C’era una volta, in una piccola cittadina nell’est della Germania, una squadra calcistica che militava in quinta divisione. La squadra non era né famosa né irresistibile, ma ai tifosi piaceva così. Un giorno però, una crudele corporation austriaca decise di strappare il club alla propria gente, acquisendone i diritti per poter creare un nuovo colosso calcistico. In uno sport dove una volta contavano i valori veri, la lealtà alla maglia e il cuore, ora ci si inchina al dio denaro.
Questa è più o meno la storiella che avrete sentito o letto riguardo al nuovo fenomeno del calcio tedesco: il RB Leipzig. Una squadra a cui sono stati strappati di dosso i propri colori e la propria storia, allontanata dai propri tifosi e che ha scalato le divisioni del calcio tedesco a suon di milioni fino ad arrivare in Bundesliga. Il punto è che non è andata proprio così. La scalata del Lipsia è costruita sul duro lavoro, sulle spalle di uomini giusti al posto giusto, su calciatori capaci e su una programmazione sportiva d’eccellenza, tutte caratteristiche di un top club. Questo RB Leipzig ha sì potuto usufruire di una buona base economica, ma non è stata certo quella la ragione del suo successo e, se leggerete fino alla fine, capirete il perché.
Ma partiamo dal principio: il SSV Markranstadt, la squadra dalla quale sono stati acquisiti i diritti nel 2009, è stata rifondata a immagine e somiglianza di com’era prima e resa nuovamente indipendente solo un anno dopo, nel 2010, a spese della Red Bull GmbH, che ha voluto ridare alla cittadina la propria identità calcistica. Nel mentre, il Lipsia macinava vittorie su vittorie e promozioni su promozioni. La potenza economica del club, spropositata rispetto alle divisioni in cui militava, facevano una differenza enorme e così la squadra dei tori rossi volò senza fatica fino alla Zweite Bundesliga.
In soli 5 anni, dal 2009 al 2014, la compagine di Lipsia era riuscita ad arrivare nel campionato cadetto della Germania partendo dal nulla. Inoltre, la multinazionale austriaca propietaria del club aveva selezionato con cura le squadre da cui comprare i diritti sportivi. Lipsia era infatti perfetta per poter usufruire del Zentralstadion. Con una capienza di 43.000 posti, questo stadio era stato progettato e costruito appositamente per i mondiali tedeschi del 2006, salvo poi rimanere in seguito inutilizzato per la mancanza di un grande club in quella zona della Germania che riuscisse a riempirne gli spalti e di conseguenza coprirne i costi.
Il Lipsia riuscì a strappare un accordo per i diritti di utilizzo dello Zentralstadion per 30 anni, ribattezzandolo subito Red Bull Arena. Grazie alla proprietà miliardaria del club, il RB Lipsia stava pian piano diventando a pieno titolo una squadra di prima fascia.

Il cuore della storia del RB Lipsia però si trova qui. Se vogliamo svelarne i segreti e comprendere la natura del suo successo, dobbiamo analizzare le ultime due stagioni e mezza dei tori rossi nel dettaglio. Per la prima stagione in cadetteria, la squadra era rimasta nelle mani di Alexander Zorniger, l’allenatore che nell’annata precedente era stato artefice della promozione del Lipsia in Zweite Bundesliga senza subire nemmeno una sconfitta. 21 vittorie e 9 pareggi componevano il ruolino di marcia immacolato del Lipsia 2013-2014. Nonostante ciò, il curriculum di Zorniger è per lo più formato da esperienze in categorie minori. L’unica grande occasione la ottenne nel 2009, quando divenne vice-allenatore dello Stoccarda sotto Markus Babbel, che però fu esonerato a metà della stagione successiva nonostante il passaggio del turno in Champions League. La mancanza di esperienza di Zorniger si manifesta durante la prima stagione in Zweite Bundesliga, dove la squadra veleggia a metà classifica. Non proprio quello che si aspetta la proprietà del club.
Siamo a metà stagione e la squadra non rende quanto dovrebbe. Almeno secondo le parole di chi quella squadra l’ha costruita: Ralf Rangnick. Rangnick è un uomo di fiducia della Red Bull, è stato direttore sportivo del Salisburgo (altra squadra di proprietà della multinazionale di bibite energetiche) per 3 stagioni, scovando spesso ragazzi interessanti, ma non solo. Lui, al contrario di Zorniger, nello Stoccarda ha militato sia come calciatore che come allenatore, giovanili e prima squadra. Ha inoltre grande esperienza nei campionati maggiori avendo allenato anche l’Hannover 96, lo Schalke 04 e l’Hoffenheim. E’ stato proprio Rangnik a costruire un RB Lipsia giovane e competitivo, sfruttando la sua esperienza e selezionando ragazzi con del potenziale molto interessante. La società decide che deve essere lui stesso a guidare la squadra che ha costruito. La stagione finisce con il Lipsia al quinto posto, non abbastanza per poter salire di categoria.
La stagione seguente però Rangnick occupa una posizione più da manager inglese che da semplice allenatore e la direzione che la società vuole prendere è una sola: vincere, ma con i giovani e senza spese pazze. Vengono così messi sotto contratto giovani promesse come Emil Forsberg (classe ’91), Marcel Sabitzer (’94, ex Salisburgo), Willi Orban (’92), Marcel Halstenberg (’91) e Davie Selke (’95), che si uniscono a Rani Khedira (’94, fratello dello Juventino Sami), Yussuf Poulsen (’94) già componenti del roster del Leipzig. Con questa rosa, il campionato va alla grande e la compagine di Rangnik conquista la seconda casella della classifica e la conseguente storica promozione in Bundesliga.
Durante la programmazione della prima e fondamentale stagione in massima serie, Ralf Rangnick torna a dedicarsi a tempo pieno al ruolo di direttore sportivo, e la panchina viene affidata a Ralph Hasenhüttl, ex giocatore di Bayern Monaco, Colonia e Salisburgo, nonché autore di una storica salvezza con l’Ingolstadt 04 in Bundesliga pochi mesi prima e tecnico molto capace con i giovani.

La favola Lipsia
La favola Lipsia

Il mercato estivo, anche in questa sessione, non presenta acquisti milionari o grandi nomi e la rosa viene in larga parte confermata ed integrata da pochi innesti non eccessivamente onerosi: le acquisizioni maggiori sono quelle di Oliver Burke (1997) dal Nottingham Forest e Naby Keïta (’95) dal Red Bull Salisburgo per 15 milioni ciascuno, seguite da quella di Timo Werner (’96) dallo Stoccarda per 10 milioni. Una concezione controcorrente rispetto alle ultime facoltose proprietà che hanno invaso il calcio europeo negli ultimi anni. Basti ricordare le spese folli e infruttuose del primo Manchester City o del Paris Saint-Germain 2011-2012: squadre che hanno fatto numerosi acquisti da capogiro per ritrovarsi squadre vincenti da subito, ma che si sono ritrovate senza un titolo a fine stagione, salvo poi spendere ancora più milioni per altri campioni e finalmente riuscire a vincere qualcosa. La Red Bull quindi, nonostante ne abbia la possibilità, decide di non spendere e spandere come le altre superpotenze economiche nel mondo del calcio, ma punta su un progetto giovane e una società con uomini validi.
Per il momento i risultati stanno dando ragione al RasenBallsport Leipzig, con sole due sconfitte subite, la squadra è seconda in Bundesliga a soli 3 punti dal Bayern di Monaco. Vedremo se questa squadra continuerà a sognare in grande oppure la favola dovrà volgere al termine, ma quello che più ci premeva comunicare è che in un universo calcistico dove il campionato cinese può permettersi di pagare stipendi assurdi per i propri atleti, dove ci sono ormai 4-5 grandi club che si accaparrano tutti i talenti sul mercato sborsando milioni su milioni e lasciando agli altri le briciole, ci sono anche altre strade. Investendo il giusto su società e uomini capaci, acquistando calciatori giovani mal dal grande potenziale, si può arrivare a competere nei più grandi campionati europei. E francamente non riusciamo a capire chi dice che il Lipsia uccide la passione per il calcio. Uccide molto di più questo sport anche la semplice idea di creare una superlega tra grandi club ed escludere per sempre tutte le altre squadre. Ci siamo emozionati tutti con la favola Leicester. Molti altri si stanno appassionando al miracolo Lipsia.
Il calcio è di chi lo ama, e credo che quello che vi abbiamo raccontato dimostri come le persone e i giocatori che lavorano duramente nel cuore di questa squadra abbiano ampiamente dimostrato di conoscere, amare e rispettare questo sport.