“Alza la coppa capitano, alzala al cielo perchè oggi è bello essere italiani”.
Non tutti gli eroi indossano il mantello, alcuni hanno una cuffia e un microfono.
Vi siete mai chiesti cosa sarebbe il calcio senza telecronaca? Sarebbe come una pizza margherita senza mozzarella, un mojito senza la menta o il Barcellona senza Messi: incompleto. Probabilmente riusciremmo a emozionarci lo stesso davanti al gol della nostra squadra del cuore ma niente a che vedere con il poter sentire delle vere e proprie esultanze o anche solo semplici esclamazioni di (magnum) gaudio.
Sandro Ciotti, il precursore
4 Giugno 1961. Catania, stadio Cibali. A sfidare i siciliani c’è l’Inter che spera in una vittoria per poter vincere lo scudetto. Tutti davano per scontata la vittoria dei nerazzuri ma i neipromossi etnei, che covavano un forte spirito di rivalsa nei confronti della squadra meneghina dopo la partita dell’andata (con 4 pesanti autoreti), partirono subito con il piede giusto e in men che non si dica il match finì con due reti a zero a loro favore. E sembra proprio che in questa partita il radiocronista Sandro Ciotti esclamò un Clamoroso al Cibali! che tuttora viene utilizzato nel gergo calcistico per indicare un risultato a sorpresa, cioè quando a vincere è la sfavorita. Celebre anche il suo addio al mondo della telecronaca nel 1995 dopo Cagliari-Parma: “Vi rubiamo soltanto 10 secondi per dire che quella che ho appena tentato di concludere è stata la mia ultima radiocronaca per la Rai, un grazie affettuoso a tutti gli ascoltatori, mi mancheranno!”.
Bruno Pizzul, al centro della storia
Grazie ad un infortunio al ginocchio che terminò la sua carriera di calciatore, abbiamo avuto il piacere e l’onore di poter assistere alle partite della nostra nazionale commentate da Bruno Pizzul. Tutte le più grandi gioie ma anche le più grandi delusioni ci sono state raccontate da lui: sul tetto del mondo in Spagna nell’82, l’amarezza di Italia ’90 e la cocente delusione di quel secondo posto a USA ’90. Ma Pizzul ha dovuto anche riferirci di quel bruttissimo 29 maggio del 1985. Lo scenario è lo stadio Heysel di Bruxelles dove Rai 1 sta per trasmettere la finale di Coppa dei Campioni tra il Liverpool e la Juventus di Platini. Da lì a poco si sarebbe verificata una delle più disastrose tragedie del mondo dello sport. Il muro del settore Z crolla e i tifosi cercano di scappare. “Sentimmo il tonfo, vedemmo la gente sciamare all’interno del campo di gioco, ma le notizie che ci arrivavano erano centellinate, contraddittorie e prive di qualsiasi certezza. A lungo nessuno parlò di morti. Io ero lì, da solo, appeso al microfono, e non potevo andare a sincerarmi di persona.”
Poco dopo la Rai dice a Pizzul che la partita si farà e che deve dare comunicazione agli spettatori di quanto accaduto: “E ora purtroppo una notizia che debbo dare perchè è ufficiale, ci sono 36 morti morti, una cosa inaudita”.
Piccinini, la voce amica fuori campo
Avete 3 secondi di tempo per rispondere a questa domanda: chi potrebbe gridarvi nelle orecchie Sciabolata! ? Se avete risposto Sandro Piccinini potete continuare a leggere l’articolo, per tutti gli altri siete rimandati a settembre.
Alessandro detto Sandro Piccinini è colui che crea dentro di noi la giusta ed entusiasmante suspance che allo stesso tempo però ci tranquillizza grazie al continuo utilizzo delle stesse locuzioni ripetute nel corso dei 90 minuti. Se ci sarà un lancio da fuori area che si spegne sul fondo sappiamo che Sandro dirà “Non va”, quando un calciatore dribbla l’avversario con eleganza sentiremo un “Numero!”, con “si accentra improvvisamente” ti risveglierai del torpore in cui stai cadendo anche nella partita più noiosa della storia del calcio. Il suo lessico è chiaro e semplificativo: è tutto un destro secco, un mucchio selvaggio e gli scoppi sugli spalti sono i bomboni.
Caressa il poeta
Insieme a Sandro va citato Fabio Caressa, molto spesso ricordato più per la moglie (Benedetta Parodi e le sue ricette) che per i suoi meriti di telecronaca. Caressa è un poeta, il calcio che racconta è sottoforma di sonetti, cattura l’attenzione anche delle mogli svogliate che fino a quel momento non hanno mai avuto interesse per il mondo del pallone. Riesce a darci quello che cerchiamo: un racconto, una favola, un romanzo.
“Oggi siamo esploratori di un continente ignoto. Non sappiamo fino a dove si estende; non sappiamo cosa ci troveremo di fronte. Ma abbiamo delle certezze. Il cammino è ancora lungo, il campo base è alle spalle. Abbiamo lasciato lì le nostre paure. Vogliamo andare avanti. Fino all’Eldorado. Dal Fritz-Walter stadium di Kaiserrslauten Italia-Australia”.
Ma sempre e per sempre ricorderemo il suo urlo e quello di Beppe Bergomi nella semifinale dei Mondiali dopo il gol di Grosso e il fischio finale: “È finita!!! Chiudete le valigie amici, si va a Berlino Beppe, si va a Berlino Beppe!” e dopo la finale “Abbracciamoci forte, e vogliamoci tanto bene, guardate dove siete, perché non ve lo dimenticherete mai! Guardate con chi siete, perché non ve lo dimenticherete mai!”.
“Frosinone culone”
Concludiamo questo excursus con un nome alquanto ignoto a parecchi di voi: Francesco Marcozzi.
Marcozzi non è un grande telecronista. Forse non lo dovremmo nemmeno annoverare tra i tali ma complice il suo tifo smisurato e (soprattutto) la Gialappa’s, diventa virale in tutto il web per la sua celebre locuzione (poco calcistica) “Frosinone culone!”.
Siamo nel 1994 e allo stadio Fadini il Giulianova si scontra con il Frosinone. La gara era decisiva per la promozione in serie C1 e termina 2-2 grazie ad una rete in pieno recupero dell’ormai celeberrimo Pugnitopo. Ma non è tanto la partita che viene ricordata quanto tutto il repertorio di Marcozzi che non riesce a trattenersi e addirittura invita i carabinieri a intervistare i guardalinee.