Luigi “Gigi” Corino è uno che Gascoigne lo conosce bene. Sono stati compagni di squadra e di stanza per 2 anni alla Lazio. Hanno condiviso tanti momenti insieme, tristi e felici oltre alle follie del genio di Gateshead, dentro e fuori dal campo.

Corino è uno di quegli ex compagni che più ha raccontato del suo amico Gazza. Per questo, in occasione dei suoi 50 anni , lo abbiamo raggiunto telefonicamente e ci ha raccontato, con il cuore in mano, la grandezza e la fragilità di un artista del calcio moderno. E gli ha rivolto un appello: “Paul, chiamami. Voglio aiutarti“.

“Non ho mai conosciuto persone così nel mondo del calcio”

La prima immagine che Corino ci restituisce di Gascoigne è il loro primo incontro. E’ il marzo del 1992 e si è appena disputato il derby capitolino, terminato sul risultato di 1-1. Il calciatore inglese, allora con la maglia del Tottenham, è infortunato e approfitta per andare a vedere la partita. Al termine dei 90′, scende negli spogliatoi e incontra proprio Corino. “Mi fermò nel tunnel dello stadio e, con un italiano maccheronico, mi fece i complimenti per come avevo marcato Rudi Voeller. Mi disse anche che ero l’unico giocatore in campo che avrebbe potuto fare bene in Premier League.”
Qual è il tuo ricordo del Gazza quotidiano, negli allenamenti o fuori dal campo?
“Era un ragazzo meraviglioso, sempre disponibile con tutti e di un’umiltà fuori dal comune. Non ho mai conosciuto persone così nel mondo del calcio. Sicuramente è il giocatore più forte con cui abbia giocato. Degli stranieri in Italia in quegli anni, lo metto dietro solo a Maradona”.
E gli scherzi che lo hanno reso celebre?                
“Paul ne combinava sempre di tutti i colori. Tanto era genio nel rettangolo verde, quanto pazzo scatenato al di fuori. Lo scherzo che ricordo con maggior affetto è quando mi chiese di accompagnarlo al campo e, quando arrivai a casa sua, dopo alcuni minuti, mi accorsi che mi aveva rubato la macchina. Scherzi che non sai neanche come possano essergli venuti in mente. Un’altra volta, durante il viaggio per andare a giocare contro il Napoli, all’uscita di una galleria, lo ritrovammo completamente nudo seduto di fianco a Mister Zoff. Incredibile”.

Il vostro rapporto quindi è sempre stato particolare.                                             
“Eravamo amici. Uscivamo spesso insieme la sera, andavamo a divertirci in vari pub della città. A volte si beveva qualche birra in più. Ma non si andava mai oltre. Non riesco a spiegarmi il declino che ha avuto negli ultimi anni”.
Non hai mai avuto la sensazione che potesse ridursi così male?        
“Onestamente, no. Era un ragazzo estroso, ma buono. A volte capitava che prima dei viaggi in aereo, siccome aveva il terrore, bevesse fino a stordirsi per ammortizzare la paura. Ma si limitava solo a quello. Quando vedo alcune foto o video che lo ritraggono nella condizione in cui è adesso, mi si stringe il cuore. Ho provato anche a contattarlo, a incontrarlo insieme ad altri ex compagni della Lazio. Purtroppo è tutto molto complicato. Mi fa molta tenerezza”.
Cosa vorresti dire a Gazza se ne avesse l’occasione?
“Gli direi di reagire. Così come ha fatto tante volte da calciatore dopo gli infortuni. Gli direi che la vita è bella e non va sprecata, però mi sembra assurdo doverglielo dire perché lui lo sapeva benissimo. Gli direi di chiamarmi, come ho cercato di fare io con lui trovando sempre il cellulare staccato. Lo vorrei aiutare, magari portandolo con me ad allenare i giovani. Se dovesse chiamarmi sono pronto ad aiutarlo per quanto possibile. Il suo declino mi appare inspiegabile. Ho letto, di recente, un libro su di lui. Pare che da bambino avesse sofferto molto per la perdita del suo migliore amico, morto in un incidente. Ma qui l’ho sempre visto gioioso e mai avrei pensato che potesse incorrere in questa malattia, la dipendenza dall’alcol. Ma intanto gli faccio un saluto: tanti auguri Gazza, amico mio”.