Cari aspiranti giocatori cominciate a cancellare dalla lista dei desideri McDonald’s e Burger King, nella dieta di un calciatore professionista non si sgarra

Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, ha postato su un proprio profilo social una frase famosa di un filosofo per rendersi più figo e acculturato. Non le riesco a vedere ma già mi immagino la foresta di braccia alzate. C’è chi addirittura, col “Panta rei” di Eraclito, ci ha vinto un festival di Sanremo proprio poco tempo fa. Insomma i filosofi si rivolteranno nella tomba per l’utilizzo che facciamo del loro pensiero, mentre le nostre professoresse si staranno chiedendo cosa hanno sbagliato con noi al liceo. Anche io non voglio essere da meno, così, oggi, disturberò una vecchia conoscenza della sinistra hegeliana, colui che ispirò Engels e Marx, sto parlando di Ludwig Feuerbach. Quest’uomo barbuto nato in Baviera nei primi dell’800 è ricordato per la frase “l’uomo è ciò che mangia”, una frase che nel calcio è diventata una teoria scientificamente provata, dato che la dieta è parte della formazione di un giocatore proprio come confermano i nutrizionisti sportivi.

Per nutrire i giocatori, Conte si affida alla sua Ancora di salvezza

Nutrizionisti che prima di indossare il camice bianco, hanno addirittura messo gli scarpini ai piedi, proprio come Tiberio Ancora, un passato da difensore, un presente da personal trainer specializzato in alimentazione, recupero muscolare e idratazione cellulare, che affianca Conte dai tempi della Vecchia Signora. Se per il mister salentino la ricetta vincente è il 3-5-2, per Ancora invece è pane o pasta, frutta e verdura a volontà, carni esclusivamente bianche oppure pesce. Un menù vario ma soprattutto vincente, come testimoniano anche i numerosi traguardi raggiunti dalle squadre di Conte.

Cosa mangia un calciatore
Cosa mangia un calciatore

I Plasmon di Super Pippo

Quello che però è passato alla storia come il maniaco della sana alimentazione durante la sua carriera sportiva è Pippo Inzaghi, un giocatore dotato di un fisichino smilzo che lo rendeva aerodinamico nella fuga verso la porta per buttarla sempre dentro, senza mai sbagliare, nemmeno per scherzo. Egoista con la palla come con i Plasmon, ne svuotava intere confezioni affermando che, come i suoi gol servivano al Milan, a lui servivano quei biscotti. Ma gli alimenti da poppanti non erano il solo segreto di Super Pippo che mangiava pasta bianca macchiata di sugo e bresaola sia a pranzo che a cena; un calvario gastronomico lungo una vita. Una dieta regolare come regolare era la sua digestione, infatti, prima di ogni partita, era solito regalare ai suoi compagni aromi pre-gara degni della miglior eau de toilette.

Alla scoperta del girovita di Cassano, dal suo passato XXL fino ad oggi

Ma se al mondo c’è posto per un Inzaghi, c’è posto anche per un massiccio Cassano, che in passato pesava tanti chili quanto il numero delle donne che ha avuto, e che tutt’oggi, nonostante abbia messo la testa a posto dopo il periodo in maglia blucerchiata, non è proprio un figurino. Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere mentre casino, cibo e sesso a Fantantonio lo hanno fatto fesso ai tempi del Real, quando arrivò a pesare novantacinque chili, ben dodici in più rispetto al peso forma. Una condizione fisica inaccettabile che lo fece passare da “Peter Pan” , come veniva chiamato agli inizi di carriera, a “El Gordo”. El pibe de Bari Vecchia ha ammesso di aver speso in schifezze dai duecento ai cinquecento euro tutte le volte che giocava col Real in casa. Cibo che rapidamente si trasformava in grasso, che non ha tolto il talento al giocatore ma, sicuramente, il fiato e lo scatto. Ora anche per lui il menù è sempre quello: frutta, verdura, pasta, pesce e pollo alla griglia, tutto con moderazione.

Cosa mangia un calciatore
Cosa mangia un calciatore

Diete personalizzate: da chi si affida al “veganesimo” fino a chi si rifà all’età della pietra

Ma questa dieta non sembra essere l’unica per garantire un buon rendimento sul campo. C’è chi segue anche orientamenti alimentari a passo con i tempi come il difensore del Maccabi Petah Tikva, Carlos Cuellar, scopertosi da poco vegano, che si alimenta cinque volte al giorno a suon di semi, tofu, riso, frutta e verdura. Qualcuno invece a passo con i tempi non lo è per niente e segue una dieta molto fuorimoda, definita dagli esperti “paleolitica”; stiamo parlando del difensore spagnolo dell’Alves Marcos Llorente, un giocatore che non si nutre di mammut o tigri dai denti a sciabola, ma semplicemente di alimenti esclusivamente bio, senza conservanti, zuccheri o grassi.

Che poi non è tutta sta dittatura, l’importante è cambiare sempre

Una vita dura quella del calciatore con le gambe sotto al tavolo, tanti precetti e nessuna trasgressione. Mai una gioia, direbbero i teenagers. Invece no, perché gli uomini di Sarri, a parte brioche, creme, cioccolato, salumi, insaccati e formaggi, possono permettersi tutto, persino la pizza salsiccia e friarielli con cornicione ripieno, tipica napoletana. Non sembrano essere gli alimenti in sé il problema delle diete dei calciatori, quanto invece le quantità e la varietà; quest’ultimo fattore giocò un brutto scherzo alla nazionale italiana 1966, quella umiliata dalla Corea parte prima. Mentre i brasiliani si riempirono di potassio mangiando banane in grande quantità, gli azzurri mangiarono per trentotto giorni consecutivi sia a pranzo che a cena lo stesso menù: riso in bianco, spinaci lessi e bistecca, senza mai cambiare nemmeno una volta. Da chi siamo stati eliminati in quel mondiale, dal dentista coreano o dal cuoco italiano? Il calcio non è più una questione di cuore, ma di pancia, anzi di stomaco; non importa solo avere un buon allenatore in panchina, serve anche un buon chef in cucina.