Monaco è un posto strano, ma strano strano, dove bellezza e ostentazione, arroganza e leggerezza, e un non so che di proibito nascosto e protettivo diventano un flusso unico.
Lusso. Palazzi a più piani. Entri da sotto, prendi l’ascensore e finisci tre livelli più in alto. Una città fatta a strati. Piccola ma piena, di barche, di eventi. Di persone: un mix di russi, tamarri arricchiti, improbabili (nell’ascensore del Fairmont ho trovato un uomo con calzino bianco e ciabatte Adidas, come se invece di andare a fare colazione sul rooftop dovesse scendere le scale di casa) e donne così in tiro che non ti guardano. Non è che non guardano me. Proprio non guardano da nessuna parte, o almeno così sembra.

La sicurezza, con uomini che impugnano spade laser
A corredo ci sono gli uomini della sicurezza, abito nero e metal detector tenuti come spade. Non si entra, se non si viene scannerizzati. Manco per andare a fare la pipì in un bar. Figuriamoci nei Casinò. Ecco, i Casinò. Quelli da 17 euro solo per entrare, in location dove ci vengono addirittura ambientati i cartoni animati (Madagascar, anche) e quelli in cui pure la noia e la tristezza assumono caratteri estetici valevoli, impersonificati da signore stanche con vestiti lunghi da sera ma abbastanza larghi sui fianchi per nascondere le forme oramai andate, lo smalto rosso e le rughe accentuate da sorrisi scarni per vincite irrisorie al tavolo della roulette, così irrisorie da illuderti prima di farti tornare a una vita reale tutto sommato mediocre, in Italia, senza nemmeno più la sciarpa della semifinale al collo.
In un tavolo di questo Casinò da disperati ci sono Viviano e Cigarini della Samp. Giocano a Black Jack. Anche loro stanchi, annoiati, nel mood di questo locale che avvolge chiunque entri qui dentro.
Lo stadio contribuisce a implementare la sensazione di stranezza perché è un palazzo tra i palazzi. Da fuori potresti scambiarlo per un condominio.
Quando i tifosi dicono Monaco! Monaco! mi sembra di sentire Taranto Taranto, ma questa è un’altra storia. Il Louis II è di appena 19mila posti, ma è molto caldo, vicino, qui la poca capienza fa chic, non terza serie, come sarebbe in Italia. Mi sembra di esserci già stato ma dopo un po’ capisco perché: assomiglia agli stadi visionari di Dream Soccer League. Credevo se li fossero inventati e invece no, i programmatori devono essersi ispirati al Louis II. Colonne tondeggianti, archi sulla curva degli ospiti, copertura delle tribune che sembrano un’opera futuristica.

La Juve va detto riconosciuto e ribadito è pazzesca
È pazzesco come tu guardi una partita e Allegri ne guarda un’altra, per esempio.
Lo vedi dalle indicazioni che dà ai giocatori.
Dalle tribune d’onore ti accorgi di queste cose. Di cosa ha fatto Dani Alves per il primo gol di Higuain e del fatto che nessuno – nessuno – abbia inseguito Higuain sotto la curva ma tutti siano andati ad abbracciare lui. Di come Buffon sia decisivo. Non solo per le parate decisive nel momenti decisivi, ma per quanto parla in campo. Di quanto corra Mandzu e di quanto Mbappe paia un incrocio geneticamente modificato tra Zidane e Trezeguet.
Allegri non esulta mai. MAI
Fa gol Higua, il secondo, e lui richiama Chiellini e Pjanic, Higua abbraccia tutti uno a uno in panca e Allegri non lo caga nemmeno perché deve urlare chissà cosa a Dani Alves.
Chi dice che la Juve si difende mmmmm non lo so, qualche ripetizione di calcio moderno dovrebbe prenderla. La Juve non si difende, la Juve interpreta. Velocizza rallenta verticalizza o controlla a seconda della situazione, ha giocatori che si prendono tutta la responsabilità possibile in qualsiasi momento si trovino la palla tra i piedi.
E poi è intensa. È fitta. È veloce e concreta come i giochi di gambe di Dybala, poche balle.
Pjanic e Dybala hanno l’87 per cento di passaggi riusciti, Marchisio e Bonucci l’86. Nessuno sotto il 64 per cento.
Concludendo. Le cose che si imparano:
– Bisogna sempre saper interpretare i momenti e le situazioni
– Prendersi tutta la responsabilità possibile quando tocca a te
– Guardare da un’altra parte, più in profondità, su un altro livello
Le tre lezioni della Juve e di Max Allegri viste da vicino in quella riccanza di russi, yacht ormeggiati, fighe stanziali o di passaggio che è Montecarlo.
