Tutto il mondo è paese e in ogni città dove si gioca un derby, dalla laboriosa Milano fino alla storica Roma,  il clima è sempre quello: teso, violento, discriminatorio. Nessuna eccezione, nemmeno a Torino, che sabato sarà chiusa per il 193° Derby della Mole

Vi siete mai chiesti cosa hanno in comune la Madonnina di Milano, la Lanterna di Genova, la Mole di Torino, il Cupolone di San Pietro e lo stemma della famiglia Della Scala di Verona? Sembra la tipica domanda a bruciapelo che vi faceva la vostra professoressa di storia dell’arte, ma in realtà non era mia intenzione farvi riesumare i vostri impolveratissimi libri di scuola risalenti a quel periodo preistorico a cavallo tra Paleolitico e Neolitico, meglio conosciuto come liceo. Sì, perché questi monumenti non sono accomunati da uno stile artistico, ma da un derby calcistico.
Chiariamo subito che derby non è solo una famosissima marca di succhi di frutta, ma un termine inglese che, come la maggior parte dei termini inglesi, ha mandato in pensione un vocabolo italiano, e che in ambito sportivo viene utilizzato per contraddistinguere alcuni eventi che rivestono particolare importanza. Particolare importanza non rende l’idea, forse è meglio parlare di una vera e propria questione di vita o di morte, perché le “stracittadine” , questo è il loro nome nostrano, accendono le più grandi rivalità di borgata tra i tifosi di due squadre della stessa città.
Io vengo da Genova, una città dove il clima derby è così percepibile che persino i parroci, i medici e le forze dell’ordine, chiudono per derby. Essere genoani o doriani non è solo una questione di tifo ma un fattore sociale talmente sentito che addirittura i matrimoni misti tra rossoblù e blucerchiati sono illegali. Genovesi pazzi oltre che parsimoniosi? Non direi, perché lo stesso discorso vale per le altre quattro città: Roma, Verona, Torino e Milano (anche se a Milano le attività non si chiudono nemmeno per Natale).

Anche a Torino è tutta una questione di tifo

Andiamo a Torino, la città di Cavour, della Bagna Cauda e della Fiat, la città che fu la prima capitale d’Italia e che allo stivale ha dato tanto, persino nel calcio, con due squadre storiche: la Juventus e il Torino. Quasi quaranta scudetti in due. La prima nasce nel 1897 da un gruppo di studenti liceali locali e originariamente costituita come una associazione polisportiva; la seconda invece nasce quasi per ripicca nel 1906 nella birreria Voigt di via Pietro Micca, dove alcuni soci sanciscono un’alleanza con l’ex presidente bianconero Alfred Dick, a capo di un gruppo di dissidenti della Juventus, per fondare il Foot Ball Club Torino (vi giuro che non è un errore, football era staccato).
Due società gloriose a partire proprio dai nomi che le hanno caratterizzate, la Vecchia Signora ha avuto diversi uomini: Omar Sivori, Giampiero Boniperti, Dino Zoff, Gaetano Scirea, Roberto Baggio e l’eroe di Monaco Gigi Buffon; mentre il Toro è stato domato da Valerio Bacigalupo, Valentino Mazzola, Luigi Meroni, Paolo Pulici, Ciccio Graziani, Rolando Bianchi e attualmente dal gallo Belotti. I derby tra le due squadre torinesi iniziarono a essere disputati nel 1907; il primo incontro, datato 13 gennaio e andato in scena sul campo del Velodromo Umberto I, rappresentò anche la prima partita ufficiale giocata dal Torino, vittorioso per 2-1.
Le cronache di quella prima sfida narrano di un gustoso aneddoto: per “vendetta” qualcuno riuscì a chiudere a chiave Dick negli spogliatoi, costringendolo così a intuire l’andamento del match dai commenti del pubblico presente alla partita. Da allora la stracittadina torinese ha sempre caratterizzato il calcio italiano, mancando all’appello solo tredici volte a causa delle dodici stagioni tra i cadetti del Torino e della retrocessione inflitta alla Juve per lo scandalo scommesse del 2006.
Nonostante si parli di due squadre nate e cresciute nel capoluogo piemontese, la Juve ha fatto del Meridione il suo più grande fan club, dopo che nel periodo del miracolo economico, arrivarono dal Sud tantissimi operai per lavorare nella Fiat degli Agnelli, e quindi tifare Juve non era solo una questione di origini o di cuore, quanto una questione di convenienza dato che era “la squadra del padrone”. Di conseguenza il Torino, dato il suo ruolo di “bastian contrario”, decise, nello stesso periodo, di diventare la rappresentante calcistica della piemontesità.

Juve favorita, ma attenta a non svegliare il Toro che dorme

Il derby della Mole confronta due idee di calcio che riflettono lo stile di gioco caratteristico della regione: “l’orgoglio gobbo” contro il “cuore” o “tremendismo” granata, come dimostrano due simpatici precedenti, uno per parte, giusto per mantenere la par condicio. 14 ottobre 2001, il Toro, in svantaggio per 0-3 all’intervallo, rimontò fino al 3-3, approfittando anche del calcio di rigore fallito nel finale da Salas, che sarebbe valso la vittoria juventina, per via di una “buca” scavata di soppiatto da Maspero sul dischetto. Per i bianconeri invece rimane nella memoria la partita di ritorno della stagione 2001-2002, in cui Maresca festeggiò il gol del definitivo 2-2 mimando irriverentemente, a mo’ di scherno, le corna di quel toro rampante simbolo del club granata ed esultanza tipica dell’allora capitano torinista Ferrante.
Dispetti a parte, lo storico dei risultati gira a favore dei bianconeri che hanno dovuto soccombere ai cugini solo in determinati periodi storici: tra il 1912 e il 1914, quando il Torino della famiglia Fino vestì la Juventus di un pesante cappotto fatto di ventitré reti in tre incontri; nel periodo del Grande Torino di Valentino Mazzola; e nei rivoluzionari anni settanta che permisero al Toro di vincere quattro derby consecutivi, record assoluto granata. Il resto della storia è tutto di marca bianconera, che approfittando anche di una società troppo spesso in crisi, ha razziato la stalla del Toro rampante con risultati troppo spesso tennistici.
La dittatura bianconera finì però con il colpo di stato organizzato da Darmian e Quagliarella che spezzarono il digiuno, più che quaresimale, di vittorie del Torino, durato ben vent’anni e diciassette giorni. Ma la parola ora torna al campo, allo stregato Juventus Stadium che uccide qualsiasi squadra vi entri diversa dalla Juve (eccezion fatta per il mitico Frosinone). Quale sponda torinese avrà l’onore di mettere la bandiera fuori dal balcone? La temibile Juve europea o la patriottica Torino? Higuain o Belotti? Ci vediamo allo stadio sabato 6, Torino è chiusa per derby!