raccontiamo così, nella sua essenza più pura, tra carriera e vita vissuta davvero.

Chiedetegli cosa sia la perfetta infelicità. Chiedetelo a Éderzito António Macedo Lopes, noto come Éder, ragazzone di un metro e ottantanove nato trent’anni fa in Guinea Bissau e naturalizzato portoghese. Sulle prime non capirà il senso della domanda, e perché la rivolgiate proprio a lui. Sicché invitatelo a parlare di se stesso. Del suo presente e del passato prossimo, della sua adolescenza e dell’approdo al calcio professionistico. E allora sì, vi dirà ciò che volevate sapere.
Vi racconterà come il momento di massima estasi d’una vita possa diventare un peso schiacciante col passare dei giorni. Una fortuna fuori scala, piovuta addosso alla persona sbagliata cui nessuno mai perdonerà l’ardire. Perché, non sapevate che ognuno deve prendersi fortuna soltanto nella misura che gli viene predestinata? Non ve l’avevano detto che tutti possono arricchire tranne i poveri?

La storia di Eder: attaccante portoghese campione d’Europa

Ecco, Éder è quello della fortuna smisurata, del volo d’angelo con le ali di cartone che però riesce in modo sublime. Succede una domenica di luglio del 2016, alle undici d’una notte parigina che mette in palio il titolo di campione d’Europa per rappresentative nazionali.
Da 109 minuti Francia e Portogallo cercano di superarsi senza sbloccare lo 0-0, e fior di campioni annunciati sparano a salve o hanno dovuto lasciare la scena per infortunio. E mentre crescono le probabilità che siano i calci di rigore a decidere, Éderzito António Macedo Lopes fa qualcosa di folle. Non un gesto da manicomio, ma semplicemente un atto totalmente fuori schema. È stato mandato in campo dal CT Fernando Santos a tredici minuti dalla fine del tempo regolamentare, come ultimo cambio disponibile e con le consegne di sempre: sacrificarsi come un mulo, dar fastidio ai francesi già nella partenza dell’azione.
Partecipare alla coraggiosa resistenza dei portoghesi contro i padroni di casa, ciò che dopo la precoce uscita del divo Cristiano Ronaldo pareva il massimo possibile. E invece, al quarto minuto del secondo tempo supplementare, quel ragazzone della Guinea Bissau piazza il colpo inatteso. Ciò che ne fa O Herói Improvável, l’Eroe Improbabile, come i connazionali lo ribattezzeranno. Mettendo dentro l’etichetta un’ammirazione di brevissima durata, che presto lascerà il posto alle perplessità di sempre sulle sue doti calcistiche.

Eder Lille
Eder Lille

L’eroe improbabile dopo Euro 2016

E infatti, a quasi un anno di distanza, Éder è tornato normale ma senza la possibilità d’esserlo mai più in vita sua. Perché è stato re per una notte, e per qualche giorno a seguire ha occupato il palcoscenico in patria, ma subito è rientrato dentro il rango ordinario. Quello dell’onesto faticatore del pallone, del centravanti col fisico da corazziere ma dalla non elevata dimestichezza col gol come da tradizione del calcio portoghese. Con persino, in peggio rispetto alla norma dei centravanti lusitani, una tecnica individuale modesta.
L’ultimo da cui ci si sarebbe aspettati che consegnasse alla nazionale delle Quinas il primo trionfo internazionale, rompendo una linea di fatalismo ormai prossima a farsi destino. Quel destino poteva essere spezzato soltanto da un atto di forza, da uno slancio di volontà. Qualcosa che ci si sarebbe aspettato dai primattori designati. Invece all’improvviso è sbucato lui. In modo inconsulto e a coronamento di un’azione che pare velleitaria, prossima a morire per inadeguatezza di chi la porta avanti.
Il ragazzone della Guinea Bissau, appunto. È una certezza per tutti coloro che assistono alla partita, il fatto che quell’azione vada a spegnersi. Gli spettatori neutrali, che osservano la malagrazia di quel numero 9 nel trattare il pallone. I padroni di casa francesi, nervosi per non essere ancora venuti a capo degli avversari e ansiosi di recuperare prima possibile il controllo dell’azione per ripartire all’attacco. Specie perché a portare l’attacco portoghese è quell’Éder che ha giocato nel Lille la seconda metà dell’ultimo campionato nazionale, mettendo in mostra un fiuto del gol da discreto centrocampista e nulla più. E persino i portoghesi, che vedono come un approdo i calci di rigore dopo il grande sconforto venuto dall’infortunio di CR7. Forse non ci crede nemmeno Éder, mentre si muove in orizzontale davanti all’intera difesa avversaria schierata, dopo aver ricevuto palla ai trenta metri da João Moutinho. Certe situazioni di gioco possono essere risolte solo da calciatori di classe e tecnica superiori, non da un centravanti di peso che ha i piedi d’uno stopper. Ma lì succede l’impensabile.

Il gol inaspettato di Eder

Il ragazzone della Guinea Bissau punta da solo la difesa schierata dei francesi. Il contrasto spalla a spalla di Koscielny lo costringe a scartare di lato e a muoversi in orizzontale. E poiché si tratta d’un duello di forza, il difensore centrale francese capisce che non è il caso di portarlo oltre perché potrebbe venirne fuori un calcio di punizione dal limite, e forse è proprio ciò che Éder sta cercando. Perciò lo lascia andare nella sua corsa in orizzontale, confidando che il difensore esterno di sinistra, Umtiti, stringa su di lui. E invece Umtiti ha un attimo d’esitazione che lo porta a muovere un passo indietro, lasciando al numero 9 portoghese lo spazio e il tempo giusti per il tiro.
A quel punto il ragazzone della Guinea Bissau, che a stento riesce a governare il possesso del pallone, piazza il numero che sembra impossibile. Scaraventa un tiro ignorante, in stile “come viene, viene”, cui si ricorre quando si sente che ci s’è ficcati in un vicolo cieco, che non s’ha più forza di portare avanti l’azione, e che però va bene qualunque cosa pur di non consegnare il pallone all’avversario in segno di resa. Ma per magia quel tiro ignorante si trasforma in una traiettoria perfetta: tesa, bassa senza toccare terra, velocissima, angolata.
Imparabile per chiunque. Compreso il francese Lloris, che figurarsi se s’aspetta un colpo del genere da Éderzito António Macedo Lopes. Fa quello che può, si distende al massimo ma ottiene soltanto di rendere ancora più bella la scena. Subisce gol e si sente rovesciare addosso il boato della curva lusitana assiepata dietro di lui, a popolare lo stadio principale della capitale francese, quella che è stata definita “la più grande città portoghese dopo Lisbona”.

Scambio di ruoli

È stato questo il momento sublime della vita di Éder. Ma è anche l’anticamera della perfetta infelicità. Che monta un passo dopo l’altro, alimentata da tutti quelli che non gli perdonano d’essere stato primattore quando invece avrebbe dovuto toccargli il ruolo di comparsa. E forse Éder capisce subito cosa l’aspetti. Fin dal momento in cui, sul palco, c’è da sollevare la coppa. Il compito non tocca a lui, e ciò è normale perché non è lui il capitano della nazionale portoghese. Ma sarebbe il caso non toccasse nemmeno a Cristiano Ronaldo, che da quella partita è uscito dopo soltanto 25 minuti e per tutta la competizione ha avuto un peso relativo sul trionfo portoghese.
Un minimo di buon gusto consiglierebbe che CR7 se ne stia in seconda fila, e che a sollevare la coppa sia Nani, capitano dal momento dell’uscita del divo dal campo. E invece, in Mondovisione, a alzare il trofeo è il Divo Globale, senza che a qualcuno venga in mente di parlare d’usurpazione. L’arroganza al potere. E Éder? Che ci crediate o no, nelle foto che ritraggono il palco della festa non si vede. Ci sono persino le riserve che hanno giocato nemmeno un minuto durante tutta la competizione. Lui no.
Il vero eroe della notte parigina, colui che ha regalato la gloria a una nazione intera, se ne sta in disparte. E da quel momento in poi gli toccherà sentirsi accusare d’essere lui l’usurpatore. L’eroe abusivo, colui che ha rubato la scena quando avrebbe dovuto esserne soltanto comparsa. E si giungerà a fargli sentire la gloria personale come una colpa, un paradossale fardello da portare in giro per i campi di calcio quasi fosse un peccato di superbia. Facendogli rivedere, attraverso la pellicola della memoria, quel momento sublime come se appartenesse a qualcun altro.

L'esultanza di Eder
L’esultanza di Eder

Bisogna guardare quelle immagini per capire il senso di questa storia, e la radice della perfetta infelicità. Il Vincente Designato che si prende la gloria anche quando non gli spetta perché noblesse oblige. E il Vincitore sul Campo che viene immediatamente invitato a tornarsene in retrovia. Questo è il prolegomeno di un Saggio sull’Ingiustizia Sociale Universale. Un atto d’accusa verso tutti noi, e verso il senso interiore dell’ordine castale. Ciò che ci porta a elevare il Divo al rango di semidio anche quando non ha fatto un cazzo per meritarlo, e che al contempo ci spinge a stigmatizzare gli onesti faticatori qualora azzardino l’atto straordinario.
Ma cosa si sarà messo in testa, quello lì, di fare il fenomeno? Così è toccato a Éderzito António Macedo Lopes, che dopo la notte parigina è tornato a essere il calciatore normale di sempre: un attaccante fisicamente potente ma stilisticamente grezzo, che si sbatte tanto per la squadra ma segna poco. E per chi non gli ha perdonato la sfrontatezza d’essere uscito dalla normalità, è stato gioco facile rimproverargli l’incapacità di mantenere lo standard della straordinarietà. Perché dalla notte parigina in poi Éder è pur sempre colui che ha deciso l’Europeo 2016. E se non si dimostra all’altezza del rinnovato rango, ecco che le critiche feroci ripartono.
Del resto, sin dal giorno dopo il trionfo sono gli stessi portoghesi a parlare di lui come l’Eroe Improbabile. E fra questi ci sono coloro che promuovevano contro di lui petizioni via web. Una di queste si schierava dalla parte di Hugo Vieira, cannoniere con la maglia della Stella Rossa Belgrado, e invitava a far simulare un infortunio del ragazzone della Guinea Bissau per far convocare agli Europei il bomber del campionato serbo (http://peticaopublica.com/pview.aspx?pi=PT81175).
E ancora un giorno prima della finale parigina, c’erano dei buontemponi che lanciavano la petizione per convocare “um civil” (cioè, una persona qualsiasi) al suo posto (http://peticaopublica.com/pview.aspx?pi=PT81164). I firmatari risultano essere 828. Dopo il gol del trionfo parte la contro-campagna, con una serie di spazi web utilizzati per chiedergli pubblicamente scusa (http://desculpaeder.com/). Ma col passare delle settimane ecco il revisionismo. I nemici di allora che non gliel’hanno ma i perdonata, i perplessi di ritorno, e gli esteti che sono una lobby infestante. Tutti contro l’attaccante maldestro che ha osato prendersi la gloria.

L’odio per aver rubato la gloria

Perché tanto odio? Se lo sarà chiesto ripetutamente, sia prima che dopo. Una risposta non è riuscito a darsela. Però non ha avuto difficoltà a parlare di se stesso. E della sua vita difficile, spesa a guadagnarsi la sopravvivenza e la dignità mentre molti coetanei si godevano l’età della spensieratezza. D’una parte di tutto ciò si sapeva. Dell’infanzia trascorsa in collegio prima a Braga e poi a Coimbra, per esempio. Molte altre cose le ha raccontate durante un’intervista rilasciata pochi giorni dopo il trionfo parigino. Una lunga confessione in tv (http://www.xicapenico.org/2016/07/16/video-completo-alta-definicao-com-eder-17-julho-2016/), durante la quale ha messo in pubblico tutto il resto della storia.
L’arrivo in Portogallo assieme alla madre, all’età di tre anni. E successivamente l’approdo in Portogallo del padre, che lo prende con sé ma poi lo scarica in collegio quando lui ha soltanto cinque anni e ancora adesso si chiede il perché di quell’abbandono. E infine il fatto che, da quando Éder ha 12 anni, il padre si trova nelle carceri inglesi con l’accusa di avere ucciso la sua compagna. È ancora lì, e il ragazzone della Guinea Bissau va a trovarlo quando può.
Una storia durissima da stare a sentire. Figurarsi viverla. E a uno che ha passato tutto questo, cosa volete che freghi delle petizioni, delle accuse d’usurpazione, e del malanimo che continua a strisciargli intorno? Incassa e accetta tutto, e ringrazia il suo dio d’averlo reso forte e fatto arrivare a una vita dignitosa. Rispetto alla quale la gloria della notte parigina è una luce meravigliosa che non deve diventare abbaglio. Lui sa quale sia la sua dimensione, E sa pure che l’essere andato oltre per un attimo non gli verrà perdonato finché campa. Quel momento di gloria è stato l’infelicità perfetta, quando per lui la felicità è sempre stata la conquista della normalità quotidiana.
Del resto, casomai se ne dimenticasse, a ricordargli questo stato delle cose ci pensano i francesi. Che, come insegna Paolo Conte, s’incazzano senza requie quando le buscano in casa. E può anche passare se si viene matati da un Cristiano Ronaldo. Ma da un Éder, quello no. Non si può accettare di perdere per mano di uno così. Perciò lo fischiano in tutti i campi che visita con la maglia del Lille. Come se fosse un infame. Lui i primi tempi se ne lamentava, ma adesso ci ha quasi fatto l’abitudine (http://rmcsport.bfmtv.com/mediaplayer/video/coupe-de-france-eder-c-est-fatiguant-d-etre-siffle-920033.html). Vista da fuori, ci si chiede come sia possibile prendersela con uno così. Éder si limita a un’alzata di spalle. Le sofferenze sono altre, e pure i motivi per odiare. E lui in vita sua non ha odiato mai.