La storia di Sansone ci narra di un un uomo che compie azioni sovrumane traendo un’incredibile forza dalla sua chioma. E se i calciatori avessero preso spunto da questa leggenda?

Come dimenticarsi Valderrama e i suoi colombiani riccioli d’oro? O Mario Kempes e la sua lunga chioma corvina alla quale non ha rinunciato durante el Mundial de la verguenza?

Mario Kempes

Vola, Caniggia vola, elimina l’Italia e portaci in Europa col sachelì de coca, Caniggia vola”.
Cosa succede se il ct della tua Nazionale ti convoca per i Mondiali imponendoti di tagliarti i capelli ma tu, riottoso, ti rifiuti? Probabilmente non siederai nemmeno in panchina. E’ quello che è accaduto a Caniggia durante la gestione Passarella che impose ai suoi giocatori regole severe per riportare disciplina (ed emarginare lo scandalo cocaina) nella sua squadra.
Claudio Paul Caniggia, nato in Argentina nel 1967, soprannominato hijo del viento (si dice che corresse i 100 metri in 11 secondi) viene ricordato soprattutto da noi italiani per aver messo fine all’avventura degli Azzurri nei mondiali del ’90 con un colpo di testa ai danni di Zenga.
E tutto il mondo lo ricorda per quella sua chioma ossigenata e la faccia un po’ da rockstar. Suo grande amico è Diego Maradona con il quale stringe un forte legame (famoso rimane il bacio sulle labbra che si scambiarono dopo un gol) e la stessa moglie di Caniggia dichiara “Credo che Diego sia innamorato di mio marito; deve essere per i capelli lunghi e i muscoli!”
Intervistato qualche anno fa, il suo vero terrore sono i capelli grigi: “Non li taglierò mai. Li tingo ogni tanto, come ho sempre fatto. Ma non ce ne sono di bianchi. Per fortuna e mi tocco le palle”.

Il bacio tra Caniggia e Maradona

Da Centofanti a Baggio, il codino più famoso d’Italia.
Anche noi italiani sul campo ci siamo contraddistinti per le fantasiose capigliature. Felice Centofanti, ora inviato di Striscia la Notizia, con i suoi capelli lunghi e ricci e quella faccia un po’ alla Jesus Christ Superstar è stato uno dei primi acquisti di Moratti all’Inter, anche se la sua carriera inizia in serie B con la maglia del Palermo e successivamente con quella dell’Ancona.
Sempre nel campionato italiano abbiamo assistito ad altre folte chiome: Ruud Gullit (soprannominato il tulipano nero da un tifoso Milanista doc, Carlo Pellegatti) con le sue inconfondibili treccine (molto più belle ed eleganti di quelle di Taribo West), Gabriel Batistuta che in terra natia viene chiamato Gringo proprio per i suoi capelli lunghi e biondi (cosa anomala per gli argentini), Ivan Helicóptero Zamorano con la sua zazzera di capelli indomabile tanto quanto lui, Alexi Lalas che insieme ai capelli lunghi color carota ha calcato le scene italiane con il Padova tra il 1994 e il 1996, per poi ritornare negli Stati Uniti.

Alexi Lalas

Il Divin codino

A Caldogno, nel febbraio del 1967 nasce Roberto Baggio, che spende la sua carriera calcistica qui in Italia, iniziando con il Vicenza e finendo a Brescia. Roby rimane uno dei pochi calciatori ad essere amati da tutte le tifoserie: interisti, juventini e milanisti non potranno mai dimenticare uno dei numero 10 più forti del mondo.
“Era puntuale, serio e la domenica mi faceva vincere.” così Carlo Mazzone parlava di lui e anche dopo quel rigore sbagliato a USA ’94 siamo tutti convinti che quello fu il suo Mondiale perchè quando uno è un campione rimane tale anche quando perde (con o senza codino).

Il Divin codino

“Zlatan Ibrahimović is a Sweedish hero”

Ma nel 2017 chi è il vero Sansone del calcio? Pochi dubbi a riguardo. Di vero capellone con una forza bruta ne esiste uno solo: 1.95 per 95 kg, svedese (anche se per molti rimane uno “zingaro”) da pochi mesi in carica ai Red Devils di Mourinho.
Sì, proprio lui, Zlatan Ibrahimović. Arriva a Torino nel 2004 dove una domenica si presenta sul campo da calcio con i capelli rasati. Dopo poco capisce che evidentemente il capello lungo e liscio è quello che più dona ai suoi lineamenti non del tutto eleganti. Ibracadabra non solo intimorisce gli avversari ma ha anche una fortissima influenza su i suoi compagni di squadra: nel 2014 ha proibito ai suoi di fermarsi a parlare con i giornalisti dopo il match contro il Lille: “Andate avanti a camminare, nessuno si permetta di fermarsi. Qui comando io.”
Un leader rispettato e temuto. Prima del suo arrivo a Manchester, Eric Cantona lo aveva avvertito, “a Manchester c’è solo un King” ma Zlatan ha la risposta pronta: “L’ho sempre ammirato però deve sapere che io non voglio essere il re di Manchester, ma il dio di Manchester”.
Dopo il brutto infortunio subito contro l’Anderlecht, dove tutti erano già pronti a dichiarare la fine della sua carriera calcistica, il moderno Sansone ruggisce forte e chiaro: “Decido io quando smettere, arrendersi non è un opzione”.
Bravo Zlatan, ricordati solo di non tagliarti i capelli.