“I grandi amori non finiscono mai. Fanno dei giri immensi e poi ritornano”. L’arte a volte è utile per giustificare l’imponderabile. Questa volta no. Perché salvo clamorose svolte, il Milan targato Silvio Berlusconi è passato di mano. In modo irreversibile. L’imprenditore che ha cambiato il mondo del calcio, dopo 30 anni eccezionali in cui ha rilevato una squadra sull’orlo del fallimento e l’ha portata a dominare su tutte le altre, ha venduto la sua creatura ai nuovi padroni dell’economia globale.
I cosiddetti “cinesi”, così definiti dalla vulgata in modo molto spartano. Ma non stiamo parlando del passaggio di proprietà di un bar o una rosticceria. Qui il “bottino” è la squadra che, fino a pochi anni fa, vantava di essere la più titolata al mondo. Sicuramente l’italiana maggiormente riconosciuta all’estero (nonostante le recenti disavventure) e guidata dall’uomo che per più generazioni ha rappresentato, volenti o nolenti, il fulcro di un intero paese. Nella comunicazione con tv e giornali e in politica con Forza Italia. Tralasciando tanto altro, per esigenza di sintesi.

E’ vero che non si tratta di una novità. I cugini nerazzurri hanno già sperimentato il cambio epocale dalla famiglia Moratti a quella Jindong, magnate del gruppo Suning. Certo è che i tempi in cui si sono svolte le trattative sono stati diametralmente opposti. Se l’Inter, dopo un breve interregno indonesiano di Erick Thohir, ha iniziato a parlare in mandarino e a programmare il futuro, il Milan ha vissuto un lungo calvario, durante il quale i tifosi si sono chiesti più volte: “Vuoi vedere che ci stanno tirando il pacco?”. In realtà ancora molti se lo domandano, a ragion veduta. In attesa di saperne di più, non resta che la nostalgia. Un sentimento nobile, troppe volte bistrattato, ma che nel calcio è parte integrante della magia che ruota intorno a questo sport.
Era il 20 febbraio 1986 quando Silvio Berlusconi rilevò il club rossonero salvandolo dal fallimento. Da allora sono passati 30 anni e i tifosi rossoneri hanno potuto festeggiare la conquista di 28 trofei e, in particolare, 8 scudetti e 5 Coppe dei Campioni. Trofei conquistati grazie a fenomeni che hanno fatto la storia. Da Franco Baresi a Paolo Maldini, da Marco van Basten a Kakà, da Ruud Gullit a Zlatan Ibrahimovic. E poi Dejan Savicevic, Andrea Pirlo e Alessandro Nesta.
In panchina altrettanti fuoriclasse. Su tutti, il rivoluzionario Arrigo Sacchi e il super vincente Fabio Capello che hanno firmato il periodo tra la fine degli anni ‘80 e la metà degli anni ‘90. Dopo l’exploit di Alberto Zaccheroni (1998-1999) e un paio di stagioni in sordina, con Carlo Ancelotti in panchina il Milan tornò al top in Italia e in Europa. L’ultimo squillo tricolore nel 2011 firmato Massimiliano Allegri, tecnico vincente prima della discesa rossonera.

Non si può, in ogni modo, vivere di soli ricordi. E così, andiamo a conoscere i dettagli di un accordo atteso da quasi un anno. Proprio oggi le firme. L’a.d. di Fininvest Danilo Pellegrino ha sottoscritto il passaggio di proprietà delle azioni in mano a Silvio Berlusconi, il 99,93% del capitale sociale. Il notaio Giacomo Ridella non ha ancora autenticato la firma, passaggio formale decisivo, ma si può dire: intorno alle 14 del 13 aprile 2017, il Milan ha chiuso ufficialmente l’era Berlusconi. Con tanto di comunicato ufficiale, foto e brindisi.
Contestualmente è arrivato il versamento degli ultimi 190 milioni previsti da un conto in Lussemburgo: il Milan è costato 520 milioni, più 80 per la gestione del 2016-17. Sono stati necessari otto mesi, tanti rinvii e un prestito dal fondo Elliott di 303 milioni – solo 180 destinati al closing – per chiudere la trattativa più romanzesca degli ultimi anni di calcio italiano.

Il mistero, però, non è certo svelato. Rimane ancora da spiegare come Li Yonghong, nuovo numero del club – sempre vestito in maglietta bianca e giacca blu – sia riuscito a racimolare una cifra così considerevole (pari al suo intero patrimonio personale). Il Milan, passando da Fininvest alla Rossoneri Sport Investment Lux ha solo spostato l’attenzione di cronisti e analisti.
Si tratta di una società a guida cinese che, si è saputo, non potrà contare solamente sullo yuan come valuta, a differenza di Suning che detiene interamente l’Inter. Oltre al paese del Dragone, infatti, partecipano il fondo d’investimento americano Elliott e la holding Project RedBlack sarl (controllata dalla Blue Skye Financial Partners Sarl).
Tutti dettagli importanti, per l’amor del cielo. Ma non decisivi. Perché quando i tifosi rossoneri domani si sveglieranno, siamo certi che non penseranno in quale lingua parla il presidente o dove trova i soldi per mandare avanti la società. Si chiederanno, invece, se la domenica allo stadio la loro squadra del cuore scenderà in campo con calciatori in grado di fargli dimenticare una settimana di lavoro e di far sognare i loro figli che, un giorno, in quel rettangolo verde ci possano essere proprio loro.