Genova, il Derby della Lanterna, la Curva Sud, ma soprattutto tanta Sampdoria. E’ la squadra del Baciccia, l’altra passione di Manolo Strimpelli, che quando scende dai palchi sale a cantare in Curva Sud a Marassi.

Abbiamo fatto due chiacchiere con il menestrello, originario di Pescia in provincia di Pistoia che ci ha spiegato perché nel calcio ha “tradito” i colori della sua terra.
Manolo è vero che al tifo non si comanda, ma ti posso chiedere il perché di questa passione blucerchiata nonostante le tue origini toscane?
“Citando Paolo Mantovani, mi verrebbe da dire: ‘… Nessuno mi ha mai chiesto perchè ho scelto mia moglie tra le tante donne’. Il colpo di fulmine mi fu dato da una rovesciata di Vialli a Empoli nell’88, ero un ragazzo di 15 anni e sognavo di diventare il centravanti della Sampdoria, ma purtroppo un grave infortunio al ginocchio uccise per sempre quel sogno.”
Ci racconti la Sud del Marassi attraverso la tua canzone?
“Ho iniziato a cantare nella Sud nel 1990, e ritrovarmi a cantare davanti a quella stessa curva dopo 27 anni è stata un’emozione incredibile. La Sud per me va aldilà del calcio, è la metafora perfetta del bene comune, è l’espressione colorata di una città che amo, c’è aggregazione e solidarietà, si fanno numerose raccolte fondi da sempre, non ultima quella per Amatrice che ha visto il sindaco Pirozzi essere presente domenica in gradinata per ringraziare i ragazzi. Negli anni ’90, il periodo dello scudetto, la Sud era un polveriera rock: c’erano microfoni e tamburi, era uno spettacolo!”
Soddisfatto o rimborsato dell’ultimo campionato della Samp?
“Soddisfatto per i due derby vinti, soddisfatto per aver raggiunto la salvezza anticipatamente, ma c’è molto da migliorare e speriamo di aver gettato le basi per un futuro un po’ più intraprendente.”
Se dovessi scegliere tra la permanenza di Schick alla Sampdoria e una cena a lume di candela con la sorella, cosa sceglieresti?
“Natale in casa Schick, così pranzo, ceno e mi tengo tutta la famiglia”.

Mentre la Samp si gode la salvezza, il Genoa non può dire lo stesso e la sua permanenza in A passa soprattutto dal match Juve-Crotone. I cugini scenderanno in B?
“Tranquilli, non succede, e poi se dovesse proprio capitare non credo succeda questa domenica, ma la prossima. Da toscano ho sempre visto il Derby della Lanterna come un palio, alla fine è la partita più bella della Serie A. Tranquilli, vi salvate. Alla fine uno Strimpelli senza Genoa è come Olio senza Stanlio.”
Comunque questa sa un po’ di gufata.
“Ma va…” (ride)
Ferrero è sicuramente un personaggio unico. Ma secondo te, come si suol dire, ci è o ci fa?
“Ci è, ci è fin troppo… secondo me ci dovrebbe essere anche un po’ di meno e gliel’ho detto pure in faccia. I tifosi non amano certi atteggiamenti, usare la sciarpa come fa lui è di cattivo gusto, la sciarpa è pur sempre un simbolo di fede, se gioco a ping-pong con un crocifisso magari qualcuno si offende. Comunque quest’anno la società ha lavorato bene ed è rimasta in attivo, cosa da non poco conto e ne va dato atto. Se il presidente si aprirà un po’ di più verso la città e migliorerà in stile, diventerà amatissimo perché comunque è un personaggio fuori dalle righe e molte volte mi sembra spontaneo. E’ un diamante grezzo, per questo mi fa incazzare, potrebbe migliorarsi.”

La Sampdoria è un po’ la squadra dei tandem d’attacco: Vialli e Mancini, Cassano e Pazzini. A questa Samp manca una coppia d’attacco oppure Muriel e Quagliarella vi fanno stare tranquilli?
“Muriel è cresciuto e migliorato molto, Quaglia ha cantato e portato la croce, in più c’è stato Schick la rivelazione. Certo, paragonati a Vialli e Mancini tutto sembra impallidirsi, ma non ci lamentiamo, abbiamo avuto in passato un certo Macheda, che mi ha rovinato parecchie domeniche.”
Beh, su Macheda concordo.
“L’ho visto andare a terra in un contrasto con Giovinco, secondo me si faceva le seghe prima di andare in campo!”.
Due giorni fa Vujadin Boskov avrebbe compiuto 86 anni. Come ricordi colui che vi guidò alla vittoria del campionato e non solo?
“Boskov è stato il filosofo del calcio: un concentrato di passione, saggezza e ironia. In più amava la Garfagnana, portava sempre in ritiro la Samp al Ciocco, anche se poi lo ha fatto pure con la Roma e il Napoli. Per noi sampdoriani adesso è una specie di divinità, l’allenatore del nostro storico e unico scudetto. Sapeva dissacrare tutto con una sola frase e riportare il calcio a quello che è o quello che dovrebbe essere: un gioco!”.