Se non le conosci al meglio rischi di perderti. Di non trovare più la rotta, di vederle tutte uguali. Quelle strade che tagliano il Delta del Po e la provincia di Ferrara sembrano un dannato labirinto. Dove anche il pallone acquista direzioni strane, inaspettate.

Ma non è il vento a confondere le idee. A tracciare traiettorie senza logica apparente. Nemmeno la nebbia che nei mesi di autunno non può mancare. La Spal ha imboccato vie sempre nuove, quasi fosse scritto in quello stemma bianco e azzurro da più di cento anni.
Vie che prendono il nome di Ottavio Bugatti, passato da Seregno a Ferrara prima di entrare in nazionale. Di Oscar Massei, scaricato dall’Inter e diventato il condottiero di una cavalcata fino al quinto posto in serie A.
Serie A. Quella che manca alla Spal da sessant’anni. Tanti, tantissimi. Anche troppi per una piazza che si è risollevata da due fallimenti. Che ha visto passare campioni del mondo e stagioni anonime, che ha toccato il fondo ma ha saputo rialzarsi. E che oggi si ritrova ad un passo dalla porta della massima serie. Nella via della cadetteria dove ogni fermata può costare cara, dove ad ogni angolo si nasconde un’insidia.

Fate pure il verso ad un altro romanzo confezionato in provincia, lontano dalle luci della ribalta. Un testo scritto da Mirco Antenucci che aveva cercato fortuna al Leeds, ritrovandola in patria.
Un testo con in calce la firma di Gianmarco Zigoni.
Che avrebbe potuto titolarlo «Redenzione». L’espiazione di un peccato lontano sessant’anni.
Il peccato di un altro Zigoni, Gianfranco. Che ora il figlio si ritrova a cancellare a suon di gol.
Redenzione.
Perché Gianfranco Zigoni ne avrebbe parecchie di cose da farsi perdonare. Da quelle squalifiche che macchiavano i suoi campionati, da quelle regole scritte a tavolino in barba all’arbitro e al buon senso. Pensava di essere il calciatore più forte sulla terra, Zigogol, un attaccante anche più forte di Pelè. Che lo affronta in amichevole con la maglia della Roma.

Gianfranco Zigoni in panchina con la pelliccia

La perla nera si fa parare un rigore: un sollievo per Gianfranco che nel brasiliano aveva visto i riflessi della divinità calcistica. Un rango che Zigoni pensava dovesse spettare soltanto a lui. Ad un attaccante arrivato dalla provincia che poteva permettersi anche di restare in panchina con pelliccia e panama. Un giocatore tanto fantasioso quanto scostante, un’ala capace di saltare l’uomo o di prenderlo a pugni. Magari anche nella stessa partita.
Avrebbe da farsi perdonare quel gol che il 12 maggio del 1968 condannò la Spal all’onta della retrocessione. Spal-Juventus 0-1 e fine della storia. Addio serie A.
Redenzione.

Gianmarco e Gianfranco Zigoni

Perché tocca a Gianmarco espiare i peccati del padre. Quasi fosse un dovere morale verso quella squadra che potrebbe riportarlo in A, magari ad affrontare il Milan che l’ha visto crescere prima di spedirlo in provincia.
Forse senza un biglietto di ritorno, forse no. Senza magari aver creduto fino in fondo in quel figlio d’arte. Senza avere in visto in lui la scintilla del campione.
Redenzione. Dal peccato del padre. Con un gol che ancora deve arrivare.