E’ tempo di ferie cari lettori. Noi di Soccer abbiamo preparato per voi qualche meta per le vostre vacanze. Attenzione! Non in tutte queste zone si pratica lo sport più bello del mondo.

Ciao. Mi chiamo Arisegnami. Ho tantissimi anni. E sono Calcio-dipendente. Da sempre. Da quando ho memoria, almeno. Gli amici mi dicevano: “Dai, Prova. Una volta soltanto. Che ti costa?” Provai, e niente fu più lo stesso. Ho iniziato nel 1982 per colpa di un mondiale in Spagna. Facile, l’abbiamo vinto direte voi. Il cazzo. Io tifavo per il Brasile, la squadra più arrapante che sia mai esistita. Quella di Valdir-Peres-Leandro-Junior-Cerezo-Oscar-Edinho-Socrates-Falcao-Serginho-Zico-Eder da leggere tutto d’un fiato in metrica di distico elegiaco.
Non vinse nulla perché c’erano nove fenomeni e due pippe. Le due pippe erano il portiere ed il centravanti. Più di tanto non si poteva. Eliminato il Brasile, dopo due giorni di personalissimo lutto, salii sul carro dei vincitori. Con questo gesto, convinsi tutti che ero veramente italiano, nonostante le apparenze. Ma la mia vita era cambiata.

Ogni giorno per me era solo un’occasione per giocare a pallone e quando fate quelle facce di cazzo di fronte ad un gol incredibile di Ibrahimovic, state tranquilli, non state assistendo a niente di nuovo. Quel goal, identico, forse più bello, l’ho già fatto io. Se non giocavo, vedevo una partita in TV anche Juventus-Jeunesse d’Esch o Inter-Videoton o il Trofeo Arco di Trento.
Se ci ripenso, ogni cosa veramente importante della mia vita si potrebbe ridurre al prepartita o al dopopartita di una partita. Funerali, matrimoni, nascite. Calcio, subito prima e subito dopo. È stato difficile spiegarlo ai miei cari. Sono drogato, lo so, e se ci fosse stato internet ai miei tempi sarei finito hikikomori davanti ad un sito di Calcio in streaming.
Comunque, non è che voglio parlare del mio percorso terapeutico, che peraltro devo ancora completare. Voglio solo spiegarvi perché era inevitabile che finisse così, che finissi così. Perché se ami lo sport, non puoi non amare il Calcio. Anche perchè al momento non esistono alternative valide.
Partiamo dal Principio. Il calcio è la cosa più godibile ed eccitante che si possa fare con una palla.

So che Valentina Nappi, ragazza della quale apprezzo moltissime virtù, ad esempio la temperanza, potrebbe non essere d’accordo, ma tant’è.
La scienza non mi dà torto. Tra una partita e l’altra ho studiato chimica. E posso assicurarvi che anche in quell’ambito, tutti dicono la stessa cosa: il Calcio (metallo alcalino-terroso, numero atomico 20, peso atomico 40,078 uma) è elemento fondamentale per la vita sulla Terra. Provate a dire la stessa cosa del beach volley o della motogippì.
Non so se ci sono in giro, da queste parti, integralisti amanti della pallavolo, della pallacanestro. Non credo, ma se ci siete, sappiate che non voglio entrare in polemica con voi. Rispetto le vostre opinioni. Siete liberi di sbagliare come volete, ma ricordate una cosa, per quanto non privi di pathos e dignità, questi sport, i vostri sport, sono pur sempre dei surrogati.
Il buon James A. Naismith vedendo che faceva troppo freddo fuori, laggiù nel Massachusetts, disse ai suoi studenti “ E ora che si fa? A pallone non possiamo giocare. Che cazzo facciamo? Ci inventiamo uno sport?”
“Sì, prof ma che ci faccia diventare alti, almeno.”
“Ah ok.” E giocarono a basket. Con un pallone da calcio! Mò già so che qualche professorone dirà trionfante “Ah no Arisegnami, questo non te lo concedo, il basket ha origini antichissime, risale addirittura ai Maya, al Pok-ta-pok!”

Astronzi!!! Lo sapevo che avreste tirato fuori il pok-ta-pok! Ma che cazzo di roba era il Pok-ta-pok? Si faceva canestro colpendo una palla con le spalle o con il fianco. Sculettando, praticamente. Una cosa indegna, a metà strada tra la tortura ed il ballo di gruppo. Che poi, molto spesso, sono la stessa cosa. Tuttavia, gli sconfitti e le seghe venivano sacrificati al dio Xolotl stimolando una positiva selezione naturale.
Vabbè, il passato è passato. Il panorama attuale offrirà molte più alternative, direte voi. Parliamone. Lasciamo perdere il rugby ed il football americano che si giocano con la palla ovale. Una palla venuta male. Il Principio è ancora intatto. Nota di demerito per il football australiano. Non si può fare sport vestiti da trans. E non ho niente contro i trans. E conosco tanta gente che li preferisce ai cis.
Ci sono tanti sport sommersi, che vivono all’ombra ingombrante del calcio. Eccolo là, pigliamo il football gaelico. Ci si può anche appassionare al football gaelico. Ma i prodotti tipici del Galles sono difficilmente esportabili; i gallesi amano troppo i guazzabuglioni.
Nel calcio gaelico ci si mena come nel rugby, si palleggia come nel basket o la pallamano, il passaggio ai compagni si fa con pugnettini che ricordano la pallavolo; se la palla cade a terra, però, la si può giocare con i piedi. E con i piedi si segna in una porta con portiere tipo calcio (goal da 3 punti) o sopra la traversa , tra i pali, come nel rugby (punto semplice). Un po’ alla come cazzo viene. E c’è un doppio score. Uno per i goal ed uno per i punti. Così le partite finiscono 2/9 a 1/13. Marò che tarantelle. Gallesi. Ma questi hanno chiamato una città Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, potevano fare una cosa semplice semplice, alla buona? Non credo.
Una variante del football gaelico è l’hurling. Una volta, ho conosciuto un ragazzo irlandese che aveva due grandi passioni: la categoria Watermelon in Internet e l’hurling. Due passioni che me lo hanno reso immediatamente simpatico. Come come? Conoscete la categoria Watermelon, ma non l’hurling? Va bene, conoscetelo. Classico gioco estivo. Potete farlo sulle vostre spiagge. È autoreferenzialmente definito il gioco più veloce del mondo.

È più o meno come quello di prima solo che si gioca con una palletta tipo baseball che si colpisce con una mazza fatta a forma di ascia. Ci si prende più o meno allegramente a machetate. E le regole aiutano in questo. La palletta, infatti la si può colpire con quasi tutte le parti del corpo e la si può anche portare in giro liberamente a patto di tenerla in equilibrio sulla punta della mazza. Esponendosi così allo sgambetto, allo scherno, allo scempio del cadavere. Si gioca 15 contro 15.
Unica protezione: una maschera sul viso. Immaginate 30 Jason Voorhees liberi scalmanati in mezzo ad un campo a disputarsi una palletta ed ecco che viene fuori tutta la bellezza di questo sport. Anche qui c’è il doppio punteggio. Poco male. Il ragazzo irlandese che chiameremo Sean, mi diceva che nulla è appassionante come l’hurling.
Secondo Sean, il problema dell’hurling non è di chi lo pratica, ma di chi cerca di seguire una partita: la palla schizza a velocità così elevate che il pubblico capisce una mezza cippa del gioco ed il punteggio tipo tressette non ne semplifica la fruibilità. Fortunatamente, in una sorta di catarsi, spesso e volentieri, nonostante le protezioni, un cranio viene scoperchiato. A quel punto, tutti tirano un sospiro di sollievo. Si informano col vicino su come stia il malcapitato e senza farsi sentire sussurrano “Senti un po’, ma chi cazzo sta vincendo?”

Corsa, lavoro, coraggio e sacrificio, questo è il paradigma dello sport occidentale. Se vogliamo godere la bellezza quasi metafisica del gesto tecnico dobbiamo spostarci ad est… Cina, Indocina, Malesia. Periodicamente, da quelle parti, riciccia fuori il sepak takraw, una specie di pallavolo fatta con i piedi in cui due squadre di tre giocatori si scontrano a colpi di acrobazie talmente acrobatiche che dopo 5 minuti una tripla rovesciata carpiata senza ritorno pare quasi una cazzata.
Oppure c’è la sua variante birmana il chinlone, una sorta di totentanz in cui tutta la squadra gira torno torno passandosi il pallone a colpi di trick. Come il calcio, è trasversale, aperto a tutti. Addirittura ci sono squadre fatte indistintamente di uomini, donne, neonati ed ottuagenari. Sì ok bello, però, però… non è poi così per tutti. Parliamoci chiaro, per contorcersi a quella maniera, c’è bisogno di quel fisico magrolino, dinoccolato, smunto tipico delle popolazioni orientali. Ma prima di sognare di avere il loro DNA, ricordiamoci che in quegli stessi geni, in quegli stessi cromosomi è prevista una minchiettina piccinapiccinapicciò. Volete ancora diventare come loro? Jah rassegniamoci, lasciamo perdere baseball, bossaball, eschaton e menate varie.
Il calcio è superiore, fosse anche solo per il fatto che tutto il resto è così così. Il calcio ti dà il rush, il resto solo una leggera euforia. Il calcio ti fa sentire libero anche se a casa hai due mogli e tre figli che ti aspettano, ti fa sentire forte anche se sei una pallina di merda, ti fa sentire intelligente anche se hai avuto problemi con la terza media, ti fa sognare anche se l’ultimo trauma cranico subito ti ha provocato una lesione permanente della sinapsi ascendente del ponto genicolo-occipitale. E così che, senza dubbi, siamo ritornati al Principio. “Il calcio è la cosa più godibile ed eccitante che si possa fare con una palla.” Con buona pace di Valentina Nappi.