«Diventerai un giocatore di serie A quando avrai fatto almeno trecento presenze». Il padre Enrico ha posto l’asticella in alto. Federico Chiesa gli fa eco ma è cauto quando parla di sé, dichiarando che ancora non ha fatto niente. Anche se ha dimostrato di poter essere uno dei grandi prospetti del calcio italiano.

Un ragazzo semplice, di buon carattere, aperto, generoso come lo definisce il noto genitore, che sul campo pensa più al noi che all’ io. Oggi espressione di rara bellezza. Una mosca bianca in questo mondo luccicante, come lo ha definito lo stesso numero 25.
Un mondo nel quale non lo vedrete mai in sella a un Cayenne, ha tenuto a precisare, come i suoi colleghi. Se non avesse fatto il giocatore sarebbe diventato fisico, l’universo, infatti, per lui è un pensiero fisso. Sette anni alla scuola internazionale d’inglese, per aprire la mente, da lì il soprannome dei compagni: “L’Inglese”. Una realtà luccicante quella del calcio ad alti livelli, dicevamo, ma piena di insidie, dove però Federico ha avuto la fortuna di avere una famiglia che lo ha istruito per non perdersi. Il padre Enrico è per lui una stella polare. Fin da bambino lo seguiva sui campi, lo ha studiato da giocatore, ha analizzato le sue reti e quella modernità già evidente nel calcio di allora. Ha immagazzinato tutto e lo ha fatto suo, ha sempre sognato di essere come lui. Meglio di lui. Un attaccante straordinario, Enrico. Oltre cinquecento partite ufficiali, quasi duecento reti, di cui 138 in serie A. Una Coppa Uefa e due Coppe Italia. Diverse presenze in Nazionale, tra il 1996 e il 2001, anni in cui la concorrenza era terribile, ma lui ha fatto comunque sfracelli. Ma è lo stesso Chiesa senior che ci tiene a sottolineare che è mamma Francesca a fare la differenza, con la quale il figlio vive in simbiosi. Federico nasce a Genova quando il padre aveva già lasciato la Sampdoria. L’inizio della sua storia d’amore per il calcio è racchiusa in una foto di lui, in una piazza di Parma – altra tappa della carriera del padre – intento a tirare calci a un pallone. Ma è Firenze la sua città, dove tutto ebbe inizio e che segnerà per sempre il suo cammino. La prima squadra è la Settignanese, a pochi metri da Coverciano. Un giorno il padre Enrico gli racconta la leggenda di “Uccellino” e cioè quel signore svedese che lo allenerà: Kurt Hamrin, ex attaccante, 190 reti in serie A. Il percorso nelle giovanili viola inizia dai Pulcini nel 2007. La sua storia non è proprio quella del predestinato e figlio d’arte. Nei giovanissimi e negli allievi non riscuote molto successo. Esplode con la Primavera, segnando 8 reti e finalmente Paulo Sousa lo nota e decide di portarlo in ritiro con la prima squadra. Il tecnico portoghese è la figura più importante finora. Quello che l’ha lanciato nella massima serie in quella notte allo Juventus Stadium.
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Federico Chiesa