Melania Gabbiadini è la calciatrice più premiata del Gran Galà del Calcio. Ha contribuito direttamente allo sviluppo del movimento calcistico femminile, diventandone un simbolo. La sua carriera è stata ricca di successi. A Verona ha conquistato ben 5 scudetti, 2 Coppa Italia e 3 Supercoppa italiana. Nei club ha segnato 233 gol in 276 partite, essendo quindi spesso decisiva, anche nell’anno della promozione a Bergamo. In Nazionale conta più di 100 presenze e 45 gol. Si è ritirata dal calcio a 11 un anno fa, ma non ha appeso gli scarpini al chiodo: è passata infatti al Calcio a 5, una nuova avventura sempre legata al mondo del pallone. Abbiamo avuto il piacere di incontrarla e di scoprirla simpatica, decisa, rilassata e lungimirante. Abbiamo parlato di calcio maschile e femminile, se ancora ha senso questa distinzione; del suo rapporto con il fratello Manolo e della nuova esperienza nel Futsal.

Dallo Speciale Gran Galà del Calcio 2018, distribuito un mese fa anche a Pitti Uomo.

Parole di Enrico Boiani. Foto di Maurizio Borsari.

Il calcio italiano arriva da un periodo molto complesso; questo crea pressioni ma può essere anche una grande opportunità per ripartire. Secondo te cosa si potrebbe fare sul campo?

Secondo me si dovrebbe risanare tutto l’ambiente e bisognerebbe dare tanto spazio ai giovani. La nostra Nazionale ha perso tanto sotto questo aspetto. Adesso con Mancini si stanno valorizzando un po’ ma servirà tanto lavoro da fare. È un cammino lungo. Lavorare con e sui giovani è il fattore principale per la ripresa del calcio italiano.

Hai contribuito direttamente alla crescita del calcio femminile in Italia: a che punto siamo?

Penso che siamo solo all’inizio, ma siamo sulla buona strada. Si è capito da dove si deve partire e cosa si deve fare. Sono stati colti i problemi del calcio femminile in Italia e di conseguenza stiamo muovendo i primi passi. Ci vorrà qualche anno ma finalmente siamo sulla strada giusta. Il calcio femminile merita il suo spazio perché finora si è raccolto poco, adesso che alcune cose si stanno muovendo gli viene riconosciuta più importanza.

Tanti club di Serie A maschile negli ultimi anni hanno sviluppato anche la rosa femminile: quanto ha influito questo aspetto sullo sviluppo del calcio femminile?

Indubbiamente questa cosa ha portato tanta visibilità. Però bisogna avere rispetto per questo processo. Non devo creare una rosa femminile perché lo devo fare ma perché voglio farlo e ci credo. Quello che hanno fatto Fiorentina in primis e poi Juve, Roma, Chievo e Verona è stato fondamentale. Si sono accorte che è un movimento in crescita e che può dare tanto.

Cosa manca alla crescita di questo movimento?

Ci sono tanti obiettivi da raggiungere, ma negli anni a venire. È stata fatta la cosa più importante che è quella di allacciarsi al calcio maschile, ma bisognerà lavorare tanto nei settori giovanili. Altra cosa fondamentale a cui tengo particolarmente è che il calcio femminile venga insegnato nelle scuole, cosa che è stata fatta in parte, ma è importante anche psicologicamente per le ragazze in futuro.

La nazionale femminile si è qualificata al Mondiale e rappresenterà il calcio italiano nel mondo, ruolo che è sempre spettato agli uomini. Che rapporto c’è con il calcio maschile?

Questa situazione è data dalla realtà attuale: le problematiche del calcio maschile e la crescita di quello femminile. Era da tantissimo tempo che non avevamo l’opportunità di andare al Mondiale. C’è un grande gruppo che lavora da qualche anno, e credo che si meriti tutto ciò.

Sei passata da un anno al Calcio a 5. Come ti trovi? Che differenze ci sono dal Calcio a 11 femminile?

Innanzi tutto, c’è da dire che sono due tipi di calcio molto differenti. Mi sono trovata subito bene, e anche il calcio a 5 femminile è in crescita. Tante ragazze che smettono di giocare a 11 iniziano il Futsal. Certo, ha meno risonanza rispetto al calcio a 11, ma è comunque in ascesa.

Tornando al rapporto tra calcio maschile e femminile: che rapporto hai con tuo fratello Manolo? Come è stato condizionato dal calcio tale rapporto?

Manolo è molto più piccolo di me. Quando io ho iniziato a giocare lui mi seguiva sempre. A casa nel tempo libero avevamo sempre un pallone tra i piedi. Eravamo molto uniti e giocavamo sempre a calcio. Però sono sicura che anche se io non avessi giocato a calcio lui avrebbe comunque fatto la sua strada, ce l’ha nel DNA. Adesso ci vediamo poco perché entrambi abbiamo tanti impegni.

I vostri genitori si aspettavano di avere due figli che diventassero entrambi calciatori professionisti?

Inizialmente penso di no. Quando si è piccoli si pensa solo a divertirsi e poi quello che arriva è ben accetto. Abbiamo dato tanto entrambi nelle nostre realtà. Per lui sarà stato sicuramente più difficile perché è un ambiente diverso. Però entrambi abbiamo fatto i nostri percorsi e la soddisfazione dei genitori c’è. Ci hanno sempre seguito in tutto quello che abbiamo fatto.

Avete avuto una figura calcistica di riferimento in comune in famiglia?

Nella nostra famiglia un po’ tutti giocavano a calcio: papà, zii, cugini. La nostra passione è nata molto naturalmente. Sicuramente nostro papà ha influito maggiormente perché ci ha sempre seguiti.

Il Gran Galà del Calcio è la serata che celebra il calcio italiano. Pensi che serate come questa possano dare nuova linfa e spingere in positivo il nuovo corso?

Queste iniziative sono estremamente importanti, ma è essenziale che venga valorizzato lo sport in sé. Non si deve perdere questo valore, sia nel calcio maschile sia in quello femminile. Per il nuovo corso però serve tempo. Noi italiani siamo poco pazienti in queste cose e credo che serva del tempo per il lavoro che stanno facendo per il futuro.