Giuda baciò Gesù prima di tradirlo, Donnarumma baciò la maglia del Milan prima di decidere di non rinnovare con i rossoneri: i veri traditori non si smentiscono mai!
Il pennello intinge la schiuma. Si muove con dolcezza nelle prime luci della mattina.
La prima rasatura del giorno, la prima lama di rasoio che carezza la pelle mentre un altro cliente è in attesa, caffè alla mano.
La Gazzetta sul tavolino, fresca di edicola. Ma già stropicciata, quasi fosse ora di chiudere la serranda e pensare agli appuntamenti di domani.
C’è Donnarumma in copertina. Non potrebbe essere altrimenti. In Polonia si è già spalancato il sipario sugli Europei U21 ma le attenzioni calcistiche sono gravitate su un paio di guantoni e quel numero 99. Proprio come l’anno di nascita di Gigio.
Ultimi ritocchi alla rasatura. La discussione che passa dalla politica locale al pallone nel tempo di un ritocco sullo zigomo.
«Donnarumma? Hai visto che cosa ha fatto?»
L’abbiamo visto tutti. Volenti o nolenti. Il gran rifiuto, le parole dell’amministratore delegato Fassone e le maglie del portiere che finiscono per popolare frasi cariche di risentimento, di rabbia. L’anno passato Higuain, quest’anno Donnarumma. Prima una clausola rescissoria onorata fino all’ultimo centesimo, poi la longa manus di un ex pizzaiolo che tiene le redini del calcio europeo.
Un altro schiaffo al romanticismo pallonaro? Un’altra maglia baciata sacrificata sull’altare del denaro?
Forse.
Quante volte abbiamo sperato che un bacio potesse significare “per sempre”?
Perché Gianluigi Donnarumma, nato a Castellamare di Stabia il 25 febbraio del 1999, della storia del predestinato ha soltanto scritto le primissime righe. Giusto il titolo e l’introduzione. A diciott’anni può succedere ancora di tutto: basterebbe citofonare a casa Mastour per incontrare un esempio pratico.
La penna si può spezzare così come una carriera che parrebbe quasi già scritta a sentire chi soltanto leggendo il nome pensa a Buffon.
«Secondo me ha fatto una grande cazzata»
Non ci sono mezzi termini tra un colpo di forbice e l’altro. Chi si ferma dal barbiere non lo fa soltanto per un’aggiustatina al taglio o alla barba. Lo fa quasi volesse sfogarsi per un amore finito, per un tradimento.
Donnarumma poteva essere il pilastro intorno al quale costruire la nuova stagione del Milan. Stagione non intesa come campionato. Ma come nuova primavera dopo un inverno lungo cinque anni intervallato soltanto dalle schiarite di due Supercoppe. Ma come può un pilastro sorgere in mezzo ad un deserto tra mille venti di incertezza? Il peso sarebbe stato troppo grande anche per lui. Quasi due metri di ragazzo che non ha ancora i galloni di uomo. Così sicuro tra i pali, così incerto tra fondi di investimento cinesi ed un nuovo corso che prima di chiudere i conti ha fatto penare i tifosi per ben più di novanta minuti di recupero.
«Non esistono più le bandiere, parliamoci chiaro»
Quando si è arrivati all’ultimo colpo di spazzola è tempo di scolpire ciuffi e sentenze. Sulla politica, sull’amore e sul pallone. Il romanticismo finisce nel bidone a fianco dei capelli appena caduti sul pavimento. Trafitto dai ricordi.
Gigio poteva essere una bandiera?
Forse. Quel che è certo è che non la era. E se anche la fosse stata è finita a terra, nella polvere. Ammainata da chi nel pallone vede soltanto provvigioni e contratti sempre più ricchi. O forse soltanto immaginata dai tifosi rossoneri che speravano finalmente di aver ritrovato un simbolo di rinascita, di riscossa.
Il pennello finisce sotto l’acqua bollente mentre il nuovo cliente si siede in poltrona. Scorrono via schiuma e pensieri. Che durano il tempo di un taglio o la prima della rosea.
Donnarumma poteva, potrebbe essere e (magari) sarà. Ha ancora tutti i tempi verbali a sua sua disposizione. Ha ancora tante mattine per fare discutere.
Animatamente, senza filtri. Per chi nel romanticismo ci crede sempre, nonostante tutto.