“Ho scelto come unico mestiere quello che avrei fatto gratis. Ho giocato, alleno da una vita, non sono qui per caso. Mi chiamano ancora l’ex impiegato. Come fosse una colpa aver fatto altro.”

Maurizio Sarri, attuale tecnico del Napoli, è stato insignito ieri della “Panchina d’Oro”, che premia il miglior allenatore dell’anno in Italia. Raramente abbiamo visto vincere questo premio ad allenatori che non avevano vinto il campionato con la loro compagine, ma mai come ora questa onoreficenza è più che meritata.
Non solo perchè Sarri è riuscito a portare la sua idea di gioco dalle provinciali fino alla Champions League, ma perchè Maurizio oltre ad essere un professionista esemplare, ama profondamente il calcio. Ma non quello di adesso, sempre più “Show & Money”, no. Sarri si è innamorato del calcio quello vero, quello puro, quello viscerale, quello che riunisce ancora adesso folle di nostalgici, e non ha mai smesso di amarlo.  Perchè Sarri è l’ultimo dei romantici.
Basta guardarlo scendere in campo per comprendere le mie parole. Uno dei pochi allenatori che nell’area tecnica ci va con la tuta della squadra. Una piccola cosa, diranno alcuni. Quella tuta che ora svilisce se paragonata ai completi firmati indossati dai colleghi, è la stessa che indossava quando allenava in provincia, la stessa che tutti noi abbiamo visto indosso ai nostri mister di seconda categoria. La “Tuta di Rappresentanza” dal valore simbolico incredibile, con cui  l’allenatore è pronto a scendere in campo con noi, a calciare un pallone, a buttarsi nel fango, a correre sotto la curva se serve. Senza un abito che faccia da impedimento o che ponga una barriera netta, almeno visivamente, tra l’allenatore e i suoi ragazzi.

Maurizio Sarri
Maurizio Sarri

E poi quella sigaretta sempre in bocca nei momenti più tesi del match. Ricorda tantissimo il proverbiale sigaro di Lippi, e nonostante possa sembrare solo un dettaglio, ha anch’esso un grande significato. Come a dire: “Il momento è decisivo e io sono tesissimo. Sto soffrendo come i miei giocatori in campo e provo a combattere questa sensazione con una/due/tre sigarette”. Non c’è bisogno di pensare alla propria immagine, non c’è motivo di ostentare un self-control impeccabile. C’è da soffrire insieme ai propri giocatori, fumando nervosamente tra un richiamo e l’altro.
Ricordiamo tutti inoltre quell’uscita infelice di Sarri contro Mancini. Non è certo stata una mossa geniale o da prendere ad esempio. Eppure ha dimostrato per l’ennesima volta quanto vulcanico e passionale sia l’allenatore del Napoli nel mondo del calcio. Perché è vero che è stato montato un caso mediatico esagerato. Come è vero che Sarri ha sbagliato a dire certe cose. Ma tutte le persone di calcio, come me e come voi, in quella occasione hanno pensato che in realtà non c’era nessuno scandalo o nessun caso da montare. Sono cose che sentiamo tutte le sante domeniche, se non di peggio, nei campi che calchiamo.
L’importante è seguire la fondamentale regola non scritta che dice che “Tutto ciò che succede in campo, rimane in campo”. Fuori dal rettangolo di gioco siamo amici come prima, anche se in partita ti ho dovuto randellare per 65 minuti perchè eri troppo forte nell’1 VS 1. Sarri è questo. Rappresenta tutto ciò che c’è di buono e spontaneo nel calcio quello vero. Quello che sin da bambini ci fa battere il cuore e ci fa crescere.

Maurizio Sarri
Maurizio Sarri

Per concludere, Sarri è lo stesso mister che è riuscito a far rendere al massimo le sue squadre, fossero esse l’Alessandria, l’Empoli o il Napoli. Un allenatore che è riuscito a lanciare talenti come Rugani, Diawara e Zielinski, e di far rinascere fenomeni che venivano da brutte stagioni come Reina e Koulibaly. Senza sottolineare che nelle sue squadre la prima punta segna sempre senza sosta, che sia Higuain, Maccarone o Mertens. Si segna e si fa bel gioco. A volte anche subendo, ma non certo quanto lo fanno le squadre di Zeman.
E’ per tutte queste ragioni, oltre alla sua smisurata preparazione come tecnico (Gioco spettacolare e offensivo, triangoli stretti, pressing alto, squadra corta, uso magistrale delle fasce, 68 reti all’attivo, migliore attacco della stagione) che Maurizio Sarri ha vinto la Panchina d’Oro. Un premio che si è meritato come allenatore, come uomo e come ultimo romantico di un calcio che ormai sta scomparendo sempre più.