Wrexham ha 60mila abitanti e una storia calcistica diversamente abile, però antichissima. La Juventus e il Real Madrid, per dire, sono nate un quarto di secolo più tardi dei dragoni rossi.

 La leggenda della Contea si chiama Tommy Bamford. Gironzola per i campi del Galles meridionale, nel 1928 entra in prima squadra. Sei gol nelle sette partite d’esordio. Dopo sei anni e altre 169 reti, se ne andrà al Manchester United. Da quelle parti, nessuno ha ancora segnato più di lui.

 Il 1992 é l’anno del Foggia di Zdenek Zeman che arriva nono in serie A, quello della Sampdoria che perde la finale di Coppa dei Campioni con il Barcellona. L’anno in cui la Danimarca vince gli Europei dopo essere stata ripescata al posto della Yugoslavia: non li gioca perché, nei Balcani, c’è la guerra.

 Il 4 gennaio 1992, Nick Hornby aspetta di vedere il terzo turno di FA Cup. Il suo Arsenal gioca al Racecourse Ground che ne ha viste tante, troppe: gare di cricket e di rugby, corse di cavalli, concerti rock. Qualcuno dice che sia lo stadio di calcio più antico del mondo. Qui il Wrexham ha battuto Newcastle e West Ham, perfino il Porto. É una giant killer, il Wrexham: un’ammazza grandi. Anche se gioca in Fourth Division.

L’Arsenal, invece, se la passa bene. George Graham ha fatto la rivoluzione: via quasi tutti i giocatori, il vivaio prima di tutto, disciplina in campo e fuori. Lo accusano di essere difensivista ma la squadra attacca e segna, Alan Smith é il suo cannoniere. Vince la League Cup, poi arrivano gli scudetti. Il secondo, dopo una penalizzazione di due punti per una rissa contro i colleghi del Manchester United e 58 giorni di carcere per Tony Adams, il capitano che guidava ubriaco per le vie di Londra.

 La televisione trasmette la partita, l’alta definizione non esiste. Fa il freddo cane dell’inverno in Galles. Il telecronista non può certo raccontare che il terreno del Racecourse Ground sia “in perfette condizioni”. I calciatori dell’Arsenal indossano una maglia gialla con dei ricami blu che sembrano squame. I nomi sulle spalle ancora non esistono. Lo sponsor é quello storico: JVC, che ai Gunners sta come Ariston alla Juventus. La partita non è bella ma le partite leggendarie non devono esserlo per forza.

Nel primo tempo, il Wrexham rischia di far gol sotto la curva dei suoi tifosi. Poi, però, Paul Merson va sul fondo, la mette in mezzo rasoterra e Alan Smith chiarisce le cose come stanno: uno a zero Arsenal.

Nella Contea di Wrexham fa buio presto, il secondo tempo si gioca con i riflettori accesi. Il guardalinee agita la bandierina, l’arbitro fischia. Mancano otto minuti alla fine della gara, calcio di punizione. Mickey Thomas ha i capelli lunghi e l’aria da vecchio capitano. Corre, tira di sinistro e chiude gli occhi. La palla prende un effetto a uscire. Gli operai di Wrexham impazziscono. Uno a uno. Ora i tredicimila dello stadio hanno caldissimo. I dragoni si ricordano di essere una giant killer, sono indemoniati.

Passano 120 secondi. Una palla senza pretese rimbalza in area di rigore. Steve Watkin ha vent’anni, é nato a Wrexham. Porta il numero 10, i pantaloncini sporchi di fango e non si è mai spostato dalla sua città. Corre verso il centro, guarda David Seaman che ha già giocato in porta con la Nazionale inglese. Un compagno passa, lui va incontro al pallone. Il difensore sembra farcela, Watkin la colpisce in scivolata. Due a uno.

Nick Hornby ha scritto che quella sconfitta insegna una regola di base: nel calcio, nessun momento di felicità dura mai abbastanza a lungo. Nel nord-est del Galles, invece, a distanza di venticinque anni, Wrexham-Arsenal se la ricordano come la madre di tutte le partite.