La fame è diabolica. Hai girato, visto i monumenti di ‘sta città spagnola, ti sei mangiato dello Jambon a pranzo e allora adesso c’hai le buche del deserto nello stomaco. Hai attaccato qualche adesivo di fede bianconera sul retro dei segnali stradali. Hai provato l’adrenalina e l’orgoglio di girare all’estero con indosso i tuoi colori, il tuo stemma, più tuo che di quel bifolco di Lemina o di chiunque altro, ché nemmeno Del Piero è più juventino di te. Perché gli ultras vincono sempre. I giocatori? Segnino, e poi ne parliamo. E comunque loro vann’e vengono, siamo noi, noi che ci sfondiamo la schiena per guardare la Vecchia Signora che meritiamo gli onori del caso.
Un pub. Anzi, come si dice? Una taberna.
Nel centro del centro di Siviglia.
“Va là che chissà come sarann’unti i piatti di questo lurido!”
“Che te frega, è quasi la mezza! Poi vedrai che con cinque sei cervezas ti mangi anche uno zoccolo di cavallo!”
Ipotizzo che sia andato così, il lunedì europeo dei tifosi juventini aggrediti da un numero indefinito di andalusi sevillani. Sarà andato così finché non è arrivato l’uomo nero e ha scatenato un Gesù Cristo!.
Le fonti dicono che gli spagnoli si sarebbero materializzati fuori dalla taberna el papelon, armati di qualsiasi oggetto contundente atto a offendere, e avrebbero poi attaccato gli italiani. Le foto che circolano sui giornali locali sono allarmanti: chiazze di sangue, sedie spappolate, ombrelli e porte divelte. Una battaglia campale, così l’ha definita un quotidiano di Siviglia. C’è un ferito, anzi ci sono tre feriti, di cui uno grave, ma l’informazione frettolosa e masturbatrice da socialnetwork non chiarifica bene se si tratti di uno juventino finito accoltellato.
Inutile scrivere un articolo di denuncia. Inutile esordire con i classici “bandite il Siviglia dalle competizioni UEFA per cinque anni”, come se Nasri e Vazquez fossero parte del commando hooligans che ha devastato tifosi e locale.
Di base, ci si stupisce dell’organizzazione militare che hanno inscenato gli andalusi. O c’era nel pub qualche tifoso biancorosso sotto copertura, o li hanno seguiti tutto il giorno, oppure boh. Fatto sta che è incredibile vedere l’azione, anche se attraverso sfocati fotogrammi da smartphone: i sevillani arrivano, urlano, entrano, spaccano, attendono la controcarica degli juventini e ricaricano e poi si disperdono. Che gioco di squadra.
Al di là del sarcasmo, le riflessioni che emergono da quanto è accaduto sono due.
La prima è che sarà successo qualcosa a Torino, all’andata. Perché non tutti i tafferugli ultras finiscono sui giornali, e lo si sa questo. Aggiungiamoci che gli ultras juventini sono fascisti dichiarati, mentre tra Gate 22 e Biris Norte (gruppi ultras del Siviglia) si fa a gara a chi sia più leninista terz’internazionalista, e ci avviciniamo al jackpot.
La seconda riflessione è che in Europa non si passeggia. Viviamo di ricordi. Di nostalgia canaglia. Pensiamo che certe trasferte europee siano blande, che tanto siamo noi gli inventori del modello ultras moderno, mettiamo tutti sott’ai piedi.
Niente di più sbagliato.
Ci sono realtà nazionali che si fanno rispettare ovunque (Napoli, Roma, Hellas, Bergamo), ma d’altra parte bisogna ammettere che nazioni un tempo scarse a livello di tifoserie organizzate, come la Spagna, oggi ci fanno pel’e contropelo, senza nemmeno impegnarsi troppo. I croati hanno avuto la loro dose di calci contro gli andalusi, e questo la dice lunga.
Alla fine non se ne verrà a capo. Ci saranno daspo? Può darsi. Inchieste? Difficile. Ci penserà la magistratura, o chi per lei. Noi osservatori è meglio che ci concentriamo su altro, anche perché ricostruire certe dinamiche dall’esterno è impossibile. Non sappiamo nemmeno leggere un testo costituzionale, e vogliamo addentrarci dentro un mondo fatto di codici non scritti e screzi casuali come quello ultras? Ma davvero fate?