Intervista a Francesco Tieri,  nome da musulmano Abd al-Haqq.

Esperto di Sistemi Informativi nel settore delle Telecomunicazioni, in cui lavora da decenni. Portavoce del Cail (Coordinamento Associazioni Islamiche del Lazio). Ideatore di Shabakah al-Salat , una App per Musulmani in Italia.
Responsabile della piattaforma web E-Shura e del nascente progetto dell’Assemblea Costituente Islamica.
Parlaci della tua passione per il calcio, come é nata e come si fonde con la tua storia?
“Sono nato ai piedi del Vesuvio, e quando avevo 9 anni a Napoli arrivò Diego Armando Maradona. Per i successivi 6 campionati siamo andati tutti nel pallone, ed è stato davvero bello. Abbiamo gioito, abbiamo pianto, ma è stata una stagione unica, irripetibile. Traguardi prima impossibili furono raggiunti, come i 2 Scudetti e la Coppa Uefa. Ma anche delusioni difficili da dimenticare, come lo Scudetto perso nell’88 col Milan di Sacchi, e le prestazioni in Coppa dei Campioni che misero in luce un certo provincialismo non ancora superato. Per non parlare poi della squalifica di Diego, con il Maradona uomo che scoprimmo essere un tossicodipendente. Dai racconti postumi dei suoi compagni di squadra si è poi saputo che tutti nel Napoli lo sapevano, ma nessuno provò seriamente ad aiutarlo. In fondo la giostra girava bene”.
Francesco Tieri
Il Pibe de Oro come uomo e come giocatore, secondo te? E poi Francesco Totti e il suo addio…
“Per la mia generazione, almeno in Campania, Maradona è stato un idolo, dell’infanzia o dell’adolescenza. Genio e sregolatezza portati ai massimi livelli, nel bene e nel male, come i due goal contro l’Inghilterra ai Mondiali dell’86, la competizione dove ha brillato di più. Segnò il primo goal con la mano, come stesse giocando in strada, e poi fece il goal più bello della storia del calcio, ‘che vale per questo e per quello di prima’ disse in diretta il commentatore Giorgio Martino. In effetti fu un goal che poi altri hanno un po’ rifatto, come Baggio e Messi, ma quella sua cavalcata, con quel suo cambio di passo che ti faceva perdere le misure, segnarono un vetta irraggiungibile”.
E Totti?
“Ora lavoro e vivo a Roma, con la mia famiglia. Il calcio a Roma è vissuto come a Napoli, con gli stessi limiti, che un po’ ho rivisto nell’addio al calcio di Francesco Totti. Un campione assoluto, con dei limiti comportamentali che forse avrebbe superato in un club gestito con più managerialità. Penso per esempio al calcione a Balotelli nella Finale di Coppa Italia del 2010. Eppure l’anno prima la Roma avrebbe potuto vincere la Champions, disputando la finale a Roma. E Totti avrebbe vinto un meritato Pallone d’Oro, e sarebbe diventato probabilmente Sindaco di Roma a vita. Ma tant’è, e il suo addio al calcio, il famoso Totti Day, forse perché ha decretato che il Napoli iniziasse la Champions dai preliminari, non mi è molto piaciuto. Mi è parsa, appunto, una sceneggiata napoletana. Se poi dovesse pure riprendere a giocare…”.

Francesco Tieri
Francesco Tieri con una copia di Soccer

Com’è vissuto il calcio a Roma?
“C’è una passionalità che mi è sempre piaciuta, anche se adesso lo seguo solo quando ho tempo. Se passo però davanti ad un campo polveroso di periferia, dove è in corso una gara giovanile o dilettantistica, mi fermo sempre un po’. Era il mio livello agonistico. Non da calciatore, perché sono sempre stato scarso, ma da arbitro. Ho arbitrato in Campania da giovane, e poi l’ho rifatto nel Lazio che ero grandicello, proprio perché mi mancava. E Campania e Lazio sono le due regioni dove è più difficile fare l’arbitro a questi livelli. Ogni partita può trasformarsi in una guerra, dentro e fuori dal campo”.
Il mese di Ramadan in relazione al calcio, come si coniuga un mese di riflessione e spiritualità con lo sport? 
“Il Tieri Day non c’è mai stato, perché sono sempre stato una pippa a calcio. Quindi vivo il Ramadan da Musulmano. Ho fatto sport in passato e penso che conciliare il Ramadan con un’attività sportiva è sicuramente difficile. Per un calciatore professionista, secondo me, è quasi impossibile. Quando il Ramadan capita nel periodo dell’anno col maggior numero di ore di luce, come in questi ultimi anni, noi digiuniamo per 17-18 ore, nelle quali non beviamo neanche. Restano quindi poche per allenarsi, tra l’altro di notte. E sono anche le ore in cui mangiamo. Un calciatore professionista si deve allenare per molte ore al giorno, e poi le tante ore senza neanche bere, nella stagione calda, aumentano il rischio di disidratazione, la cui probabilità aumenta in caso di sforzo fisico. E non basta bere in poche ore la stessa quantità d’acqua che si beve di norma in una giornata intera. In parte non viene assimilata”.
Francesco Tieri
A cosa deve fare attenzione un calciatore musulmano?
“L’ideale sarebbe assentarsi per due mesi. Per il mese di ramadan, in cui magari ci si può allenare al minimo, per mantenere il tono muscolare, e per il mese successivo, in cui ci si allena un po’ come nella preparazione precampionato ed un po’ come al rientro da un infortunio. Parliamo però anche di due mesi che ogni anno iniziano circa 11 giorni prima, quindi capitano in tempi diversi ogni anno. Una cosa inconcepibile per la concezione dominante del lavoro, e per il mondo del calcio in particolare, che ha un calendario sempre serratissimo, e con un lunghissimo pelo sullo stomaco. La finale di Europa League, vinta dal Manchester United, è iniziata a meno di 48 ore dall’attentato di Manchester, e non è mai stata presa in considerazione l’ipotesi che la squadra della città colpita chiedesse di rimandare la finale per lutto. Che poi molti giocatori fanno anche tanta tribuna, o si infortunano perché giocano troppo spesso. Quindi l’esigenza di chi osserva il ramadan potrebbe anche essere gestita”.
Si é disputata Tunisia-Egitto alle 23. Può essere inteso come messaggio subliminale per il cambiamento delle proprie abitudini?
“Come detto, l’attività sportiva agonistica a mio avviso è incompatibile col Ramadan. I calciatori sono giovani, e fisicamente ben carrozzati. Ma lo sport a mio avviso andrebbe visto non solo in funzione di quello che ti consente di fare fisicamente mentre lo pratichi, ma anche per quello che ti lascia negli anni in termini di tenuta dell’apparato cardiovascolare, e di quello muscolo-scheletrico”.
Parlavamo di Tunisia ed Egitto, quest’ultimo é diventato uno dei principali alleati dell’Arabia Saudita per la questione “Mondiali in Qatar”, cosa ne pensi? come si lega la situazione nel calcio?
“Da qui ai Mondiali in Qatar del 2022 ce ne vuole di tempo. Hai toccato comunque un tasto dolente della politica internazionale dei paesi a maggioranza musulmani. La conflittualità tra L’Arabia Saudita e il Qatar. Ma non è una questione autonoma dal resto dello scacchiere internazionale. Volendo essere sintetici, il Qatar ha sostenuto, e tutt’ora sostiene, movimenti politici transnazionali che sono stati protagonisti nelle cosiddette Primavere Arabe, che hanno avuto luogo anche in Egitto, alleato odierno dell’Arabia Saudita contro il Qatar. L’attuale isolamento del Qatar è scattato subito dopo la visita di Trump in Arabia Saudita, una cosa non poco pacchiana, sia per l’ospite che per il padrone di casa. Io vedo quindi gli ultimi avvenimenti legati sostanzialmente al cambio nella Presidenza degli Stati Uniti. Così come da anni considero le suddette primavere arabe come in linea con lo stile della Presidenza di Obama, e i cui vari esiti sono dipesi dal grado di intervento dell’Occidente, o del suo non intervento, come in Siria. La cosa tragica è che i fatti in corso hanno avuto inizio durante il mese di Ramadan, e questo per me è un brutto segnale”.

Pensi che questa conflittualità anche sportiva possa incidere sullo sviluppo del calcio arabo nel mondo?
“Francamente non saprei cosa prevedere, se non eventuali disordini negli stadi, come quando si incontrano i club dell’ex Jugoslavia”.
Segui altri campionati? Parlaci di un giocatore che secondo te valga la pena conoscere meglio?
“Arda Turan, esempio di giocatore musulmano di successo”.
Ultimamente abbiamo scritto un articolo sull’abbandono della nazionale. Cosa ne pensi? é un giocatore che ti stimola? Rappresenta secondo te lo spirito della Turchia?
“Non saprei dire quale calciatore rappresenta lo spirito della Turchia. La Turchia vive un momento difficile, dal fallito colpo di stato di circa un anno fa. Io credo che il calcio vada visto per quello che è, ci piace, ma non ne possiamo mai fare una questione politica. E questo vale anche per la Religione”.
Francesco Tieri
Adel Taarabt, trequartista della nazionale marocchina ex Milan e Genoa, celebrò un gol mostrando la maglietta I love Allah come risposta a chi insulta l’Islam, molto religioso e contrario ad ogni tipo di estremismo, cosa ne pensi?
“Penso che i musulmani nel mondo sono sotto pressione da oltre 15 anni, dall’11 settembre. Tutti i comportamenti ed i pronunciamenti sono a mio avviso viziati da questa pressione a tratti asfissiante, che sta portando al crescete fenomeno dell’islamofobia in occidente. Abbiamo appena avuto un attentato a Londra nei confronti di musulmani che uscivano dalla preghiera serale in moschea, la preghiera che facciamo durante il Ramadan. A proposito, durante le ore di buio del mese di Ramadan noi preghiamo di più, quindi ci si può anche allenare di meno. E poche ore prima una 17ettenne musulmana è stata rapita all’uscita dalla moschea, dove si era recata sempre per le preghiere di Ramadan, in Virginia. I resti del suo corpo sono stati poi trovati a pochi kilometri di distanza. Per quanto riguarda l’estremismo cosiddetto religioso, la mia posizione è quella del sociologo francese Oliver Roy: ‘Non si tratta della radicalizzazione dell’Islam, bensì di islamizzazione del radicalismo. Non è l’Islam ad essere violento. Lo sono i ragazzi nichilisti e disperati che crescono nel cuore delle società occidentali’.
Francesco Tieri
In questi giorni abbiamo un fortissimo dibattito politico per la riforma dello Ius Soli, tu cosa ne pensi ?
“La riforma in questione, di cui molto incivilmente è stata avviata la discussione al Senato il 15 giugno, ha il merito di mettere mano ad una norma inadeguata, ma ha anche alcuni limiti. Quello principale è che non viene per nulla modificata la procedura per chi arriva in Italia da adulto. Ed è una cosa per nulla discussa tra i giovani senza cittadinanza, e questa è per me una nota di demerito a carico loro. Viene spesso raccontata l’umiliazione di non poter partire coi compagni di scuola per la gita all’estero, per problemi inerenti la cittadinanza straniera. Nei miei ricordi degli anni di scuola invece ci sono compagni di classe che non venivano in gita perché le famiglie non potevano permettersi il contributo necessario e le spese accessorie che i figli avrebbero sostenuto in viaggio. Per la mia storia personale, da ex sindacalista di base, sarei stato portato a dare priorità ai lavoratori immigrati sfruttati, e non ai giovani universitari senza cittadinanza. Una cosa non esclude l’altra, ma i primi non hanno voce, nemmeno tra i giovani senza cittadinanza. In questo l’integrazione è massima. Gli ultimi, di qualsiasi nazionalità, non interessano a nessuno, neanche tra i connazionali”.