Fino al ’95 c’era solo il numero, poi arrivò la liberalizzazione con i nomi dei calciatori e gli sponsor. Ma le maglie per veri nostalgici esistono ancora. Anzi, vengono prodotte “come vecchie” da una sartoria milanese che se ne frega dello scorrere del tempo. Come i suoi clienti.

Quella della Sampdoria è la più bella maglia del mondo. Parola della rivista inglese Four Four Two, che ha pubblicato lo scorso agosto la sua classifica riservata alle 19 migliori maglie da calcio della stagione 2017/18. Sono stati proprio gli inglesi, nel primo regolamento che l’International Football Association Board scrisse a Londra nel 1863, a stabilire che la maglia fosse una parte dell’equipaggiamento dei calciatori. Da allora sono cambiati tessuti (da quelli naturali a quelli sintetici che in alcuni casi hanno alterato anche la resa dei colori), stili e mode, ma la maglia rimane sempre un’icona e il regolamento Ifab continua a dettare le regole anche su come bisogna essere vestiti per scendere in campo.
L’ultima edizione del regolamento per la stagione 2017-2018 stabilisce al punto quattro che la “maglia con maniche” è uno degli elementi dell’equipaggiamento del calciatore:
1. Le due squadre devono indossare colori che le distinguano una dall’altra e dagli ufficiali di gara;
2. Ciascun portiere deve indossare colori che lo distinguano dagli altri calciatori e dagli ufficiali di gara;
3. Se le maglie dei due portieri dovessero essere dello stesso colore e nessuno di loro avesse un’altra maglia, l’arbitro consentirà che la gara venga giocata.
Una curiosità: il colore delle sottomaglie deve essere lo stesso del colore principale delle maniche della maglia. Anche le maglie dei calciatori sono un pezzo della storia del calcio. Fino al 1995 sulle spalle c’era soltanto il numero, introdotto da una circolare della Figc nel 1939 perché pubblico e cronisti riconoscessero i giocatori. Generazioni di ragazzi sono cresciuti sognando la maglia del loro beniamino: la 1 di Zoff, il 6 di Baresi, il 3 di Maldini o Facchetti, il 10 di Platini o Maradona e telecronisti più o meno celebri sono incappati in improbabili scambi di persona. Poi ventidue anni fa la svolta. Sulle maglia compare il cognome per arrivare alla liberalizzazione. Dall’1 al 99 ciascun giocatore può scegliere il proprio numero. Dopo il cognome sono arrivati dieci anni fa gli sponsor: manna dal cielo per i bilanci delle società, sacrilegio o quasi per i tifosi. L’ultima frontiera è dal luglio 2014 quella del “retro sponsor”, che occupa 200 centimetri quadrati sotto i numeri di gara dei calciatori. «Non ci sono più le maglie di una volta» sospira spesso qualche tifoso nostalgico. Ma una bottega a Milano potrebbe porre fine alla sua ansia. Si chiama Sartoria Sportiva Calcio Retrò e Paolo Grechi è il sarto un po’ speciale di questo luogo dove rinascono maglie storiche o nascono maglie su misura, così come le vuole il cliente. Dall’armadio o dalla sartoria la maglia può finire anche in libreria. Sono numerosissimi i volumi che raccontano la storia delle squadre attraverso le maglie. Una vera e propria enciclopedia è quella che lo scrittore Neal Heard ha pubblicato in “A Lovers Guide to Football Shirts”, frutto di 25 anni di lavoro, dove ogni divisa è descritta nel dettaglio. Guardando, invece, al campionato di casa nostra ci sono – solo per citarne alcuni – “Orgoglio nerazzurro” di Francesco Ippolito e Carlo Fontanelli, e “I colori della vittoria” di Nicola Calzaretta che ripercorre quelle juventine.
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