Le vie del pallone sono infinite.
Lo possono essere, ma non per tutti. Serve più di un pizzico di coraggio, qualche nota di follia per stravolgere le regole. Ingredienti alla base di un “numero” che strappa applausi o di una storia che non ha precedenti, che nessuno ha mai scritto.
Seychelles, isola di Praslin. Potrebbe essere il set ideale per un viaggio di piacere, lontano dalle mete più abusate del turismo di massa. Uno di quei luoghi che si sfogliano nei cataloghi delle agenzie di viaggio Ma è proprio in quell’isola, una delle centoquindici dell’arcipelago africano, che Mario Ferri, per tutti “il Falco”, ha deciso di scrivere quella pagina a cui nessuno aveva mai pensato neppure di dare un titolo.
La pagina del primo calciatore italiano a giocare in Africa.
Una seconda vita lontano migliaia e migliaia di chilometri dalla sua Pescara. E da quel personaggio che aveva popolato le cronache con le sue invasioni. La chiamata di un amico, due settimane di allenamento e la scintilla che scatta: Mario è un giocatore del Cote d’Or, First Division delle Seychelles. Dodici squadre a lottare per il titolo.

Mario con alcuni compagni di squadra: nella rosa del Cote d’Or si registrano tutti calciatori locali con l’esclusione di un giocatore magascio

«Mi sono dato una seconda chance di creare qualcosa di bello per me nel calcio. Ci tengo tantissimo ad essere il primo italiano a giocare in Africa: è qualcosa che resterà scritto nella storia».
Gli occhi fissi su quell’oceano che divide i lembi di terra e sabbia dell’arcipelago. Il ricordo delle passate esperienze al Concordia Basilea e in Giordania, di possibilità sprecate o forse soltanto al posto giusto ma nel momento sbagliato. Un treno che rallenta ma non si ferma davvero lasciando rimpianti ma la speranza di una nuova partenza. «Penso soltanto al calcio, ventiquattrore su ventiquattro. Quando ero ragazzo potevo avere più possibilità ma me le sono precluse per il mio essere ribelle. Crescendo un po’ ho limato il mio carattere e anche se sono fuori età per il calcio che conta mi sono dato questa seconda vita calcistica: credo fortemente in quello che sto facendo».

La panchina del Cote d’Or con il manager Andrè Bedier: la gestione della squadra è “all’inglese” con la figura del manager a gestire tutto quanto orbita intorno al club

Per il Falco il volo è appena spiccato: il campionato ripartirà il 20 luglio e dopo il trionfo dello scorso anno sulla strada del Cote d’Or ci sarà la trasferta con il Foresters FC. Niente pullman o aereo: si viaggia in battello per affrontare la decima della classe ancorata a quota undici punti. Ma com’è il calcio alle Seychelles? «Fisicamente sono dei mostri – racconta il Falco – tecnicamente c’è gente molto valida ma tatticamente male, male, male. Prediligono l’attacco alla difesa: bastano un paio di movimenti ben fatti per metterli nel sacco».
Anche il tifo, nonostante ci si trovi a qualche grado di latitudine lontano dal calcio che conta è vibrante, acceso. Soprattutto quando la squadra gioca nel campo di casa, al Vijay Stadium inaugurato nel 2011 da Monsieur Platini. «Ci sono anche tremila persone ad assistere alle partite del Cote d’Or e non mancano le partite di cartello. Quelle più sentite sono contro Saint Michel, un’isola rivale e i Reverengers, un’altra squadra dell’isola di Praslin».

Le vie del pallone sono infinite.
E per Mario, davanti ad un sogno appena iniziato, è già pronto un altro orizzonte, un altro record da infrangere. «Sono abituato a vivere alla giornata ma vorrei scrivere un’altra pagina dopo questa. In due anni infatti vorrei essere l’unico italiano ad aver giocato in tutti i continenti: ho toccato Europa, Asia e Africa mi mancano America ed Oceania». Chissà dove lo porterà, il suo volo intorno al pallone, chissà quando arriverà il primo gol di un italiano in Africa…