Il 10 a Napoli è un numero sacro. Che va oltre il calcio. Profuma di riscatto. Di Davide che abbatte Golia. E chi è riuscito a elevarlo al rango di devozione (quella laica sicuramente) è portato in processione come uno dei tanti santi ai quali i fedeli affidano le loro preghiere.

Parliamo di Diego Armando Maradona e della maglia numero 10 del Napoli, che dal 2000 il popolo partenopeo ha voluto che fosse ritirata. Mai più nessuno come lui, a meno che lo stesso Pibe de Oro non decida di “abdicare” e permettere all’erede designato di poterla indossare.
Ma siamo sicuri che, nell’anno del Signore 2017, nessuno meriti di indossarla? Noi di Soccer Illustrated ci siamo scannati in redazione sull’argomento, come su tanti altri, e siamo arrivati alla conclusione che sì, forse oggi qualcuno la merita: Lorenzo Insigne da Frattamaggiore.
Naturalmente la nostra è una opinione, che cercheremo di contestualizzare. Alla fine l’unica cosa che conta davvero nel calcio è l’emozione e solo se il popolo napoletano deciderà di spingere affinché il suo scugnizzo riesca a ottenere la numero 10, allora, quella reliquia potrà tornare in campo a illuminare il San Paolo.

La 10 usata indegnamente

Nel 2000, il popolo napoletano chiama a gran voce il ritiro della maglia numero 10 del Napoli in onore dell’idolo cittadino e nazionale Diego Maradona.
La gente per lui farebbe di tutto, i napoletani e Diego ormai erano diventati un’unica cosa:
“Maradona è ‘o core, l’anema, a mente e ‘o sango de Napoli”.
La città lo inneggiava ancora, come oggi, con cori, festeggiamenti e sorrisi alla notizia del ritiro della maglia, stesso fece il resto dell’Italia che vedeva in Diego “il Dio del calcio”.
Prima di lui, nessuno ha onorato quella maglia con tale lucentezza. Nessuno ricorda a Napoli numeri 10 degni di essere iscritti negli albi della squadra. Indossata da Igor Protti nell’anno della peggior stagione del Napoli in serie A e seguito dal fenomeno-bidone brasiliano Joubert Araújo Martins chiamato “Beto”.

Il successore mancato

Merita di essere ricordato l’aneddoto con Gianfranco Zola, considerato dallo stesso Maradona come suo successore. In un Pisa-Napoli del 1991, Diego si avvicina al compagno di squadra ed esclama: “Oggi tu giocherai col numero 10″. A fine partita ecco svelato il perché: “Ho dato la mia maglia a Zola perché lui rappresenta il futuro del Napoli”.
Il resto è storia, mancata. Dopo Zola, e prima di ritirare la maglia, solamente Eugenio Corini ha indossato quella 10. Dopodiché si è rivista solamente in due occasioni; negli anni della serie C con Capparella, Corrent, Bogliacino o “el Pampa” Sosa, a causa del regolamento della Federazione con l’assegnazione obbligatoria dei numeri da 1 a 11 per i titolari e in un’amichevole indossata dal “pocho” Lavezzi.
Negli ultimi mesi si discute molto del ritorno a questo numero per affidarlo a un figlio di Napoli con un talento cristallino.
Lorenzo Insigne ha tutte le caratteristiche per meritarlo. Nasce con il sogno di indossare la maglia azzurra, cresce nelle giovanili partenopee e dopo aver fatto la gavetta nel Foggia sotto la guida del boemo Zeman che lo aveva richiesto a gran voce nel Pescara l’anno successivo, tornato all’ombra del Vesuvio, piano piano riesce a ritagliarsi il suo spazio nel cuore dei tifosi, a prescindere dall’allenatore, che sia Walter Mazzarri, Rafa Benitez o Maurizio Sarri.

La consacrazione

La sua ultima stagione è stata la vera consacrazione, dopo l’addio di Higuain è lui a portare in alto il nome di Napoli. Con giocate, gol, pianti, esultanze sotto la curva e baci continui a quella maglia azzurra che ha sempre desiderato da bambino.
Prima di essere un giocatore del Napoli, Lorenzo è un ragazzo che ha tatuata Napoli sulla pelle. Quella passione verace di un popolo per il calcio e che attraverso questo sport vuole tornare a vincere e trovare riscatto.
Già quella maglia per lui pesa, e anche tanto. Quando è in campo e ha un attimo di pausa gli occhi sono sempre fissi verso la curva, quei tifosi che l’hanno accolto sin da piccolo come supporter.
Anche per questo, l’emozione più bella per Insigne è segnare, correre stremato sotto la curva e baciare la maglia come se fosse la sua fidanzata.

Insigne rappresenta la gente, la sua gente

Insigne non è solamente un giocatore di talento che rappresenta al meglio il ruolo di regista nel Napoli, Insigne come Maradona rappresenta la gente, la sua gente. E’ un esempio per i bambini dei rioni, è un simbolo culturale per tutta Napoli. Insigne è la più bella vittoria per i napoletani, ha sudato e realizzato il sogno che aveva da piccolo.
“E’ bello che i bambini sognino di giocare con la numero 10 dietro le spalle”, disse una volta Alex Del Piero. E nonostante fosse juventino, sapendo la rivalità tra le due squadre, aveva ragione.
Insigne ha dimostrato tutto ciò che doveva, ora che è titolare stabile di un Napoli da alta classifica (oltre che in Nazionale) che lotterà anche i prossimi anni per il campionato e giocherà in Champions.

Diego, ascolta Napoli 

E allora, perché non dargli questa opportunità? Maradona, siamo certi, potrebbe ripensarci se gli arriveranno i giusti messaggi, nonostante in un recente passato abbia dichiarato che Lorenzo non la meritava. Diego, dacci retta, secondo te neppure Sarri sarebbe stato degno di sedere sulla panchina del Napoli e poi ti sei dovuto ricredere.
Se non vuoi ascoltare noi di Soccer Illustrated, almeno tendi l’orecchio verso il popolo napoletano, che lentamente sembra convincersi di avere un nuovo beato al quale accendere un cero per chiedergli ogni domenica che allo stadio gli faccia dimenticare gli affanni della settimana.
Manca solo la santificazione e, come ogni cerimonia che si rispetti, potrà avvenire attraverso un passaggio simbolico.
Nel caso, pochi dubbi: la cessione della numero 10 a Lorenzo Insigne da Frattamaggiore.