Ecco cosa succede quando nasci in una famiglia dove padre e nonno non aspettano altro che tu sia maschio per farti calpestare fin da subito l’erba dei campetti da calcio e farti crescere come il nuovo Gigi Riva, ma poi succede questo…
Non solo tua madre non vuole sapere di che sesso sarai fino a momento del parto lasciando la suspense in tutta la famiglia, ma alla fine nasci femmina e resti pure figlia unica, e quindi la tua storia non può che finire così.
Con la parola “così” mi riferisco al fatto che in questo momento sto scrivendo un articolo sul calcio, o meglio su come è nata e si è evoluta la mia passione per questo sport.
Sono sicura, a dispetto di quello che molti uomini possono pensare, che leggendo questa storia, più di una ragazza si rispecchierà in me.
Ma veniamo a noi, il tutto inizia quando nonno e papà pur sapendo che non potrai mai diventare il nuovo astro nascente del calcio anni ’90 si rassegnano al fatto che tu sia femmina e nonostante ciò quando possono ti portano comunque con loro ad assistere alle partitelle di provincia e non mancano occasione per spiegarti durante le partite alla Tv le regole di quello che per loro è lo sport più bello del mondo.
Perché se sei nata negli anni ’80 non potevi certo ambire a giocare in una squadra femminile di calcetto. A quell’epoca le squadre composte da ragazze non erano ancora diffuse come oggi e poi diciamocelo pure il calcio era ancora uno sport solo prettamente maschile, oggi invece?!?!
Tante volte quasi rassegnato tuo padre ti portava in cortile per fare due tiri “al pallone” pur sapendo che se fossi stato maschio in questo momento avrebbe potuto essere in un campetto per farti fare un provino e ti lanciava la palla quasi rassegnato guardando gli altri padri che giocavano a calcio, quello vero, coi figli maschi.
E così finisci per appassionarti a questo sport tanto che il Carnevale dei tuoi 7 anni, mentre tutte le tue amiche sono mascherate da principessa o simili, tu ti ritrovi vestita, oltretutto per tua volontà, da Totò Schillaci.
Ovviamente tutti i tuoi animali domestici finiscono inevitabilmente per avere nomi di grandi giocatori dell’epoca.
Con questo non significa che io non abbia avuto un’infanzia circondata da Barbie, anzi, ma l’album Panini non mancava mai.
Poi arrivano gli anni 2000 e dilaga la moda del Nintendo o Game Boy e io mi ritrovo con un mix di giochi che spaziano dalle principesse al mondo del calcio (così ci può giocare anche il papà).
Proprio in quei momenti quando arrivava l’occasione di tirare le punizioni, mio padre se ne usciva con la frase “adesso arriva una punizione alla Juninho Pernambucano”.
Ovviamente sono sicura che lui pensasse che io non avrei mai capito.
Poi cresci e ti rendi conto che sono veramente poche le “femmine” con cui puoi discutere il lunedì dei risultati della domenica calcistica ma purtroppo i “maschi”, con te che sei donna, di calcio non vogliono parlare e quindi incassi e continui a seguire la tua passione nonostante tutto.
Col passare del tempo amici e tifosi con cui seguire la tua squadra del cuore allo stadio o in ritiro, vedere le partite in Tv e con cui poter parlare senza sentirmi dire la classica frase “ma tu cosa ne vuoi sapere di calcio?” ne ho trovati… Forse li ho tartassati a tal punto che li ho presi per sfinimento.
Però la vita non è fatta di solo calcio, succede che ti innamori e in un paese come l’Italia, Repubblica democratica fondata sul calcio, dove il 90% degli uomini vive per questo sport, vuoi non andare ad incappare in un ragazzo che rappresenta quel restante 10 % che non ama il calcio ma i motori.
… ecco fatto…
Così si finisce per cadere nel classico clichè dell’italiano medio, ma in questo caso a parti invertite. Ecco la scena: io che la domenica mi accingo ad andare allo stadio e nel mentre quasi si sente riecheggiare nella stanza la frase, resa famosa da una nota canzona di Rita Pavone degli anni ‘60 “La partita di pallone”. (N.B. per chi non avesse capito può sempre leggere il titolo del testo).
Alla fine di tutto comunque quella punizione di cui mio padre ti parlava alla “Juninho Pernambucano” oggi un certo Miralem Pjanic ha imparato ad imitarla alla perfezione, proprio grazie al suo anno passato nel Lione insieme al fenomeno brasiliano e io questo lo so!!!
Ma che importa tanto la gente penserà che guardi la partita solo perché i calciatori sono belli, ricchi e famosi… ma tu in realtà vorresti una squadra composta da 11 giocatori come Ribery, Roberto Carlos, Tevez, Ronaldinho, Cambiasso, Zidane, Cuadrado. Che, diciamoci la verità, certo non possono essere considerati prototipi di bellezza dal pubblico femminile ma il loro lavoro lo sanno fare, eccome.
Questo per farvi capire che, come recita l’ormai noto motto social del calciatore francese Patrice Evra “I love This Game”.
Ecco, i love this game. Nonostante sia donna.