Ci siamo, per i tifosi della Vecchia Signora è scattato il conto alla rovescia con le lancette puntate al  3 giugno, giorno della nona finale che i bianconeri disputeranno nella storia della Champions League. Ma i precedenti – lo sappiamo tutti – con due sole finali vinte su otto disputate all’attivo, non sono dei migliori.

Ed ecco allora affollarsi nelle menti dei gobbi, vecchi fantasmi e rimembranze infantili, pronte a togliere il sonno e a folgorarvi con accessi e palpitazioni improvvise, impossibili da controllare anche sul posto di lavoro, dove ormai nemmeno la donna delle pulizie ignora il vostro credo calcistico, dopo che avete chiuso l’ufficio martedi scorso con l’inno della Champions a tutto volume, giusto per caricarvi un momento prima della semifinale di ritorno.
Ed ecco allora per voi una carrellata delle caratteri tipici che riscontrerete da qui a tre settimane nei vostri amici juventini che inevitabilmente troverete sulla vostra strada, giusto per sapere a cosa andate incontro e a come compatirli, anche se non sarà necessariamente la stessa Road to Cardiff a unirvi nel sodalizio.

Lo scaramantico

“Dunque, con il Monaco eravamo a casa di Marco, tu stavi a sinistra e al momento del gol Luca era in cucina a stappare le birre, per cui stessa formazione che squadra vincente non si cambia”. Lo scaramantico si prepara all’incontro della vita con un sforzo mnemonico sovrumano. Non c’è più spazio per equazioni, numeri di telefono, appuntamenti o nuove nozioni da assimilare. Al lavoro apparirà lento, impacciato e in perenne hang-over. Tranquilli, non si sta sbronzando tutti i giorni, ha solo le sinapsi intasate nello sforzo supremo di ricostruire i precedenti minuto per minuto. Per lui, nella sua infinita umiltà, basterà un gesto sbagliato la prossima volta a casa di Matteo per condannare la Juve lontana diverse migliaia di chilometri all’ennesima beffa.

Il prudente

Alla prima occasione del Monaco, martedi urlava a tutto il pub: “Questi ci fanno neri”. Al palo su cross teso dei francesi nel primo quarto d’ora aveva più prove lui dell’avvicinarsi di una sconfitta eclatante di quanto non ne avesse San Tommaso per dimostrare l’esistenza di Dio. Sul 2-0, mentre tutti gli altri gozzovigliavano festanti ad hamburger e birra, lui era l’unico a digiuno con il groppo alla gola e lo stomaco in barca, ammonendo tutti: “Guardate che non è finita”. Se la Juve dovesse trovarsi avanti di tre gol a Cardiff a due minuti dalla fine, lo riconoscereste tra mille in mezzo al pubblico dello stadio. Quello raggomitolato su se stesso e ondulante sulle ginocchia che nemmeno Rain Man quando volevano impedirgli di tornare a Cincinnati per comprare le mutande da K-Mart.

Il prete

Sulle tragedie non si può certo scherzare, ma prenderle sul serio significa anche avere il buon gusto di non usarle come strumenti per giustificare una sconfitta sportiva. Eppure tutti avranno contezza del loro conoscente moralista pronto, da 30 anni a questa parte, a rivangare ad ogni finale della Juve in Champions, la tragedia dell’Heysel e quella vittoria tristemente nota per l’indifferenza con cui venne sollevata la coppa dalle grandi orecchie mentre sugli spalti si consumava il cataclisma. Ma potete star tranquilli: saranno gli dei del calcio a decidere, di concerto con i 22 in campo e le loro motivazioni, non certo quello psicopatico del vostro amico che grida alla maledizione peggio dell’oracolo di Delfi.

Il cabalista

Nella sua vita delle ultime settimane ormai, l’unica cosa che conta sono i numeri. Novello Sconcerti in versione digitale, va in giro per la città con lo smartphone fisso su Wikipedia a caccia di precedenti. Il cervello? Perennemente diviso tra due emisferi: quello di destra dice che la Juve, dopo aver passato il turno con il Monaco, non ha mai vinto la Champions. Quello di sinistra, che dall’89 (anno della caduta del muro di Berlino) in avanti, ogni sette anni una squadra italiana vince la Champions e questa finale cade proprio a sette anni dal triplete dell’Inter di Mourinho. Un consiglio: se lo incrociate per strada con gli occhi che roteano vorticosamente, non avvicinatelo con movimenti bruschi. Potrebbe reagire peggio di un sonnambulo credendo di essere attaccato alle spalle da una tigre.

Il riconciliatore

Vi ha rubato la fidanzata e, non pago, ha dato la colpa a voi per la vostra disattenzione nei confronti di lei. Non vi sentite da anni, quando vi incrociate in discoteca, fate il giro largo, ma lui alla fine ci prova sempre e il giorno della Champions, come se nulla fosse, vi chiama e vi invita da lui a vedere la parta. E a questo punto sta a voi scegliere: se essere uomini inflessibili e declinare con pacatezza, iniziare una discussione interminabile su quanto è stato una merda, o piegarvi a una forza che tutti avvolge e annebbia ogni rivalità. Perchè il calcio può essere anche questo: momento sublime di pacificazione, di ritrovo, di sintesi o, meglio, parafrasando Hegel, “la notte in cui tutte le vacche sono (bianco)nere”.