19 maggio 2018. Sono le 4.30 di mattina e sono seduto con un paio di amici in mezzo alla curva Nord di uno stadio Tardini completamente – e ragionevolmente, vista l’ora – deserto. Non abbiamo dovuto scavalcare o convincere qualcuno a farci entrare: la nostra macchina era parcheggiata dentro allo stadio e, guardando sotto la curva, ci siamo accorti che gli accessi era aperti. E allora perché non entrare?
Non l’ho mai visto così vuoto. Ogni urlo o fischio che facciamo corre lungo le tribune, raggiunge la curva opposta ed entra in campo con un rimbombo quasi irreale.

Sono seduto in quella che considero la mia curva, nonostante il mio lavoro da giornalista mi spinga sempre di più verso una visione oggettiva e distaccata dal calcio. Ma oggi proprio non ce la faccio.
Sono seduto e ripenso agli ultimi 5 anni del Parma.
Ripenso alla gioia per la conquista della qualificazione in Europa League e al sogno di poter seguire finalmente la mia squadra in giro per il mondo. Ripenso alla delusione dell’esclusione da quella coppa e ripenso all’inizio della fine. Ripenso a tutte le facce di quei presidenti che promettevano ai tifosi di salvare il Parma dal fallimento e che, in realtà, curavano prima di tutto i loro interessi.
Ripenso alla Serie D, alle trasferte ad Arzignano e a Correggio, a quei giocatori sconosciuti che sono riusciti comunque ad entrarmi nel cuore. Ripenso alla gioia della promozione in Serie C, che se due anni prima mi aveste detto che sarei stato felice per aver vinto la Serie D, vi avrei preso per matti.
Ripenso al campionato di Lega Pro, all’inizio difettoso in un campionato complicato. Ripenso alle accuse di calcioscommesse che mi hanno fatto stare male. Ripenso ai play-off che sembravano interminabili. Ripenso a Firenze e alla finale, vista da casa con una cucina completamente allagata (ma questa è decisamente un’altra storia).
Ripenso a questo campionato di Serie B. Ripenso alle vittorie insperate e alle sconfitte che solo a pensarci scottano ancora. Ripenso al viaggio – per certi versi un viaggio della speranza – a La Spezia. Ripenso alle ultime 12 ore. E mi sembra un incubo che si è trasformato in un sogno, con un finale che più bello non si poteva immaginare.

“Ma cosa ci vai a fare a La Spezia, è una perdita di tempo”

Non saprei dirvi con precisione quante volte mi sono sentito dire questa frase nell’ultima settimana, ma vi assicuro che sono state tante. Talmente tante che alla fine ci credevo anche io.
Le possibilità, a onor del vero, erano davvero risicate. Per la promozione diretta in serie A del Parma, il Frosinone avrebbe dovuto pareggiare, o addirittura perdere, in casa, contro un Foggia orfano dei propri tifosi per un’ordinanza del questore. Oggettivamente difficile. E il Parma avrebbe dovuto vincere contro uno Spezia che, nonostante non avesse più nulla da dire in questo campionato, prometteva di dare battaglia.

Foto dell’entrata in campo delle squadre dal sito dello Spezia Calcio
Sono le 20.15 ed entro nello stadio Alberto Picco. La disorganizzazione ha regnato sovrana tra le strade di La Spezia, tanto da costringere la tifoseria organizzata del Parma, i Boys, ad entrare in curva a partita iniziata. L’atmosfera è comunque bellissima. Si respira un’aria magica, pregna di speranza e sogni. Il Parma va in vantaggio, i tifosi esultano ma la testa e gli occhi sono sulla partita di Frosinone.
A 10 minuti dalla fine del primo tempo, si alza un boato da alcuni tifosi davanti a me: il Foggia è in vantaggio. Non riesco a realizzare la cosa. Poi la realizzo e non riesco a trattenere le lacrime. Sta succedendo. La partita scorre tra cori, fumogeni e sogni di gloria. L’arbitro fischia, finisce il primo tempo.
Nell’intervallo dico a me stesso che sto per vivere i 45 minuti più lunghi di tutta la mia vita. Sarà così.
Al 61′ il Parma raddoppia e quasi non me ne accorgo. Mezz’ora. Manca mezz’ora ed è fatta. Non passano nemmeno 10 minuti e il pubblico spezzino esulta. Ero distratto e non capisco, lo Spezia non ha segnato. Infatti ha segnato il Frosinone, è 1-1. Il pubblico gialloblu non smette di incitare la squadra, ma sappiamo tutti cosa sta per succedere. E succede. Secondo boato dei tifosi di casa. Questa volta non ho bisogno di tempo per capire che il Frosinone ha fatto il 2-1. Mancano 10 minuti. E’ finita. Non può che esserlo.

18 Maggio 2013: l’inizio della fine – 18 Maggio 2018: l’inizio dell’inizio

Quando dico che credo nel karma sportivo, – ne ho parlato anche nel primo pezzo su Soccer Illustrated -alcuni non capiscono, altri ridono. Io, solitamente, faccio spallucce e resto convinto che ad una sconfitta corrisponda sempre una possibilità di rivincita. E allora in quegli ultimi 10 minuti di Spezia – Parma ho avuto una sensazione che non saprei descrivere con una parola. Era come se sapessi che, comunque, ce l’avremmo fatta.
Lo percepivo dal cuore dei tifosi che continuavano a cantare nonostante ormai non dipendesse da noi. Dal capitano Alessandro Lucarelli che si gira e comincia ad applaudire i propri tifosi. Dagli sfottò rivolti alla nostra curva dei tifosi spezzini che, sotto di due gol, provavano gusto a vederci rimanere in serie B.
Non è un caso che Spezia – Parma si sia giocata il 18 maggio, una data storica per i gialloblu. Nel 2013, infatti, con la vittoria contro il Livorno conquistavamo il sesto posto e l’Europa. Ma anche in quel caso tutto dipendeva dal risultato di un altro campo, quello di Firenze, in cui si disputava Fiorentina – Torino. Fu una festa bellissima: dopo il Mondiale del 2006, il momento più bello della mia vita da tifoso. Ma fu anche l’inizio della fine. Da quel momento provai un senso di rifiuto e distacco dal mondo del calcio e della Serie A.
Mi piace pensare, quindi, che il karma sportivo abbia voluto farci rinascere – sportivamente parlando – proprio in quella data.
E’ l’89’ quando il foggiano Floriano, fino a quel momento a me sconosciuto, si invola a rete e trafigge Vigorito con uno splendido pallonetto.
Contemporaneamente, a La Spezia, parte il quarto boato della serata. Ho seriamente paura che provenga ancora una volta dalle tribune, ma mi accorgo che un tifoso davanti a me è rimasto bloccato davanti al proprio Iphone. Si gira e mi guarda. “Ha segnato il Foggia”. Ci abbracciamo e piangiamo insieme. E non ho tuttora la minima idea di chi sia. La risalita è stata completata: il Parma è in Serie A.

Delle ore successive ho nella mente tante istantanee confuse.
Il pullman del Parma che arriva in una piazza Garibaldi che non avevo mai visto così piena di gente e così gialloblu. Le lacrime del nostro capitano Alessandro Lucarelli, semplicemente uno di noi. I fuochi d’artificio nel cielo sereno e stellato di Parma. I primi titoli di giornale che ci fanno capire che siamo entrati nella storia. I giocatori che scendono e si fanno strada in mezzo ad una autentica fiumana di tifosi. Ciciretti che sale sulla statua di Garibaldi e grida spaventato a Lucarelli “Ale, ma adesso come cazzo scendo?“, ricevendo come risposta un perentorio “Adesso ti lasciamo lì”. Il senso di comunità e fratellanza che ho provato ieri sera può essere paragonabile solo a quella in cui abbiamo vinto i mondiali.

Sono le 4.30 e sono seduto in mezzo alla curva Nord. C’è un silenzio che non si addice ad uno stadio. E allora nella mia testa ripenso al primo coro fatto nella trasferta ad Arzignano, alla prima partita di serie D.
“Dopo tante vittorie, siamo finiti in D, ma quando gioca il Parma, noi siamo sempre qui. La strada sarà lunga, da soffrire ci sarà, ma se restiamo uniti, torneremo in serie A.”
E in A ci siamo tornati. Perché, in fondo, il calcio è un romanzo.
(Immagini dal sito ufficiale del Parma)