La storia spesso tende a ripetersi e di Cenerentola non ce n’è una sola.

La passata stagione ha consacrato il Leicester, una piccola squadra delle Midlands orientali, che contro ogni previsione ha dominato la Premier League in un anno in cui le Big non hanno dato grande spettacolo ma, tralasciando i demeriti delle avversarie, è comunque riuscita a imporsi su tutte regalando un sogno ai suoi immancabili tifosi e facendone innamorare altre migliaia.
“La Cenerentola del calcio”, la formazione venuta dal nulla capace di vincere su tutti, un vero miracolo che persino gli avversari hanno applaudito. Forse non proprio tutti, il Tottenham sperava in altri esiti, ma questa è un’altra storia.
Ci sono volte in cui il lieto fine fa sorridere anche i nemici, mentre altre volte, anche prima della mezzanotte, Cenerentola può trasformarsi nella squadra più odiata di Germania.

C’era una volta in quinta divisione…

Questa storia inizia nell’ex Germania dell’Est nel 2009 quando il Markranstädt, società di quinta divisione tedesca, viene acquisita dalla multinazionale Red Bull che come prima cosa le cambia il nome e la trasforma nell’RB Lipsia.
Il successo sul campo è immediato: in 5 anni passa dalla quinta alla seconda divisione conquistando poi nel 2016 l’accesso alla Bundesliga. Un altro sogno che si realizza e che non finisce perché la squadra di Hasenhüttl dopo 13 partite si trova sola in testa alla classifica a +3 dal Bayern Monaco, dando ai suoi irriducibili tifosi la speranza che quella del Leicester non resti una favola isolata.
Termina in realtà il campionato in seconda posizione perché ad Ancelotti e ai suoi le fiabe non interessano, ma perlomeno l’accesso alla prossima Champions League è assicurato.
Il Lipsia è una squadra giovane, la più giovane della Bundesliga per la precisione e la sua rosa ha aumentato notevolmente il valore dall’inizio del campionato, pur restando di 5 volte inferiore a quello della capolista.
Fattori importanti e rari che dovrebbero assicurare a questa Cenerentola la stima di tutte le altre tifoserie come già è avvenuto per le Foxes, ma non è così. Il Leicester è stata una ventata d’aria fresca in un campionato dominato sempre dalle solite, il Lipsia la vittoria di un calcio ormai impuro, sporcato dai soldi.

La regola del 50%+1

Serve fare un passo indietro. Fin dal 1998 la Bundesliga segue la regola del “50%+1” che prevede che per poter partecipare al campionato un club debba essere governato per il 50%+1 da un consiglio di membri eletti direttamente dai tifosi. Fanno eccezione solo il Bayer Leverkusen e il Wolfsburg che sono stati supportati da una stessa azienda in modo continuativo per più di 20 anni e la Dfl confida che continueranno a farlo anche in futuro.
Questo metodo allontana gli investitori esteri dall’acquisto dei club tedeschi con ovvie conseguenze sul fatturato ma in Germania vige una regola ferrea: i tifosi comandano. Chiunque possieda la Membership ha diritto di voto e questo spiega perché la Bundesliga detenga il primato come media di spettatori presenti alle partite: oltre al bel calcio, non ci sono contestazioni tra tifosi e presidenza, loro ne sono parte integrante. Ogni volta che arrivano allo stadio sanno di essere davvero il dodicesimo uomo, di poter decidere, in parte, le sorti del loro amato club.
Questa parentesi ci riporta alla storia del Lipsia e alla sua proprietaria: la Red Bull GmbH. La multinazionale dell’omonima bevanda energetica ha sempre dedicato gran parte delle sue risorse alle iniziative di marketing, insinuandosi già da anni nel mondo calcistico con l’acquisto dei New York Red Bull, del Red Bull Brasil, dell’Academy Red Bull Ghana e infine della Red Bull Salzburg.
Queste squadre, però, fanno parte di campionati meno seguiti mentre il panorama tedesco offriva un bacino d’utenze molto più interessante. L’RB Lipsia, dove RB sta per RaisenBallsport cioè “sport della palla che rotola”, iniziali per niente casuali, ha seguito un’ascesa incredibile, memorabile, ma nel farlo si è trasformata nella squadra più odiata di Germania.
La regola del 50%+1 è stata forzatamente rispettata ma mentre la Membership del Bayern Monaco costa 60 euro, quella del Lipsia ne costa 800, una differenza che non può essere ignorata. È la vittoria di un calcio basato sui soldi, il solito calcio giocato nel resto d’Europa e dal quale la Germania ha sempre cercato di distaccarsi. Non è l’unica squadra ad essere di proprietà di una multinazionale ma a differenza di altre quali il Wolfsburg, l’azienda non ha un legame territoriale con la città, in comune con essa ha solo la lingua mentre per il resto è soltanto un’intrusa.

Tradition kann man nicht kaufen

I tedeschi non perdonano e di contestazioni ce ne sono state davvero molte. Oltre a varie tifoserie che si sono presentate con indosso un sacchetto di plastica, simbolo di una squadra finta, quella del Borussia Dortmund ha disertato la partita contro la neopromossa accusando il Lipsia di giocare solo per vendere un prodotto.
La curva dell’Hoffenheim, attraverso gli striscioni, si è lamentata che per colpa loro gli è stato tolto il trono di squadra più odiata della Bundesliga e infine la Dynamo Dresden si è resa protagonista di macabro episodio in cui tifosi hanno lanciato in campo una testa di toro mozzata sullo slogan di “Tradition kann man nicht kaufen”, la tradizione non può essere comprata.
Il Lipsia è riuscito sì a radunare i tifosi avversari ma, a differenza del Leicester, questi non sono rimasti ammaliati dalla favola, sempre emozionante, dei giovani ragazzi che sono arrivati in cima tra i grandi, al contrario, hanno visto il loro mondo invaso da un nemico che da vent’anni credevano di aver allontanato, sentendosi sempre più vicini a quel calcio sporco e corrotto da cui tentavano a tutti i costi di fuggire.