Mentre la pattuglia polacca nel nostro campionato si allarga sempre di più, c’è chi, per avere la possibilità di giocare le coppe europee, ha percorso quella strada nel senso opposto, conservando però il forte desiderio di tornare.

Dallo Speciale Gran Galà del Calcio 2018, distribuito un mese fa anche a Pitti Uomo.

Parole di Pietro Allodi. Foto di Maurizio Borsari.

Un 3-4-3. In porta Szczęsny. Difesa a tre con Salamon, Cionek e Jaroszynski. Centrocampo di corsa con Bereszyński e Reca sulle fasce e Zieliński con Linetty in mediana. Trio d’attacco pesante formato da Stępiński, Milik e Piątek.

Giocherebbe probabilmente così la colonia di calciatori polacchi che militano oggi nella nostra Serie A. Una squadra che, essendo formata principalmente da giocatori che sono titolari nelle rispettive squadre, darebbe del filo da torcere a molti.

Se Piątek – il cui cognome, in polacco, significa venerdì – è l’ultimo in ordine di tempo a essersi preso la scena grazie al suo fiuto per il gol, sono ormai tantissimi i suoi connazionali che stanno avendo successo nel nostro calcio. Questione di fame, di voglia di emergere, di lottare su ogni pallone. Questione di DNA.

Vivo in Polonia da ormai due mesi e non è un caso che stia prestando sempre più attenzione ai calciatori polacchi in Italia. Abito in una bella città nel sud della Polonia: si chiama Wroclaw, si pronuncia Wrozuaf, ma per noi italiani è Breslavia. Ci sono sempre piaciute le cose semplici. Non avevo mai seguito con attenzione il calcio polacco prima d’ora.

Libero da qualsiasi pregiudizio e con tanta voglia di imparare, decido di andare allo stadio di Wrocław per assistere alla gara della squadra locale, il Wrocławski Klub Sportowy Śląsk Wrocław – abbreviato in Śląsk Wrocław -, contro i più famosi rivali del Legia Warszawa.

Leggendo le formazioni, un nome attira la mia attenzione: è quello di Cristian Pasquato, classe 1989, trequartista cresciuto calcisticamente tra le fila della Juventus. Da ormai tre stagioni ha abbandonato il calcio italiano per migrare prima in terra russa e poi in Polonia. Mi stupisce vederlo qui, in quello che sembra un ingiusto esilio. A fine partita le mie urla lo fanno avvicinare alla balaustra: scambiamo due battute, poi Cristian decide di regalarmi la sua maglietta. Un gesto puro, genuino, che mi ha lasciato senza parole.

Da qui la decisione di ricontattarlo e fargli qualche domanda per saperne di più sulla sua nuova esperienza.

Tanti sono i calciatori polacchi che stanno attualmente giocando in Italia. Tu, invece, hai fatto il percorso inverso: cosa ti ha spinto a scegliere proprio la Polonia? È stato difficile adattarsi?

Principalmente la voglia di giocare le coppe europee, un sogno che avevo fin da bambino. Quando è arrivata la proposta del Legia, una squadra con una storia davvero prestigiosa, non ho avuto alcuna esitazione. In Polonia ho trovato un calcio sicuramente più fisico e meno tecnico rispetto a quello italiano. Poi è molto equilibrato, si ha la sensazione di poter vincere o perdere contro tutte le squadre.

Prima di andare all’estero, hai passato diverse stagioni in Italia. Quali sono i pregi di giocare e vivere in Polonia e cosa ti manca, invece, dell’Italia?

Giocare per il Legia è un privilegio: lottiamo per vincere il campionato, il pubblico è straordinario, ci sostiene in ogni partita, e la città è moderna, piena di servizi di ogni genere. Dell’Italia, in assoluto, mi manca la famiglia perché vivo qui da solo, con mia moglie e i miei due figli che sono rimasti in Italia.

Da calciatore italiano costretto a emigrare, non credi che troppo spesso, in passato, sia stata data più fiducia ai giovani stranieri rispetto agli italiani? Ti piacerebbe un giorno tornare in Italia?

Sono completamente d’accordo. Forse ora si sta smuovendo qualcosa, ma è un dato di fatto che i calciatori stranieri abbiano quasi sempre la precedenza su noi italiani. Nonostante questo, sicuramente un giorno tornerò a giocare nel mio paese: l’Italia è sempre l’Italia.

Parlando di Nazionali, ti aspettavi l’uscita ai gironi dal Mondiale?

La Polonia, da diversi anni, sta facendo molto bene. Ora, però, dopo l’ultimo Mondiale al di sotto delle aspettative, hanno bisogno di un ricambio generazionale. Hanno a disposizione tanti giovani talenti che hanno già esperienza internazionale e sono convinto che tanti altri esploderanno nei prossimi anni.

Se chiudi gli occhi, quali sono i sogni che ancora speri di realizzare in futuro?

Esordire in nazionale e tornare a giocare in Serie A.