Scatto in profondità, controllo di sinistro, sterzata, finta di tiro e un pallonetto che è il risultato di classe e di quella spensieratezza che un ragazzo di 19 anni è giusto che abbia. C’è tutto Nicolò Zaniolo nella sua prima perla in serie A. C’è tutto, o almeno, c’è abbastanza per capire che quella cifra importante (4,5 milioni) sborsata dalla Roma – per assicurarsi un giocatore che non aveva collezionato nemmeno un gettone nella massima serie – aveva un certo fondamento. Nonostante non abbia le spalle strette (e non giochi con la numero 7) la sensazione è che il ragazzo si farà.

Debutto assoluto di quelli facili, al Santiago Bernabeu davanti al Real Madrid per una partita fondamentale per il passaggio del girone di Champions. Il tutto arrivato a pochi giorni dalla prima convocazione per la nazionale maggiore di Mancini, dopo che nelle prime uscite in campionato aveva collezionato la bellezza di 0 minuti. La scelta di buttarlo nella mischia una partita del genere sembrava a tutti gli effetti un gesto di stizza da parte di Di Francesco. Ma ricostruiamo l’accaduto.

Mancini convoca Zaniolo come atto provocatorio: visto che in Italia nessuno fa giocare i giovani nostrani, me li devo convocare uno ad uno per vedere come giocano. Il tam-tam mediatico non tarda ad arrivare. Su tutti i giornali ci si chiede come mai non abbia nemmeno debuttato con la Roma. Di Francesco, che fino ad allora non aveva mai fatto scendere in campo Zaniolo, lo sceglie per giocare contro il Real. Peraltro in una posizione per lui atipica, quella da mezzala. “Vediamo che sai fare”, avrà pensato Eusebio. “Ti faccio vedere io”, avrà pensato Nicolò. “Finalmente”, avrà pensato Roberto.

Quello che sembrava uno strano caso, comincia ad essere una costante nella breve carriera di Zaniolo: meno gioca e più stuzzica le fantasie di allenatori e società, pronti a scommettere su di lui nonostante tutto.

La prova di personalità contro i Blancos e una serie di risultati deludenti della Roma convincono Di Francesco a puntare con più insistenza su di lui. Malgrado un ottobre passato sostanzialmente seduto in panchina, Zaniolo comincia piano piano a ritagliarsi il suo spazio e a giocarsi le sue chance con costanza. Da novembre, ha sempre messo piede in campo nelle 9 partite in serie A disputate dai giallorossi. E sembra aver preso sempre più consapevolezza nei propri mezzi.

Giocate nello stretto, dribbling e un ottimo tiro da fuori sono caratteristiche che non vi devono fuorviare. Nonostante le doti tecniche facciano di lui un potenziale ottimo trequartista, il fisico è quello di un bomber d’area di rigore (189 cm) e la grinta è quella di un mediano. Un mix che lo rende a tutti gli effetti un giocatore completo.

L’atteggiamento in campo e fuori pare proprio essere quello giusto. Vedendolo giocare dal vivo, stupisce per la caparbietà e la cattiveria con la quale difende o va a riprendersi il pallone. Dall’altro lato, il profilo basso che adotta al di fuori del campo lo ha fatto subito entrare nelle grazie dei senatori del gruppo. Esemplare, in questo senso, un video che ritrae Kolarov e compagni abbracciare e caricare Nicolò appena prima della gara contro il Real.

Profilo basso, dicevamo, che lo accomuna ai tanti coetanei che stanno emergendo in questi ultimi anni. Chiesa, Cutrone, Barella, Di Marco, Calabria, Bastoni e Pinamonti sono solo alcuni dei talentini che si distinguono per questa caratteristica. Ragazzi giovani, chiamati presto alle armi per risollevare le sorti di una Nazionale che, con l’esclusione dal Mondiale, ha toccato il punto più basso della sua storia. Ragazzi per bene, con i piedi per terra e la fame giusta per andarsi a prendere il proprio futuro.

«Nicolò deve vivere alla giornata, allenarsi, imparare e prendere quello che arriva».

Questa la strada che papà Igor, ex calciatore con una lunga carriera in serie B e C, ha tracciato per suo figlio. Allenarsi, imparare e mettere il cuore dentro alle scarpe: solo così Zaniolo si farà. Anche se non ha le spalle strette.