In Colombia Renè Higuita è conosciuto come “il pazzo”, e il colpo dello scorpione, il suo marchio di fabbrica, c’entra fino a un certo punto
Tra i più classici dei luoghi comuni, c’è quello che dice che tutti i sudamericani, e in particolare i colombiani, siano persone esuberanti, spontanee, che ballano continuamente sul limite che divide il genio dalla follia. Anche se non è un’affermazione che si può prendere precisamente alla lettera, di esempi da fare per portare veridicità a questa tesi ce ne sarebbero tanti. Di uno in particolare ne abbiamo già parlato: la partita alla Catedràl, a cui, dietro diretto invito del Patron Pablo Escobar, vennero invitati Diego Maradona e Renè Higuita. Già, proprio il portiere colombiano più famoso al mondo. Ma che ci faceva anche lui nel carcere personale del re della cocaina?
Higuita non rifiutò la proposta di Escobar e partecipò a quella partita nella prigione personale del Patron, in cui lui e Maradona giocarono fianco a fianco con i pistoleri e i sicari del criminale. D’altronde non c’erano motivi per rifiutare: Higuita e Pablo erano amici.
“Ho conosciuto capi militari, paramilitari e guerriglieri, tutti erano colombiani e li conobbi nell’intimo. Nello stesso modo, ho conosciuto anche il lato umano di Pablo Escobar, con tutte le sue difficoltà e le sue preoccupazioni. Insomma, quella partita fu un’occasione come un’altra per divertirsi e festeggiare”.
Ne cercarono altre di occasioni per stare insieme, in particolare durante il Mondiale italiano del 1990. Higuita e Escobar vennero ripresi da una telecamera nascosta nel municipio di Cocornò, mentre discutevano sul cammino della Nazionale colombiana nel torneo. Pablo promise a Renè che se la Colombia fosse riuscita a superare la fare a gironi accedendo al secondo turno, li avrebbe raggiunti in Italia per caricarli nella loro cavalcata verso un ipotetico successo. Le autorità colombiane avvertirono immediatamente sia la polizia italiana che l’FBI. Le operazioni di controllo raggiunsero il livello della spettacolarità: ogni stadio dove giocava la formazione colombiana era pieno zeppo di telecamere nascoste e tutti gli agenti erano stati allertati. La Colombia agli ottavi affrontò il Camerun (perdendo 2-1), ma probabilmente qualcuno aveva avvisato el Patron, così né Escobar né qualcuno dei suoi uomini venne avvistato in Italia.
Questo trittico sul mitologico Rene Higuita lo trovate nel primo numero di Soccer Illustrated, in edicola. È opera di Ale Giorgini, il partner-in-crime del nostro art director Francesco Poroli
In quel periodo, Pablo Escobar era ancora una figura venerata a Medellin, ma quando l’eccesso di follia lo portò a compiere attentati in pieno centro città coinvolgendo centinaia di innocenti, la popolazione gli si rivoltò contro. A lui e a tutti i suoi sostenitori.
Higuita negli anni a seguire pagò a caro prezzo l’amicizia con Pablo Escobar, tanto da essere escluso dalla spedizione colombiana al Mondiale americano del 1994. Ma andiamo per gradi. Nel 1993 Higuita venne coinvolto in un caso di sequestro. In quegli anni qualsiasi attività criminale era legata, direttamente o no, al boss della droga. La persona rapita era la figlia di un amico del portiere, che durante la trattativa svolse il ruolo di intermediario. Escobar pretese un riscatto di 300 mila dollari, e Higuita ne guadagnò un sesto per il suo “lavoro”. Renè per il suo coinvolgimento entrò nei radar della polizia, ma non fu l’unico motivo che mise le forze dell’ordine sulle tracce del giocatore: durante le perquisizioni nelle varie dimore di Escobar, furono trovati documenti che testimoniavano il legame economico che univa i due protagonisti di questa storia. Il commento di allora delle forze dell’ordine colombiane non lascia dubbi.
Sommando le cifre, si scopre che furono molti i milioni che Higuita ricevette da Pablo Escobar.
Alla vigilia di Usa ’94, la situazione di Higuita precipita. Contro di lui si scatena l’odio popolare. Alcuni giornalisti mettono in discussione la sua professionalità sportiva, tacciandolo di essere stato nient’altro che l’ennesimo sgherro del Patron. Higuita prova a difendersi ma senza nessun risultato: il 4 dicembre 1993, due giorni dopo l’uccisione di Pablo Escobar, viene arrestato e recluso nel Carcere Nazionale di Bogotà per 6 mesi. Ciao ciao Mondiale.
È stato lo stesso Higuita a fare l’unico commento possibile per descrivere la sua vita fuori dalle righe. Il 24 gennaio 2010, allo stadio Atanasio Girardot, il giocatore salutò i tifosi e i colleghi presenti per festeggiare il suo addio al calcio, esordendo con queste parole: “Lo confesso: sono un povero peccatore”.