Un talento alieno, proveniente da un altro universo sportivo e in grado di sbalordire il mondo con la sua classe in entrambi gli sport
Talento precoce
Bruno Conti è stato forse stato uno dei talenti più cristallini del calcio italiano, nasce a Nettuno, patria italiana del baseball. È proprio questo il primo talento del piccolo Bruno. Fin da subito viene segnalato a delle società americane che vedono in lui il nuovo Joe Di Maggio, il padre però non lo lascia partire: “Deve prima finire di studiare”. È questo il momento in cui la sua carriera vira definitivamente sul calcio, dei dirigenti della Roma si pentono di averlo scartato e lo richiamano.
Una carriera ai vertici
È l’inizio di uno dei più importanti legami calcistici di tutta la serie A. 16 anni alla Roma da giocatore lo porteranno ad avere un palmares d’eccezione: 1 campionato, 5 coppe Italia e una finale di Champions League persa contro il Liverpool nell’84. Ma intanto l’inizio è difficile.
Bruno è quasi spaventato dagli altri giocatori, più alti e grossi e con dei visi che sembrano quelli di bestie feroci. È Liedholm che lo illumina, il suo maestro. Gli insegna non aver paura della palla, a dribblare gli avversari invece che scappare dalla palla e a non aver mai paura di farsi avanti.
I risultati si vedranno poco dopo, quando il piccolo Bruno diventerà il punto di riferimento del Genoa prima e della Roma dopo, ma soprattutto della nazionale.
Si perché nell”82 viene convocato da Bearzot che vinse con Rossi capocannoniere. A vincere poi il pallone d’oro fu il già citato bomber italiano, Bruno però si aggiudicò i complimenti da parte di Pelé e un quinto posto in graduatoria forse mai nemmeno sognato anni prima, quando sembrava troppo basso e gracile per il calcio.
La storia in movimento
Dopo il ritiro il gioiello di Nettuno si dedicherà allo sviluppo del settore giovanile romanista, portando a Trigoria giocatori del calibro di Totti, De Rossi e Daniele Conti. Un altro mitico discendente di Nettuno per continuare una dinastia di campioni, stavolta però a Cagliari, città che ha adottato Daniele, elevandolo a simbolo. Questa però è un’altra storia. Bruno si ritirerà definitivamente nel 2016, diventando addirittura ambasciatore del club capitolino.
Un nettuniano come ambasciatore, per un alieno del pallone che ha conquistato il mondo, partendo dal baseball per arrivare il calcio, nulla l’ha fermato e siamo sicuri che i traguardi non finiranno qui. Auguri Bruno