Elio De Silvestro, scuola Juventus ed un bagaglio calcistico molto ricco per la giovane età. Fin da ragazzino per inseguire il suo sogno ha girato l’Italia in lungo e in largo (oltre ad aver fatto tappa negli States). Anche lui, lettore di Soccer, ci ha raccontato quegli anni.

“E’ un piacere essere intervistato da Soccer Illustrated, la scorsa estate ci avete fatto compagnia durante il precampionato, il vostro primo numero, lo conservo ancora gelosamente, c’è Antonio Conte in prima pagina!”

I primi passi sul campo da gioco, dove è iniziato tutto…
Il primo calcio al pallone me lo ha fatto dare a soli cinque anni mio nonno che purtroppo non c’è più, la mia prima squadra è stata il “Calcio Urania”; qui sono rimasto per sette anni, fino a quando non andai a giocare con la Juventus.
Sei passato da una squadra di provincia direttamente ad un club di Serie A?
Si, è stato pazzesco. Il mister era solito portare i migliori ragazzi in giro per la provincia dove venivano organizzati numerosi stage. A Priverno si svolgeva l’ultimo step di questo tour, eravamo un centinaio di giovani calciatori visionati da ventitre osservatori di squadre professionistiche, lo ricordo come se fosse oggi, erano seduti in fila lungo la linea del fallo laterale con penna e taccuino in mano. La mia partita durò dieci minuti o poco più, il giorno dopo mi chiamarono per dirmi che ventuno squadre erano interessate a me.
Immagino tu abbia iniziato un giro d’Italia fra i vari centri sportivi?
Sono stato in viaggio un anno intero, andai a Milano, Vicenza, Torino, Genova, Roma, avevo l’imbarazzo della scelta. Valutai le offerte di Inter, Juve e Roma e optai per Torino, i bianconeri mi sembravano il club che in quel periodo investisse di più sui giovani oltre ad essere la squadra per la quale tifo.
Negli anni ti abbiamo visto schierato in diversi ruoli: ala su entrambe le fasce, trequartista, punta, dove preferisci giocatore, il ruolo più congeniale alle tue caratteristiche?
Nasco sulla fascia, mi esprimo meglio sulla parte alta del campo, esterno alto per capirci meglio. Mi hanno utilizzato anche come punta e trequartista ma quello dipende dalle esigenze tattiche del momento. A Lanciano in B ho fatto un paio di presenze come terzino, non andai male ma per entrare nell’ottica di un ruolo ci vuole costanza anche se è solito vedere un esterno alto passare a giocare come terzino, un esempio che posso fare è quello di Spinazzola mio ex compagno alla Juventus, a quei tempi non pensava minimamente a tornare indietro in difesa, ora gioca in nazionale come terzino; alle volte il cambio di ruolo può dare una svolta alla tua carriera.

Rispolveriamo i ricordi, la tournee con la Juventus…
Fu una chiamata inaspettata, ero a casa, a Castelforte, reduce da un infortunio mi stavo allenando per conto mio. Mi telefonò il medico della prima squadra per sapere come andava il recupero e dopo dieci minuti direttore Paratici per comunicarmi la volontà di Conte di avermi in ritiro a Bardonecchia, aveva bisogno di un esterno, fu durante quegli allenamenti che prese la decisione di portarmi in tournèe.
Ricordo che negli States hai avuto qualche problema fisico…
Purtroppo mi feci male durante un allenamento, subii un colpo da Motta. Mi seguirono durante l’infortunio a Vinovo, rientrai fra i disponibili e nei piani c’era la mia presenza durante la prima di campionato, sfortuna volle che l’inizio della stagione slittasse a causa dello sciopero dei calciatori. In quei giorni arrivarono a Torino tre esterni: Estigarribia, Giaccherini ed Elia, la cosa comportò il mio ritorno in primavera, forse con un pizzico di fortuna in più…
Hai giocato con Alessandro Del Piero, com’era il rapporto dei big con voi giovani?
Giocare con Del Piero è stato emozionantissimo, durante l’amichevole con lo Sporting Lisbona negli Stati Uniti fece il gol del 2 – 1, quando sono corso a festeggiare per il gol ero in imbarazzo, non sapevo se abbracciarlo o meno, mi sembrava un sogno il fatto di essere in campo con lui. Con Alex ho vissuto un episodio simpatico: ero arrivato negli Stati Uniti da tre giorni, evidentemente per problemi con il roaming dati, rimanevo continuamente senza credito nel telefono. Ricevo la chiamata di mio padre che parte con un “super-cazziatone”, nonostante cercassi di abbassare il volume i rimproveri si sentirono comunque, Del Piero che era seduto dietro di me mi disse che in serata sarei potuto andare in camera sua per chiamare in Italia, telefonai a casa con il cellulare del capitano, incredibile. Legai molto con Pepe, facevamo lo stesso ruolo e si è dimostrato una persona eccezionale, quando mister Conte spiegava Simone mi dava consigli tattici per rendermi più chiare le strategie, ero molto rispettoso e questo viene apprezzato dai giocatori della prima squadra che mi hanno sempre riempito di consigli.
Ed essere allenato da Antonio Conte? Non credo sia una passeggiata.
In trenta giorni tra ritiro e tournèe ci lasciò libere solo due mezze giornate, un martello pneumatico, curava tutti i minimi particolari, faceva ripetere anche per un’ora e mezza lo stesso esercizio fin quando non fosse pienamente soddisfatto. Dovevamo sapere a memoria cosa fare, lavorava benissimo ed essermi allenato con lui quel mese per me è stato fondamentale. Durante un allenamento a porte aperte andò verso i tifosi e gli chiese una mezz’ora di silenzio totale, doveva darci chiarimenti tattici importanti, non doveva volare una mosca.

Quindi questa ottima annata in Premier non ti ha meravigliato?
Per nulla, mi meravigliò piuttosto il primo anno alla Juve, non aveva sicuramente una squadra mediocre ma nemmeno una rosa che potesse essere fra le favorite allo scudetto. Quella fu una vittoria soprattutto di mentalità, un carisma unico.
Veniamo al presente, fra serie B e Lega Pro hai fatto tanta esperienza. Sei giovane, la Serie A? La vedi come un obiettivo, una meta da raggiungere?
Ci devo arrivare! Lavoro tanto per poter raggiungere la serie maggiore; gli anni in B e Lega Pro servono, ti fanno crescere soprattutto caratterialmente, devi adattarti, spesso hai a che fare con situazioni difficili, un esempio può essere la mancanza di strutture adeguate, devi essere forte e fare sacrifici. Il fatto di aver girato tante squadre me lo ritroverò, ne sono convinto.
Hai giocato a Carpi durante la stagione della promozione in A…
Sono stato con loro fino a Gennaio. Fra tutte le società di B nelle quali ho militato era la meno attrezzata, mancava il dottore, il fisioterapista, alle volte mancava anche l’acqua. Nonostante queste carenze i ragazzi si allenavano in modo impeccabile; con Nuti, bravissimo preparatore atletico, si lavorava sodo, andavamo a 3000. E poi fu fondamentale il rapporto che i giocatori avevano fuori dal campo, un gruppo affiatato e coeso.
Hai mai avuto la possibilità di tornare alla Juventus?
Qualche anno fa rescissi tre anni di contratto con la Juventus. Firmai un quinquennale con la Virtus Lanciano, pensavo di giocarmi le mie carte in Serie B, farmi valorizzare. Dopo un anno e mezzo il Lanciano è fallito, rimasi senza contratto e venivo da un momento di forma non troppo felice, non erano molti i club interessati a me in quel periodo.

Poi il passaggio dalla Virtus Lanciano ad Ancona…
L’estate scorsa dopo il fallimento mi contattò mister Brini, dovevo assolutamente giocare e con la supervisione di un allenatore in gamba come lui ho deciso di firmare per un anno, non volevo vincolarmi di più. Purtroppo anche ad Ancona la situazione societaria non è stata delle migliori, per mia fortuna a Gennaio ho deciso di andare a Siracusa, questo mi ha permesso di disputare una seconda parte di stagione ottima. Mi posso ritenere soddisfatto, ci sono vari interessamenti ed essere venuto bene fuori in questi mesi può aprirmi nuovamente la strada per puntare in alto. Voglio giocarmi bene questi anni dando il tutto per tutto.