“La storia è scritta dai vincitori”. Niente di più vero. Ma a volte non basta essere i più forti per vincere ed evitare di cadere dell’oblio. Proprio per questo ci sono storie di uomini e di squadre fenomenali che pochi conoscono. Questa è una di quelle.

I Magici Magiari

Questo racconto parte con un piccolo ripasso di storia. A Budapest, il calcio approdò negli anni 90 dell’800 e subito diversi club videro la luce. L’MTK nel 1898 e il Ferencvaros nel 1899. Grazie a questo, il movimento calcistico della scuola danubiana iniziò a crescere fino a poter permettersi di creare una nazionale propria. La prima partita della nazionale Ungherese è contro l’Austria nel 1902. Finì 4-0 per l’Austria, dando vita al primo storico derby austroungarico e ad una rivalità che continua tra queste due squadre fino ai giorni nostri. Piccolo Flash Forward. L’Ungheria raggiunge la prima storica finale mondiale nel 1938, disputatosi in Francia, venendo sconfitta però dall’Italia. Gli azzurri in quel torneo conquistarono l’allora chiamata Coppa Rimet.

Ferenc Puskàs

Ma sarà sono negli anni 50 che la nazionale di calcio ungherese raggiungerà il suo massimo splendore, con la cosiddetta generazione d’oro: una nazionale che annoverava talenti del calibro di Zoltan Czibor, Sàndor Kocsis, Nandor Hidegkuti e soprattutto Ferenc Puskàs, probabilmente il miglior giocatore ungherese di sempre. Questa squadra di fenomeni era guidata da Gusztav Sebes, un maestro che rivoluzionò il mondo del calcio. Fu infatti lui negli anni cinquanta a plasmare la squadra col modulo M-M, una sorta di 3-2-3-2 introdotta come variante del “Sistema” (famoso modulo W-M in voga quegli anni e ideato in Inghilterra), in un periodo nel quale gli avversari utilizzavano ancora tattiche che definire “ultra offensive” sarebbe riduttivo. Questa storica formazione, soprannominata “I Magici Magiari” dopo la conquista della medaglia d’oro ai Giochi Olimpici 1952, sembrava destinata ad un futuro radioso. Soprattutto quando nel 1953, Sebes e la sua selezione furono invitati a giocare una amichevole, nel tempio di Wembley, dai maestri del calcio mondiale: gli inglesi.
In quel match, l’Ungheria diede una sonora lezione ai britannici, che non erano mai stati sconfitti in casa sino a quel momento. La partita finisce 3-6 per i “Magici Magiari”. Il pubblico di Wembley è ammutolito. La squadra di Sebes però, non contenta, invita gli inglesi a giocare la rivincita in Ungheria. Quest’ultima terminò addirittura 7-1 per i padroni di casa. L’Inghilterra di quegli anni era ritenuta come un modello per il calcio mondiale, un qualcosa di inarrivabile, come il Barcellona di Guardiola, per fare un paragone più recente. Tanto che, dopo queste due batoste, Tom Finney, il bomber inglese di quella nazionale disse ai giornalisti:

“Sono andato via chiedendomi: a cosa abbiamo giocato per tutti questi anni?” – Tom Finney

 

Gusztav Sebes

Quella nazionale ungherese venne poi definita “La Squadra d’Oro”. Nel mondiale Svizzero del 1954, che si tenne poco dopo lo storico 7-1, i giochi sembrano già scritti. Ma a sorpresa, dopo un cammino impeccabile che aveva visto l’Ungheria umiliare per 9-0 la Sud Korea e strapazzare 8-3 la Germania Ovest durante i gironi, per poi eliminare con il risultato di 4-2 sia il fortissimo Brasile  che l’ostico Uruguay (quest’ultimo solo dopo i supplementari), i Magici Magiari vengono sconfitti 3-2 dalla sorprendente Germania Ovest, in finale, dopo una partita rocambolesca e incredibile giocata su un campo al limite del praticabile.
Quella finale fu talmente imprevedibile che fu rinominata “Il Miracolo di Berna”, visto che l’Ungheria aveva ottenuto il doppio vantaggio dopo pochi minuti di gioco nonostante Puskàs giocasse infortunato e che la Germania era riuscita ad evitare la goleada grazie ad una buona dose di fortuna e a una super prestazione di Toni Turek, estremo difensore teutonico.

L’originale cronometro della finale eretto a monumento, a memoria del “Miracolo di Berna”

Quella sconfitta però segna la fine della “Squadra d’Oro”. Nel ’56 infatti scoppia la celebre “rivolta Ungherese”, sedata coi carri armati dall’Unione Sovietica. I pochi calciatori della nazionale non arrestati come dissidenti, vengono esiliati. Lo stesso trattamento viene riservato a staff e allenatore.
Inizia così il declino del calcio Ungherese. E ciò che poteva essere una storia di vincenti, venne presto accantonata nel dimenticatoio. Probabilmente, se i calciatori della “Squadra d’Oro” avessero saputo che quella sarebbe stata la loro ultima finale, e che la loro gloriosa storia si sarebbe arenata su fucili e carri armati, rivali imbattibili, probabilmente l’avrebbero giocata alla morte. E forse ora la loro leggenda sarebbe in un albo d’oro, e non nella testa di qualche nostalgico che tenta di tenerne viva la memoria.