Undici anni fa sollevava la coppa del mondo a Berlino. L’altro giorno è comparso di fronte al tribunale di Reggio Emilia sul banco degli imputati nell’inchiesta Aemila, indagato per detenzione illegale di armi.

Vincenzo Iaquinta, il “carro armato”, come lo chiamavano i tifosi bianconeri per la potenza con la quale si proponeva nell’attacco degli spazi, soprattutto in contropiede, ieri non ha retto la tensione e all’ennesima domanda su quelle pistole scomode di sua proprietà rinvenute nella casa del padre, è sbottato guadagnando a grandi falcate l’uscita dal tribunale.
“Noi con la ‘ndrangheta non c’entriamo” – ha affermato l’ex numero 15 della nazionale di Lippi prima di dileguarsi, aggiungendo a titolo di difesa dalle accuse: “Guadagnavo tre milioni di euro l’anno, avevo forse bisogno della ‘ndrangheta”?

“Fenomeni” in campo e nelle aule giudiziarie

Eppure, aldilà di questa vicenda dai contorni spinosi su cui le indagini della magistratura faranno il loro corso, tanti sono i precedenti di calciatori finiti nei guai con la giustizia. Celebre in Italia e di strettissima attualità il caso di Fabrizio Miccoli, ex bomber di Perugia, Palermo e Juventus, accusato in questi giorni di estorsione aggravata dal metodo mafioso dalla procura di Palermo (rischia 4 anni di condanna) e intercettato al telefono definire il Pm Giovanni Falcone senza mezzi termini come “fango”.
Guai grossi sempre in casa bianconera li ha passati pure Michele Padovano, attaccante della Juve vincitrice dell’ultima Champions League sollevata a Roma nel 1996. Inchiesta sul traffico di hashish nel 2011 e condanna a 8 anni e 8 mesi di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (a fronte di una richiesta di pena iniziale di 24 anni) a dieci anni dal ritiro dal calcio giocato.
Non meglio dei colleghi italiani hanno fatto alcuni campioni esteri: in Germania Kevin Grosskreutz è stato accusato – seppur non condannato – di violenza nei confronti di una donna, con buona pace della propria immagine pubblica.

Dagli scandali sessuali ad Al Qaeda

Scandalo, seppur tuttora senza condanne, ma tutto francesce per il presunto affaire Benzema-Valbuena, con il madrilista accusato di aver ricattato l’ex Marsiglia per la non diffusione di un sex tape e punito infine con la mancata convocazione agli europei casalinghi del 2016.
E che dire dell’ex Fortuna Dusseldorf Nizar Trabelsi? Colpito da depressione e problemi di droga, decide di avvicinarsi ad Al Qaeda e al suo leader Osama Bin Laden, finendo per essere condannato nel 2001 per terrorismo con una condanna a 10 anni poi commutata in ergastolo.

Resta poi il caso, per fortuna molto singolare, della delinquenza di gruppo: a colpire in modo impressionante l’opinione pubblica lo scandalo che travolse il Leicester City (poco prima dell’avvento di coach Ranieri): in tournèe in Thailandia i calciatori James Pearson (peraltro figlio dell’allenatore), Tom Hopper e il portiere Adam Smith, filmano con un video le loro bravate in un hotel di Bangkok, tra orge e insulti razzisti.
Il video, pubblicato poi dal Sunday Mirror fa il giro del mondo. Non esattamente il miglior spot per i patron thailandese dei Foxes Vichai e Aiyawatt Srivaddhanaprabha, che avevano scelto la capitale proprio per rinforzare la presenza del brand nel mercato del sud-est asiatico.
Risultato? Giocatori licenziati in tronco assieme all’allenatore, scelta di ingaggiare Ranieri ed epocale vittoria della Premier per una squadra partita con l’obiettivo di centrare la salvezza. Perchè a volte, a potare i rami storti, l’albero cresce anche meglio.