Mi trovavo in Germania, a Bochum, nella zona della Ruhr, a 30 minuti di strada da Dortmund. Era una serata come tante. Stavo giocando a carte con la mia ragazza e suo padre. Fuori pioveva e il clima non prometteva nulla di buono nemmeno per il giorno successivo. Qui l’estate non esiste, si passa dalla primavera all’autunno nel giro di 10 giorni.
Il mio telefono squilla. Vedo una notifica di Facebook. Mio fratello mi ha taggato: sicuramente qualche notizia sul Napoli. Mi tagga in un commento ad un post della pagina ufficiale di Diego Maradona, scrivendo “Fai un salto”. Non capisco bene, ma quando leggo il post di Diego, mi si accende una luce! Capisco che potrò incontrare il mio idolo.

Ritiro a Mierlo, Paesi Bassi!
Ritiro a Mierlo, Paesi Bassi!

Mierlo? Dove diavolo sta Mierlo? Apro subito Google Maps e scopro che dista solo 148 km da Bochum. Il mattino dopo si parte, è deciso!
Appena sveglio prendo in mano il cellulare e chiedo a mio fratello se da qualche parte – sul sito della squadra Al-Fujairah SC (impossibile da pronunciare!) – abbiano pubblicato una sorta di programma di allenamento. Niente, mio fratello riesce però a trovare il preziosissimo nome dell’Hotel.
Decidiamo di partire nel primo pomeriggio. Solitamente gli allenamenti si svolgono sempre a prima mattina (verso le 10) e nel tardo pomeriggio. Maradona è un genio, ma non farà eccezioni. Puntando unicamente su questo ragionamento, ci mettiamo in macchina. Fuori diluvia e percorrere un’autostrada olandese in settimana è come ritrovarsi in un rally di Camion e Tir. Ci mettiamo più del previsto, ma arriviamo.
Il paese sempre Stars Hollow (la cittadina di “Una mamma per amica”: sì, ho visto quella serie!). Punto tutto su un centinaio di abitanti, in realtà però scopriamo su Wikipedia che sono più di 10mila.
Mangiamo un frikandel e delle patatine in una rosticceria cinese. Potevamo scegliere tra loro e la pizzeria egiziana. Ogni mondo è paese e immagino già le proteste di un Salvini olandese che grida all’invasione.
Chiediamo informazioni a l’ubriacone del villaggio: tenta di depistarci. Perdiamo altri 20 minuti, fino a quando la mia ragazza tedesca non si accorge che c’è un cartello che indica “De Brug”.
Seguiamo quel segnale, e alla fine di una strada chiusa, eccoci davanti all’albergo. Sono le 16.02 e due ragazzini olandesi stanno palleggiando tra una transenna che presto dividerà noi da Dio. C’è anche un uomo sui 40 che indossa una maglia dell’Ajax con dietro il numero 14 e la scritta The Legend. Oggi si ricrederà anche lui.
Riceviamo le prime informazioni e scopriamo che gli allenamenti inizieranno alle 18.30 e che forse, se Diego ha voglia, alle 20.30 farà qualche foto con i tifosi.
Analizziamo la situazione e dopo aver scartato la possibilità di intrufolarmi nell’albergo e tentare di fingermi arabo, decidiamo di ammazzare il tempo andando a fare un giro in “città”. Scopriamo che c’è anche una gelateria italiana che si chiama “Bacio”. Gelati italiani, menu italiani, tutto è scritto in italiano, ma quando chiediamo conferma sulle loro origini, dicono che è una gelateria italiana perché il titolare è venuto nel Bel Paese per imparare i segreti del gelato. Un po’ come me che mi sento americano perché bevo la Coca-Cola. Alla fine il gelato era buono, ma adesso è tempo di tornare alla base.
Sono le 17.20 e manca più di un’ora al passaggio dei calciatori dall’uscita dell’albergo al campo di allenamento. Circa 20 mentri che Maradona dovrà attraversare per forza. L’alternativa sarebbe prendere un elicottero dall’ultimo piano dell’albergo per atterrare 20 metri più avanti nel campo di allenamento. Escludendo questa possibilità, mi convinco che ci sono buone probabilità di vederlo da vicino.
Nel frattempo facciamo amicizia con un uomo con una giacca blu che sarà determinante per il mio incontro con Maradona. Scopriremo più avanti che si tratta del DG della squadra araba.
Ore 18.40: la via di accesso all’hotel è bloccata. Stanno per uscire i calciatori. Intanto la folla ha cominciato a radunarsi. Non siamo più in 5 come alle 16, ora circa una cinquantina di persone attendono D10S.
Il mio asso nella manica? Nessun italiano, nessun napoletano. Sento di avere una sorta di priorità divina, ma per il momento riesco a scattare solo questa foto. Un attimo prima giuro che mi ha sorriso quando ho urlato “Diego, Forza Napoli!!”. Avrò pensato, pure qui, in questo peasino sperduto dell’Olanda…. (in un post su Facebook qualche giorno dopo, scriverà: “Napoli sempre vicino”, con la foto di due tifosi del Napoli venuti in Olanda il giorno dopo).
Ecco il mio tentativo di selfie al passaggio di Diego
Diego Maradona Mierlo
Lo so, non sono un bel vedere, ma quanto sono felice in questa foto?
Cominciano gli allenamenti e da lontano possiamo gustarci qualche calcio di punizione di Maradona. L’età avanza, i chili aumentano, ma i piedi restano sempre quelli di un tempo.
Nell’attesa mi arruffiano tutto lo staff tecnico che va avanti e indietro tra campo di allenamento e hotel. Uno di loro ci regala dei datteri destinati ai calciatori.
Dopo un’ora e mezza di allenamento, dove faccio amicizia anche un fotografo olandese (Erik Hover) che gentilmente mi passa qualche foto dell’uscita dei calciatori.
Al ritorno dei calciatori in albergo, ho provato  a urlare qualcosa a Diego, ma lui si è scomodato solo per fare la foto con un neonato olandese… (che ho profondamente odiato!).

FOTO DI ERIK HOVER: SULLA SUA  PAGINA FACEBOOK POTETE VEDERE ALTRE FOTO DI MARADONA.
Diego entra nell’hotel, ma prima di varcare la porta si gira e dice: “ora entro, facciamo le foto uno ad uno, ma non metteteci un secolo per scattare una foto, ok?”. Ok? Certo! Comincio a farmi strada, supero tutti. Mi posiziono assieme alla mia ragazza che ha l’arduo compito di scattare la foto più importante della mia vita.
Ero talmente agitato che dei bambini olandesi, capendo la situazione, mi hanno fatto passare avanti. Li ringrazio e dico qualche parolaccia che loro riconoscono e ridono. Arriva il mio turno e l’uomo con la giacca – la persona che ha convinto Diego a dedicare ai tifosi 10 minuti per le foto – mi sorride e dice che tocca a me. Mentre sto per andare verso di lui, così basso ma così grande, si avvicina una persona della sicurezza che mi ferma. Panico totale.
Stavo sudando freddo. Lui parlava inglese alla mia ragazza tedesca che mi traduceva in italiano. I 30 secondi più lunghi della mia vita. Ci fanno accomodare nella hall e ci dicono che Maradona vuole fare una pausa caffè. Faccio la mia prima diretta su Facebook:

E poi tocca a me. Faccio l’errore fatale di dire alla mia ragazza di mettere il flash. Vado da Diego, gli stringo la mano, facciamo la foto e mentre mi tremano ancora le gambe, Tessa mi dice: “la foto non è venuta!”.
Senza dirmi nulla, lei torna indietro e chiede una nuova foto. Nessuno può dire di no a Tessa quando si mette in testa qualcosa: vale lo stesso anche per Maradona.  Accetta e facciamo una nuova foto, che nonostante le luci soffuse della hall, in qualche modo viene.

I 150 km verso casa li ho fatti tutti in un fiato. Il tramonto e la pioggia, poi il buio, i tergicristalli e i miei occhi lucidi.
Grazie Diego