Cosa non farebbe un’atleta per migliorare le proprie prestazioni? Sarebbe disposto a iniettarsi qualsiasi cosa in vena o a deglutire pilloloni non ben identificati?
Forse sì, anzi, purtroppo, molti hanno ceduto al fascino del minimo sforzo massima resa. Perché questo è il doping: cercare una via facile per far meglio degli altri. Migliorare se stessi ma senza davvero utilizzare ciò che madre natura ti ha donato insieme ad anni di duri allenamenti e sacrifici.

Ci vuole un fisico bestiale

Nessuno può diventare un campione senza tanto sudore e tanta fatica. Certo, puoi provare a utilizzare tutte le sostanze illegali sul mercato e sei fortunato per un qualche tempo nemmeno ti beccano ma prima o poi, tutto viene a galla. Che sia un controllo anti doping o che sia il corpo che comincia a cedere sotto il peso di qualcosa che proprio nel tuo corpo non ci dovrebbe essere.

Ma la ricerca sta facendo passi da gigante in questo campo e lo fa tornando indietro. Negli anni ’50 c’era quella cosa chiamata elettroshock, ora abbiamo il neuro doping, più semplicemente chiamato dagli addetti ai servizi stimolazione celebrale. Anzi, la tecnica ha una sigla e un vero e proprio nome: tDcs, stimolazione transcranica a corrente continua. Posizionando degli elettrodi su punti precisi della testa, la corrente attraverserà quelle specifiche regioni del cervello cambiando il livello di eccitabilità dei neuroni interessati.

La corteccia spedisce dei messaggi ai muscoli, attraverso il midollo spinale. E migliora la resistenza al dolore e alla fatica e la forza muscolare. In pista sono scesi testimonial come l’ostacolista Michael Tinsley, giocatori di football americano, basket e baseball, tutti fans delle cuffie elettrostimolanti.

Ascoltare musica o farsi di corrente elettrica?

Le cuffie Halo nascono in California e si possono acquistare per 699 dollari. Per l’Agenzia mondiale è doping tutto ciò che, allo stesso tempo, ha effetti sulla performance, è nocivo per la salute e contravviene allo spirito dello sport. Quindi secondo il criterio Wada, per essere doping si devono verificare tre situazioni simultaneamente.

Il primo: che la pratica abbia effetto positivo sulla performance, e questo è palese. Il secondo: l’effetto nocivo previsto dalla Wada con i dosaggi usati è nullo, il caschetto Halo è in commercio e le commissioni etiche approvano gli esperimenti, quindi nessun danno alla salute. Sul terzo criterio, se cioè l’utilizzo di uno strumento del genere contravvenga o meno lo spirito dello sport, il dibattito è assai vasto. 

Chi sarà il primo ad ammetterne l’uso?

Secondo Samuele Marcora, neuroscienziato cognitivo e direttore della ricerca alla School of Sport and Exercise Science della Kent University in Inghilterra “per molti la stessa caffeina ha un effetto più potente, il problema è che per l’opinione pubblica il caffè è innocuo mentre l’idea degli elettrodi al cervello disturba e crea quasi un effetto Frankenstein”.

Si mormora che alcuni calciatori utilizzano questa cuffia proprio prima delle partite. Ma difficile sapere se questi rumors abbiano un fondo di verità in quanto quelle che di solito indossano quando scendono dai pullman possono essere tranquillamente scambiate per semplici cuffie per ascoltare musica.
E proprio come quelle, le Halo possono essere governate con un semplice touch sul proprio Iphone.
Ora le scommesse sono aperte: chi sarà il primo ad ammetterne l’uso?
P.S. Chiaramente i calciatori ritratti nelle foto non sono minimamente associabili a casi di doping o stimolazione, come riportato nell’articolo, ma semplicemente rappresentano al meglio la moda della musica in cuffia pre partita.