Si erano lasciati così, con un epilogo piuttosto inglorioso, Diego Costa e l’Atletico Madrid. Erano circa le 20 e 55 del 24 maggio del 2014 e la location avrebbe meritato, da parte dell’attaccante, un apporto ben maggiore di quello che diede quella sera. Si era allo Stadio Da Luz di Lisbona ed in campo ci si giocava la finale di Champions tra Real Madrid ed Atletico.
Fu la prima stracittadina a giocarsi in un atto conclusivo della competizione, prologo sia nei protagonisti che nel risultato finale di quella che si giocherà due anni più tardi a Milano e vinta sempre dai cugini “ricchi” dei materassai.
Quella sera a Lisbona il Cholo con i suoi giocatori, simili nell’animo e nel coraggio a Leonida ed i prodi 300 spartani, si scontravano contro un avversario più grande e più forte di loro; sicuramente con una storia europea differente.
Diego Costa era la punta di diamante di quella squadra arrivata in finale con la voglia di spodestare dal trono chi a Madrid ormai vinceva indisturbato da qualche decina di anni. In fondo il Cholismo è anche questo.

L’attaccante brasiliano, che proprio quell’anno ottenne il passaporto spagnolo, aveva fatto di tutto per giocarla quella finale. Fermato da qualche settimana ai box per un problema muscolare, Diego Costa le tentò tutte pur di recuperare (anche una presunta cura a base di placenta di cavallo), non mollò mai ed ogni giorno si impegnava e si prometteva di giocarla quella finale conquistata con tanto sudore. In fondo il Cholismo è anche questo.
Tra mille dubbi su quella che sarebbe stata la sua tenuta fisica, alla fine Diego Costa convinse i medici e Simeone, tanto che in extremis si decise di schierarlo in campo alla guida di un gruppo di “materassai” col sogno di detronizzare i “galattici“.
Il sogno però durò ben poco: minuto 9 della finale, un cenno alla panchina “non ce la faccio, cambio“. Nemmeno il tempo forse di rendersi conto di dove fosse che Diego Costa già stava uscendo dal campo, mestamente, diretto negli spogliatoi. Una delle ultime immagini del bomber da giocatore dell’Atletico è quella discesa verso la pancia del Da Luz a testa china, scuso in volto, mentre passa di fianco alla Champions League. Quella stessa coppa di cui suoi compagni ne sfioreranno la conquista, tolta solamente dal colpo di testa di Ramos ad una manciata di secondi dalla fine e dalla furia degli uomini di Ancelotti nei supplementari.
Forse anche per quella cocente delusione che Diego Costa decise poi di trasferirsi al Chelsea, dove in 89 partite ha messo la propria firma 52 volte. Giocatore mai bello da vedere, rude e burbero, ma vero e proprio trascinatore dei suoi compagni con la sua ostilità quasi patologica ad accettare qualsiasi risultato che non sia la vittoria. Diego Costa ha portato la sua anima da colchonero e da Cholonero anche a Londra, dove ha contribuito alla conquista di due campionati ed una Coppa di Lega.
Le incomprensioni con Antonio Conte durante la passata stagione poi hanno fatto il resto, contribuendo praticamente al ritorno del figliol prodigo in quella che per 4 anni era stata casa sua e che, forse, inconsciamente lo era anche durante il periodo inglese.

Un lavoro da completare, assieme al fedele condottiero che in questi 3 anni ha continuato a costruire e a plasmare a sua immagine la squadra. Una squadra fatta di uomini “normali”, quasi degli anti eroi e sicuramente anti-divi; proprio come il “brutto e cattivo” Diego Costa. Squadra che, da quest’anno, può contare sull’appoggio del futuristico Wanda Metropolitano, pronto a dare il benvenuto (ma anche il bentornato) a quell’attaccante che vuole ripartire da quei 9 minuti giocati nella finale di Lisbona. E regalare, a se stesso e a tutti i tifosi, un finale diverso.
In fondo, se il calcio è davvero un romanzo (e noi lo crediamo), quello di Diego Costa con la maglia dell’Atletico deve ancora avere un capitolo finale più degno di quell’immagine con cui ha lasciato i suoi tifosi quella sera al Da Luz.
Amore incondizionato, una passione mai scemata; con la voglia di andarsi a riprendere quello che quella maledetta sera del maggio 2014 gli era sfuggito ad un palmo di distanza. Coraggio, speranza e fiducia incondizionata verso quei “materassai“, guidati dal quel leader maximo argentino, alla conquista dell’Europa.
Dopotutto il Cholismo non è anche questo?
Gennaio 2018, Diego Costa-Atletico de Madrid: the comeback.