Non è tutta birra quella che si beve negli stadi, anche i peggiori tifosi in curva non rinunciano al rituale del “caffettino”. Unico requisito fondamentale è che sia un caffè Borghetti.

Se gli hooligans hanno la birra noi abbiamo il caffè borghetti. Fatevene una ragione.
Ad ogni inizio campionato mi riprometto che no, non spenderò 3 euro per una bottiglietta di plastica contenente del caffè liquoroso e poi, invece, non riesco a resistere. Il caffè borghetti è la bevanda ignorante dei nostri stadi. Noi tifosi sentiamo la necessità di assaporarlo sapendo benissimo che ne potremmo fare tranquillamente a meno. Ma ormai è quasi un rito scaramantico e anche noi donne non siamo immuni al fascino dell’ambulante (detto anche borghettaro) e quando ti trovi di fronte a quella bottiglietta non ti fermi ad una. Almeno, personalmente trovo impossibile soddisfarmi con 3 cl di semi-alcol.

Il vero protagonista sugli spalti

Ne’l’eden mistico
nel fiero bosco
ne’l’onda indomita
nel ciel più fosco
Dai climi torridi
insino al polo
con questo nettare
sol mi consolo.

(Ugo Borghetti)

Creato a metà del 1800 da Ugo Borghetti, allora proprietario di un bar chiamato Caffè Sport, veniva servito ai viaggiatori della linea ferroviaria Pescara-Ancona. La ricetta è molto semplice e può essere preparata in modo casalingo perché non si tratta di un distillato ma di una miscela con base alcolica. Insomma, mischiate acqua, caffè ristretto e alcol puro, lasciate riposare il tutto per 12 ore e aggiungendo un po’ di vanillina il gioco è fatto.
A partire dagli anni ’60 queste piccole confezioni di nettare fanno la loro comparsa davanti a tutti i più grandi stadi italiani. Originariamente le bottigliette erano di vetro e quindi era severamente vietato portarle all’interno ma, ovviamente, è stata inventata la variante in plastica (a dir la verità anche prima si riusciva a portarlo dentro, l’arduo compito di solito era di noi donne che dovevamo nasconderlo nel reggiseno). Dobbiamo comunque ringraziare il signor Borghetti. Senza di lui non potremo godere appieno delle gesta dei nostri eroi sul campo. Perché il suo magico liquido ti dona quell’inebriamento da alcol (molto lontano ovviamente dall’effetto di un paio di medie chiare) che ti fa dire “ok, sono sobrio ma dentro di me qualcosa brilla”. Se la tua squadra vince sei ancora più su di giri, se perde hai due possibilità: o ti prende la semi sbronza triste o ti sale tutto al cervello e sei ancora più incazzato.  La gradazione alcolica si aggira verso i 20 gradi ed è ovviamente perfetta per scaldarsi durante l’inverno e mi rimane oscuro il motivo per cui lo continuiamo a bere all’ultima giornata di campionato con il sole alto e 25 gradi sulle gradinate.

Insomma, il caffè borghetti è un po’ la Lorella Cuccarini versione bevanda: amato da tutti gli italiani. Nonostante ciò non ho mai visto nessuno comprarne una bottiglia al supermercato. Nessun amico/a dopo una cena a casa mi hanno mai offerto un borghetti. Né tantomeno ho mai visto qualcuno ordinarlo al ristorante o in un locale (al massimo un White Russian o un Velvet Hammer ma ne contengono sempre troppo poco).

Il borghettino porta bene

Se siete stati allo stadio più di una volta nella vostra vita e non avete mai assaggiato il borghettino vi consiglio di farlo, anche se al momento pensate di non essere interessati. Creerà dentro di voi una dipendenza pazzesca,un po’ come quando vai a mangiare il sushi la prima volta e non ne rimani per niente soddisfatto ma cena dopo cena pensi solo a quei maledetti nighiri. Ecco, questo è il borghettino. E poi, è un po’ il lucky charm del tifoso o almeno è quello che c’è scritto sul sito di Caffè Borghetti. Pare infatti che abbia la magica proprietà di far segnare la tua squadra al 92 minuto. Non so se tutto questo sia vero, quello che so è che quando vado all’estero a vedere qualche partita mi trovo spiazzata. Dove sono i borghettari? Perchè mi vogliono offrire mini vodke o semplici coca cole? Datemi il mio intruglio liquoroso e mi sentirò a casa.