I nomi a volte non bastano.

Non bastano nei videogiochi, dove si sogna di acquistare quel giocatore che ha segnato la nostra infanzia. Non bastano nella realtà, dove anche i nomi più “pesanti”, con un passato da invidiare, si scontrano con la freddezza del campo.
Dove le glorie svaniscono a velocità doppia. Dove il curriculum non basta.
A Vicenza possono dire di avere in rosa due campioni del mondo. Due giocatori che a dire la verità non hanno contribuito in maniera decisiva alla colorazione di azzurro del cielo sopra Berlino. Un terzino di scorta ed il terzo portiere di quella spedizione partita con l’ombra lunga di Calciopoli e rientrata in Italia tra gli appluasi scroscianti ed i caroselliche avevano unito tutti.
Dai milanisti agli interisti passando per gli juventini condannati alla B.
E proprio in B si ritrovano Marco Amelia e Cristian Zaccardo. Chi da inizio stagione come il terzino, chi arrivato in corso d’opera per chiudere una pericolosa falla lasciata dall’infortunio dei due portieri della rosa, Vigorito e Benussi.

Un portiere che sognava il gol

Amelia, un portiere che sognava di diventare attaccante. E che si ritrovò invece a Berlino con i guantoni e gli occhi puntati su Buffon, capace di sfidare l’impossibile. Amelia. Partito dalle giovanili della Roma prima di trovare estimatori a Livorno e vestire anche la maglia del Milan. Non una cosa da tutti, non certo un risultato di poco conto.
Un po’ come quello di ritrovarsi al Chelsea dieci anni dopo l’impresa in terra tedesca. L’infortunio a Courtois, la squadra allora allenata da Mourinho a caccia di un secondo ed un messaggio allo staff tecnico: tanto basta per strappare un ingaggio a Londra e ripartire dopo l’esperienza in Promozione laziale ed una comparsata in cadetteria con il biancorosso del Perugia.
Quando il Vicenza resta senza guantoni non guarda alla primavera ma strizza l’occhio a quel portiere che ha sempre fatto di testa sua. Senza procuratori alle spalle. Non è una piazza tranquilla quella veneta: quando Amelia firma a marzo la classifica non sorride ed il fondo è più vicino di quanto si possa pensare.

I nomi non bastano, non possono bastare

Nemmeno se a convincere Amelia a firmare per il Vicenza c’è l’amico Cristian Zaccardo. Un altro nome finito nei ventitre convocati al mondiale di Germania. A dirla tutta Zaccardo non aveva brillato. Impiegato contro gli Stati Uniti durante il secondo scontro nel girone eliminatorio aveva portato in dote un autogol nella partita che avrebbe visto il sangue di McBride colpito da De Rossi ed una sviolinata – lieta soltanto a metà – da parte di Gilardino.
L’avventura di Zaccardo con la maglia biancorossa era iniziata già dalle prime battute della stagione. Un altro biancorosso dopo quello del Carpi che aveva puntato sulla sua esperienza per cementare un gruppo che in B aveva fatto sfaceli ma che in A era costretto più ad inseguire che a dettare i tempi.

Proprio come quel terzino che per certi versi aveva tracciato un cammino simile a quello dell’amico portiere. Con la maglia del Palermo dove i loro destini si erano soltanto sfiorati e quella del Milan dove si erano trovati compagni di squadra.
Proprio come undici anni fa, alle porte di quel fantastico Mondiale. Proprio come oggi nelle parti basse della classifica a cercare di evitare la retrocessione in Lega Pro.
I nomi non bastano. Non potrebbero bastare nemmeno questa volta.
No, nemmeno quelli di due campioni del mondo.